venerdì 16 ottobre 2009

mumford and sons - sigh no more

Io li adoro. Semplicemente.
A conferma che questo è il periodo dell'indie-folkeggiante con spiccate tendenze country. Con tanto di banjo e cassa che batte quel tempo lì.
Quello che batte anche il mio piede nell'aria fredda di questa anteprima di inverno arrivata senza farsi annunciare.
Ballate di soffocante malinconia e disperazione che oggi mi riempiono. Nient'altro che questo. Con cori orchestrali e dita che saltellano veloci sulle corde acustiche, sorprendendo e riscaldando la mia ingenua attesa.
Ho ascoltato the cave e me lo sono comprato questo cd. Senza voler sapere altro, che se Marcus Mumford e compagni sono riusciti a scrivere un pezzo così, tanto lontano poi non potevano cadere. Oppure sì e allora bastava quella canzone a giustificare il mio acquisto.
Che bello appurare che è vera l'ipotesi numero uno. E che bello mettere nel lettore un cd nuovo e scoprirlo traccia dopo traccia, senza conoscerlo già a memoria per averlo scaricato e consumato nelle orecchie. Senza averne già abbastanza. Senza ricordi in cerca di conferme.
Perfetto per oggi. Per la mia giornata senza memoria.
I ricordi non servono a niente. O, meglio, è il modo in cui li usiamo ad essere completamente inutile. Quelli belli ci servono solo per comparare lo squallore del presente. E da quelli brutti non riusciamo mai a trarre uno straccio di lezione o di strategia per evitare di caderci ancora. Loro lo sanno e appaiono così, all'improvviso, appiccicandosi ad una nuova situazione e facendoci ricordare che siamo anche quello che cerchiamo disperatamente di dimenticare.
Quindi oggi niente. Si stoppano i pensieri e si reagisce al presente con quelli che si è ora. Senza troppe ricadute indietro e senza sovrapposizioni di me e altri passati.
Oggi si prendono le parole di chi ti dice chi sei davvero, con la sincerità dell'insonnia. Oggi non ci si guarda alle spalle e neanche avanti. Occhi fissi suoi piedi che sono quello che sono ora.
Che tanto del resto non gliene frega niente a nessuno.
E oggi neanche a me.

"It's empty in the valley of your heart
the sun, it rises slowly as you walk
away from all the fears
and all the faults you've left behind"

lunedì 12 ottobre 2009

the zen circus - andate tutti affanculo

Mi rendo conto che ogni tanto scivolo a vivere in un altro mondo.
Un mondo per me perfetto, in cui la gente pensa quello che ti dice e fa quello che ti promette di fare. O almeno ci prova.
Riesco anche a crederci che sia possibile un mondo così. A volte per molto tempo, altre solo per alcuni istanti. Ma alla fine ritorno sempre a quello vero, realizzo la realtà delle cose, e mi sento invischiata in una strana combinazione di rabbia e impotenza.
Incazzarsi non serve quasi mai a niente. Farlo in ritardo, poi, è "roba da idioti", proprio come essere stronzi quando non se ne è capaci. Parola di Appino.
Quindi niente: s'è perso anche a questo giro. "Ci siamo fatti grandi, è andata ormai". E io non posso fare a meno di scrivere questo post con le parole del Circo Zen.
Per come sono fatta, questo disco è una fonte inesauribile di citazioni. Un po' perché io li adoro, questi tre toscanacci strafottenti ed irriverenti, che mi ricordano serate piacevoli e momenti di forzata felicità, quando li ho messi su per farmi contagiare dal loro ritmo sboccato e sincopato. Un po' perché - pur non potendomi togliere dalla testa la sua immagine tamarrissima, in canottiera e riccioli sciolti al Magnolia - mi ci ritrovo in quello che dice Andrea. Nelle sue sentenze lapidarie, emesse in quel caratteristico modo di cantare tra lo sbruffone e l'impegnato, che non fanno sconti a nessuno.
Proprio come me oggi.
Lo so che non si dovrebbero fare i conti in tasca alle persone a cui si vuole bene, però oggi rivendico un freno all'egocentrismo di chi mi rinfaccia di non esserci. A quello di chi non trova il tempo per fare un passo verso di me, quando io ho già fatto quasi tutto il cammino. E a quello un po' strano di chi ha pensato qualcosa ma poi però non la dice anche a me.
Ho deciso che non voglio permettermi di restarci male. E per farlo c'è solo una soluzione:

un egoista per necessità
necessità di vivere che non l'hai chiesto te
un egoista solo perché
di vecchi stronzi e falsi ne hai subiti troppi e...

O forse due: alzare il telefono e accordarsi per il solito aperitivo, al solito posto, con il solito Muller.
E magari andarci con gli Zen a volume sufficientemente alto nelle orecchie. Che sono sempre loro e fanno il loro sporco lavoro. Estremi. Orgogliosi. Disillusi.
Perdenti per sempre, perfetti per oggi.
Andate tutti affanculo.
E così sia.

lunedì 5 ottobre 2009

bloc party - silent alarm

Questo è un vecchio album. 2005. Vecchissimo per i tempi di vita della musica di oggi.
Non è una scoperta tardiva: sta nella mia musico-teca da quando amici in visita se lo portarono in viaggio fino a me e oggi lo scelgo soprattutto per una canzone, banquet.
Perché l'ho ascoltata troppe volte e molte volte l'ho ballata grazie a chi sapeva quando mettermela su. Perché è finita in tutte le compila fatte per spiegare me. Perché il mio iPod la riconosce tra le più gettonate e me la sceglie senza che glielo dica.
Poi sabato sera l'ho sentita una volta di più ed era la prima. La prima che era qualcun altro dietro la consolle. La prima che ho guardato intorno e ho visto per un attimo lo splendore dell'amicizia che, nonostante tutto, si dimenava con me. La prima che ho capito di fare qualcosa di sbagliato per riempire quello che forse non è così vuoto come credo.
Questo è un disco concepito per un viaggio notturno, possibilmente in un'autostrada deserta. O almeno io lo vedo così.
Non sono in macchina ma viaggio di pensieri in questa notte in cui mi manca quello che ho, aspetto quello che non ho e non rimpiango quello che ho perso.
Stare male è un rifugio conosciuto e non è ammesso per chi non hai mai voluto veramente. Oppure hai cercato solo per non volere qualcun altro.
Ci sono cose che non si possono fare e non si possono provare: non è fuggendo su labbra sconosciute che si cambiano. Ci sono sensazioni che si vogliono e non si vogliono sentire. Sarebbe bello capire in anticipo quali evitare delle prime per non incappare nelle seconde. O forse trovare il coraggio di rinunciare alle prime, che troppo spesso si sa già come va a finire.
Questa è la musica per la mia me di oggi. Voglio che compliments mi accompagni nel sonno col suo ritmo cantilenante. E domani svegliarmi senza una giornata completamente vuota da portare a termine. O almeno piena di qualcosa che possa veramente spegnere l'allarme che urla silenzioso dentro di me.