sabato 29 maggio 2010

arcade fire - the suburbs (single)

Ho l'impressione di aver perso gli arcade fire. Un gruppone canadese capace di rinventarsi quella musica pomposa che, per essere ascoltata con rispetto, richiede un adeguato livello di volume.
E io diligentemente alzo, fino a sentirmela nel petto la malinconia che la cosparge, e dare la colpa ai loro crescendo epici e agli improvvisi cambi di ritmo per quella fastidiosa patina che mi annebbia gli occhi.
Ecco: quel gruppo lì non può nascondersi dietro questa chitarrina e questo battere accattivante. Non è moralmente accettabile.
Non in un giorno in cui di base avrei bisogno della mia musica tra il triste e l'incazzoso. E ho tenuto pure la radio bassa per sentire che potevo andare avanti. E intanto ho provato a cercare il bello dei paesini di provincia mentre mi ci perdevo dentro.
Mentre mi ci piangevo dentro.
Le lacrime che, per quante sono, non riescono a staccarmi di dosso l'etichetta che ci hai appiccicato e che mi sta lacerando la pelle da un po'. Raccogliamole in una vasca troppo grande e usiamole per lavarmi via il tuo odore. Potrebbe funzionare.
Una ragazza sta urlando qualcosa al centro della mia mente. Ma questa notte è troppo assordante e non riesco a sentirla. Strada pensieri persone. C'è una coppia di stranieri che litiga sotto la finestra e nelle loro parole incomprensibili me ne invento le vite, trovando loro una scusa per perdonarsi. Noi non possiamo fare neanche quello. Discutere da due. Ma in qualche modo ci chiediamo scusa perdendoci in altri rumori.
Me lo trovi un senso tu per favore?
Il punto di vista degli altri e il nostro che potrebbe imparare ad essere diverso. Dare una possibilità e far ripartire la canzone per scoprire una cosa terribile: inizia quasi a piacermi. Ci batto il tempo col corpo e riesco a sentire cosa mi voglio dire.
Potrebbe essere che se te ne esci con un discone come funeral poi per il resto del viaggio puoi davvero sparare agli indiani. Potrebbe essere che l'ho capita che non si può sempre stare al sicuro dietro l'amarezza e l'umidità.
Se non ci andiamo a bere, dalle pozzanghere, possiamo accontentarci di immergerci delle strane pastiglie?
Strappa le pagine bianche: sono così tristi quando non c'è più niente da scrivere. Spegni il telefono: non posso sentire gli squilli finché saltello su questa musica e fingo di non poter cadere mai.
Devo stare attenta a me e questa volta ti assicuro che faccio sul serio.
Tu?

domenica 23 maggio 2010

adam green - jacket full of danger

Noi che prendiamo i treni regionali. E ce li finiamo i libri che ci portiamo per il viaggio. Mentre siamo fermi in luoghi insospettabili e ci vediamo passare le frecce rosse dai finestrini. Troppo veloci per rendercene conto davvero.
Noi che ci guardiamo sordi e ci si scarica la batteria dell'iPod. Forse lo teniamo troppo alto. Ma in qualche modo dobbiamo pur difenderci dagli altri. C'è troppa gente uguale. Persa nella massa indistinta. E poi ci sono quei cinque o sei troppo diversi. Che ti fanno sentire bene nei vestiti che hai addosso. O in quelli che stanno scomposti ai piedi del letto.
Noi che vogliamo prenderci il sole sulla pelle e ballare al ritmo di una musica strafottente. E vedere il mondo intorno farlo. Stappare una bottiglia e accendere una candela. Fingere che possa bastare un altro come noi per risolvere tutto. Ci accompagneremmo ai concerti, parleremmo delle stesse cose, non ci tradiremmo e non avremmo amici a cui dirlo.
Ma il mondo avrebbe davvero bisogno di più voci come questa? Di qualcuno che gli canti lo schifo camuffandolo da musica colta? Non dovrebbe prima trovare il tempo di fermarsi ad ascoltare? E danzare, soprattutto. Danzare.
Ma noi per primi siamo goffi. Non sappiamo come rispondere alle domande dei bambini e non riusciamo a parlare con i nostri padri. Abbiamo capito che le case cambiano ma le persone chissà.
Allora teniamoci gelosamente il nostro essere diversi. Continuiamo a credere in una rivoluzione mentre tutto continua ad essere uguale nel suo essere peggio. Ascoltiamocela noi la nostra musica. Noi che stiamo lontano per poi andarci a trovare e sentirci vicini.
Accontentiamoci di pensare che per ora c'è sempre un treno troppo lento che ci permette di farlo.
E di riconoscere che alla fine di uno come noi forse basto solo io.