venerdì 29 aprile 2011

okkervil river - i am very far

Non riesco a capire i miei sogni.
Gli incubi, dai quali cerchi di svegliarmi con un abbraccio che poi era solo nella mia testa e puoi dirmi che va tutto bene.
Ma anche tutti gli altri personali film notturni. In cui le persone ci entrano e mi parlano di cose che nella realtà non mi dicono mai. Che un po' le riassaporo con assurda malinconia al mattino. Guardandole rotolare in bagliori di luce chiara lungo i pendii della valle in cui il rock 'n roll è morto.
O almeno così dicono.
E ode agli okkervil river. Che sono tornati e non puoi confonderti.
Avvolgendoti di certezza nella calde braccia della musica che non so se l'hanno inventata loro ma poi l'hanno copiata in tanti e puntualmente mi ci ritrovo dentro. E me la ritrovo dentro.
Punto di stabilità necessario in un giorno di sospensione tra un prima e un dopo immaginario. Che sto su strade che non percorrerò più come prima. E penso ai nuovi punti di riferimento quotidiani che dovrò trovare. E l'ho già fatto così tante volte che poi è come non averlo fatto mai.
Verso una vita che sembra tanto uguale a quella di prima e forse è per questo che non ci pensiamo troppo.
Verso una vita talmente nuova da destabilizzare i nostri prevedibili universi e forse è per questo che non ne parliamo mai.
Che forse hai ragione tu e se siamo qui e lo stiamo facendo, possiamo continuare a dialogare di cose che non sappiamo dire attraverso parole pratiche ed efficaci. Tra liste infinite ed indicazioni logistiche che alla fine non ci fermiamo mai.
Mentre manca così poco e ti sembra che non abbiamo abbastanza per farlo davvero. Mentre manca così poco e mi sembra tutto così reale per crederci davvero.
Domani è il nostro giorno e in quella casa c'è tutto quello che ci basta per svegliarci e stare bene ogni mattina.
Che io porto lo stereo e oggi ho comprato un nuovo cd e la bottiglia di vino è rimasta nel frigo.
Poi ci siamo noi due.
Facci caso.

mercoledì 6 aprile 2011

le prince miiaou - fill the blank with your own emptiness

Voglio vivere in una casa col bagno molto piccolo.
Perché un po' tutta lo è.
Giocare con il sole che scende e saltare insieme al pavimento per vedere quanto resiste – se resiste.
Cercando di capire fino a dove arriva la pazienza dei vicini.
Che non ci basterà traslocare di notte e capiranno ben presto di che cosa abbiamo bisogno per vivere. Per viverci.
Come far partire questo cd e ascoltarlo tutto, dall’inizio alla fine.
E poi ancora. E ancora.
Per prolungarsi nell’estensione di un suono. E specchiarsi in una ragazza che non sono io ma quanto vorrei avere questa voce per cantarti di eroi e leggende. E farlo talmente forte da sovrastare il richiamo incantatore delle sirene nere. E non ritrovarmi un'altra volta a chiedere il senso della loro ammaliante presenza. Come il passato che a volte chiama da una terra straniera perché sa che non puoi fare a meno di rispondere. Mentre noi per una volta dovremmo semplicemente essere pronti al meglio. Poi essere sempre pronti al meglio di noi.
Le cose banali di ogni giorno sono diventate le preoccupazioni dei nostri discorsi. Oggi che abbiamo ordinato i nostri composti sogni in pratiche liste di facile consultazione. Per dare ai progetti la solida instabilità di una base da cui iniziare, sopra l’antica oscillazione delle piastrelle che accarezzano i nostri piedi nudi. Perennemente ancorati ad una musica allo stato solido che riempie gli spazi di argentata malinconia. Mentre etichettiamo con ‘nostro’ quello che non ci appartiene e ce ne freghiamo dei consigli degli altri.
Perché saremo sempre soli contro tutti.
Per sempre soli contro noi stessi.