lunedì 22 marzo 2010

okkervil river - black sheep boy [definitive edition]

Ce la sto mettendo tutta a cercarmi della musica nuova. Ore di ricerca e ascolti ma poi voglio comprare un cd e mi accorgo che in questo 2010 ne ho presi solo quattro, tre dei quali hanno una produzione ben antecedente al giorno in cui sono. Così anche per l'acquisto di oggi sfodero della scatola dei ricordi questo gioiellino, perché alla fine è inutile scavare nei seguaci quando si può avere il genio iniziale, con la sua leggera grazia, la sua classe e la sua melodia avvolgente o saltellante che porta altrove. Forse nella tradizione di cowboy persi in un tramonto che si mischia a storie di psicopatico amore. Forse in un posto dove sembro davvero bella solo perché lo voglio. Perché chi mi guarda non sta vedendo me ma quanto mi piacerebbe essere la ragazza del romanzo che mi scrivo e mi provo a vivere. Perché chi mi guarda sta vedendo la ragazza del copione perfetto che si scrive lui e prova a farmi recitare.
Lo ammetto: sono ufficialmente vittima del mio personaggio, qualunque esso sia. Perennemente in cerca del non banale e intrappolata in scene patetiche e romanzate. Pronta a farmi deludere dalle mie prove non superate e con aspettative troppo alte per me e per chi mi circonda.
Devo abbassare gli standard; smettere di vivere in un mondo che scorre parallelo a questo e che è fatto di protagonisti snob e superiori, afflitti dai loro pensieri e condannati al loro dover essere sempre "al di sopra".
Ma le persone sono troppo diverse dalle parti che ho assegnato e a volte ho l'impressione che la nostra solitudine sia un velo di arroganza.
C'è qualcosa in tutto questo che mi sfugge, magari continuando a rimettere il disco lo scopro.
O forse no. Perché io vivo qui, lo capisci?
Vivo nell'attesa spasmodica della sorpresa. Vivo nei baci rubati in un aereoporto e nelle parole dei libri che ogni tanto qualcuno mi dice e mi affascinano perché aderiscono al mio mondo sintetico.
Ho un'abilità tutta mia nel costruirmi scenari tragici in cui posso piangere e conversazioni di sguardi e pezzi di corpi che si cercano. Mi compiaccio della mia eterna mancanza e insoddisfazione e le persone non sono mai abbastanza nel loro essere decisamente troppo reali e nel loro fare cose semplici solo perché normali.
Mi sa che faccio ripartire il disco e provo a vedere se scopro un particolare nuovo in cui sorprendermi.
Mi sa che per sopravvivere devo imparare ad accettare che funziona così e smettere di sognare la mia vita.

mercoledì 3 marzo 2010

ethan & joel coen - o brother, were art thou?

Oggi provo a cambiare punto di vista. E pensare cosa possa significare per una madre sentire la proprio figlia piangere a scadenza casuale dietro una porta chiusa senza sapere il perché. Oppure intuendolo, con quella capacità strana che si acquisisce in automatico, ma senza mai sentirselo dire. Provo a domandarmi quanto possa essere lungo per un padre un altro anno di non comunicazione. Poche frasi di servizio e ostilità incondizionata, che quello è l'unico tono che si conosce. Me lo chiedo. E mi chiedo anche se io me lo lascerei fare. Se non la aprirei quella porta. Se mi permetterei davvero di nascondermi nel distacco e nell'indifferenza.
Provo a vedermi da laggiù. Nell'immagine perfetta di chi mi guarda scivolare in elegante silenzio fuori dalla sua vita. Senza spiegazioni da dare né occhi da guardare. Senza alzare la voce, che non è bene. Senza perdere il controllo, che non è così che mi vogliono. Chissà quanto sono fantastica vista da lì. Così tanto che non riesco proprio ad immaginarmi. Sempre sorridente e brillante. Sai che palle: io resto qua.
Riguardo un film già visto ed è la prima volta. Con tutte quelle immagini e i discorsi che apprezzo solo ora. E quella musica così country o cotton fields che c'è stato un tempo in cui me lo cantavano di non portare via il sole. E ci si baciava sotto la pioggia per il gusto di ricordarsene ad ogni starnuto. Mi perdevo nelle mie immagini per poi risvegliarmi al suono delle discussioni che ci si tirava addosso rincorrendosi. E mi facevano ballare in metropolitana ma poi mi insegnavano ad aspettare troppo.
E' tutto ancora così pesante.
Mi dimentico la lezione: voglio vederti provare.
Ho detto il mio pensiero e ho contato fino a tre.
Se ti tappi le orecchie come fai a scoprire che magari la canto io la canzone di successo?