lunedì 21 aprile 2014

the veils | the runaway found

Uau con che velocità ti portano via tutto. Ok, lo ammetto: pensavo mi sarebbe stato concesso qualcosa di più. Una sosta un poco più lunga per poi ricominciare. Soprattutto adesso che il mio corpo è impegnato nella fabbricazione di un nuovo cuore. Spirito di adattamento, insomma. Evoluzione della specie.
Perché teniamo procedure di sicurezza e protezione interne, sai? 
Forse è per questo che dormo così tanto e sarebbe bello per una volta ricordarsi anche di chi non ci ha lasciato vistose cicatrici dentro.
Chissà se sono solo un bisogno fisiologico gli abbracci. Quelli virtuali e mega che tanto ho capito che con te non potremo fare di più. O quelli che vengo a prendermi perché gli ospedali di sera sono troppo tristi e non c'è nessun dio a darmi coraggio a parte la mia solitudine.
A volte sull'orlo della notte si rimane sospesi e non si muore. E io mi lego insieme i capelli per confondere i ricordi che restano impigliati nel loro crescere lento. Ecco perché tu mi fai questo e io mi gioco tutti i precedenti.
Hai ragione: io e te li abbiamo sempre affrontati tutti. E insieme abbiamo contribuito all'innalzamento dei mari dove poi d'estate andiamo a nuotare.
Noi a strappi noi siamo il sangue di un attimo siamo le prime corse nell'ombra siamo
rimasti.

martedì 15 aprile 2014

le luci della centrale elettrica | estragon bologna | 12.04.2014

Bisogna cambiare la materia di cui sono fatti i sogni. Per poter correre sul palco e sui campi della pianura padana. Si deve imparare a sorridere dalla paura. Per essere felici da far schifo e non rovinare tutto con il pensiero che poi non sarà più così. Inevitabilmente. Visto che siamo corpi mutanti con pretese da supereroi.
Siamo ballerini scoordinati da cui si stagliano ombre bellissime. Lunghe e sottili e splendide per il solo fatto di sottintendere il sole nella loro esistenza. Con questa capacità di esprimere emozioni proiettate restando sostanzialmente uguali. In quel mondo popolato da viscidi insetti chiamati esseri umani.
È come un violoncello che parte dove prima c'erano solo chitarra e voce, lo sai? Con la tua mano sopra la pancia. E sotto i bassi che vibrano nello stomaco e non importa se poi non c'è uno straccio di mezzo pubblico che ci riporti a casa. Perché scioperano o perché ci sono feste più importanti di noi a cui andare.
Mi dici che la notte è una droga per te che ci lavori dentro. Mi racconti di una vita che si chiude e di come un messaggio abbia la potenza di spalancare un futuro. Mi lasci addosso i segni del tuo passaggio su di me e tutti penseranno male mentre a me scappa quasi da ridere.
Perché tutta questa roba qui.
Per questo unico momento.
Penso proprio di poterla chiamare.
Felicità.

mercoledì 2 aprile 2014

mogwai | alcatraz milano | 31.03.2014

Se arrivi in città dalla parte sbagliata, hai sempre il sole negli occhi. E la tenacia dei fiori che sbocciano ai lati delle strade statali mentre le percorriamo ogni mattina senza guardarci negli occhi.
Sei perso su altri schermi o nelle città in lotta contro le visite dei presidenti americani. Ma è così bello sentirti vicino ora che sei alla mia altezza anche senza gli scarponi ai piedi. Adesso che aprile arriva e - per una volta - mi coglie troppo pronta. Al punto di innamorarmi per un minuto nei foyer dei teatri oppure nei muri d'aria rossa che fanno i pezzi potenti.
Ti ricordi quando eravamo insieme e quello scrittore ci ha detto di lasciar perdere i ragazzi di provincia? Ecco, io sarei per dare fuoco alla città deserta con la carta dei giornali che nessuno legge più. Così magari torno a te e vediamo se aveva ragione lui oppure la mia fantasia romantica.
Quante guerre civili tra gli organi interni per essere qui. Timori tremori e strategie fallimentari, quando per vincere bastava togliersi le maschere che ci volevano brillanti.
Trionfo come un'esplosione di musica dopo il silenzio.
E alla fine di tutto mi ringrazi tre volte.
E tu non lo sai neanche che questa sera eri accanto a me nella battaglia.