giovedì 26 febbraio 2015

zerocalcare | dimentica il mio nome

Per noi roma è il mare. È una culla, un mostro e in ogni caso non la sappiamo abitare. Poi roma è un tratto, un segno nero. È l'acqua piatta in cui nuotano le ombre ma è pure una sera con un fumetto in mano. Capace che ti aiuta a tenere a distanza il silenzio, che ti spinge più in là il vuoto. E ti dà pure una casa a cui poter tornare.
Sì insomma, non è granché, ma qui è dove sto io. Per te che non mi fai esistere, questo è il mondo della fantasia. Delle malattie infettive, che sono febbre troppo alta oppure paura allo stato puro. È un mese di nulla ed il telefono che squilla come in vent'anni non ha squillato mai.
Mi dici poco - forse non sai neanche come farlo. E io faccio una fatica immensa ma sto lì, con le crepe nella corazza che si allungano e mi squarciano. Penso al letto in cui stai e penso a quello in cui starò io. Danzando con tutti i demoni dei giorni in cui ci siamo cercati senza riuscire a toccarci mai.
Tutto questo non l'ho imparato da te, ma l'ho imparato proprio per te. Amare ogni attimo. Amarti.
E da montagna o rovinosa frana.
Esistere.

l'incertezza. l'opacità. i coni d'ombra della tua vita e di quella di chi ami. 
sono tarli che rodono. scavano. aprono falle.

lunedì 16 febbraio 2015

...a toys orchestra | tambourine seregno | 14.02.2015

Io non ho conseguenze.
Il mio muovermi nel mondo. Le mie azione eclatanti. Non imprimono alcun effetto sulla realtà e sui dintorni.
Le mie parole scelte con cura hanno spazi di aria intorno. Nel vuoto che le separa non nascono cerchi concentrici. Le loro cadute restano senza comprensione, quasi non si fossero schiantate mai.
Sì, mi sono resa conto di questo. Che non ho conseguenze.
Forse perché la mia fame è altra.  O forse perché la mia fame è oltre, come dici tu. Passa sopra questa mondo senza eroi. Passa sopra il male che non ti ho mai fatto ma tu poi sei scappato lo stesso.
Non posso digerire perché non vivo in un universo di causa - effetto.
Perché passo in mezzo alle cose e le rendo non possibili.
Perché il mio cibo non è schiacciarti.
Il mio cibo è viverti.

sabato 7 febbraio 2015

le luci della centrale elettrica | firmamento tour | teatro foce lugano | 04.02.2015

Sì. Sono andata a vedere (ancora) le luci della centrale elettrica. Vestite a rock, che ce n'era bisogno. E adornate del pensiero di te.
Dovevo portarmi in qualche posto bello, sai. E quest'altra prima fila credo possa esserlo. Da qui guardo la musica. E da qui ti scrivo una frase che ho pensato solo per te. Chissà se ti arriva lo stesso ora che attorno è tutto ovatta e assenza di parole. Oppure mi si accoccola nella testa e lì finisce per restare insieme agli altri oggetti dimenticati sopra la luna.
Di tutto questo tempo, non te ne fai proprio niente. Ma poi è un po' come chiedermene ancora e sono di nuovo qui a cercare di distrarmi da te. Mentre qualcuno torna dall'estero e qualcun altro compra biglietti per andarci in quello esattamente opposto.
Forse basta dormire e i giorni passano. Io la smetto di guardare il silenzio e la mia solitudine si sfibra in fiocchi sottili che si adagiano sull'asfalto che farò rifare. Sai che lo farò. Perché la neve non basta.
Nessuno se ne preoccupa. Ma è un po' come ti ho detto.
Per rendere le cose belle. Proprio no.
La neve non basta.

martedì 3 febbraio 2015

afterhours | io so chi sono tour | teatro sociale di como | 01.02.2015

Ho commesso un solo errore. Ed è stato quello di provare a trattenerti per pochi frammenti di un minuto.
Me ne sono accorta subito, però. Ed è l'unica cosa che di cui mi pento. Per tutto il resto, non posso fare a meno di pensare: che bello.
Tu sei già via. Lo vedo bene.  Non sei neanche mai stato qui e non ci tornerai, anche se ti piacerebbe crederlo.  Ma me ne hai dato la possibilità, e io non ho potuto fare a meno di provarci.
Di afferrarti per un attimo.
Anche se lo so bene che non funziona così. Né con te, né in generale. Che tanto poi le cose capitano uguale. Se sono per noi.
Come essere in questo teatro in apnea dove si dispiegano due sole forze.
- potenza e purezza -
Dove apro le mie mani fredde contro suono e silenzio. E lascio il filo.
Ecco perché tremo, vibro, e fabbrico lacrime che salgono dalla pancia e poi scivolano via come un dono. Come questo dono inaspettato che mi ha portato qui, in questa sera di cui parlavamo da tempo. Contro tutti i miei tentativi di non esserci senza di te.
C'è sempre di mezzo un teatro nelle storie d'amore della mia vita. E lo realizzo solo ora.
Come era ieri ma è già un anno fa e tu mi hai aspettato prima di andartene. Nell'unico momento in cui forse ci sei stato veramente. Quello in cui avrei dovuto prendermi solo il tuo nome mentre correvi via. Visto che poi hai solo perfezionato il modo di farlo.
Forse ora le mie mani sarebbero più calde, ma poco importa. Non voglio passati o futuri più o meno prossimi a cui rendere conto.
Ti sto lasciando andare. Finalmente.
Tu fallo bene, però, che ci tengo.
Tu vola alto e vola lontano.
Poi da lì guardami perché se capisci cosa mi danno loro questa sera, forse capisci cosa avrei potuto darti io.
Per quello che mi resta, io da qui.
Ti voglio semplicemente bene.