sabato 22 marzo 2014

isabella leardini | la coinquilina scalza

Costellazioni di solitudini che brillano come le finestre degli appartamenti il sabato sera. Quando fuori piove e dentro cadono i quadri a mostrare le crepe delle unghie sui muri che squarciano i ricordi.
Questo è uno di quei giorni che rovinano sempre tutto. A terra.
In cui dobbiamo brindare con vino rosso alla dittatura dei polpastrelli. Nel regno degli schermi sensibili e dei suoni artificiali che dovrebbero portarci la presenza di qualcuno che non c'è stato mai.
Qui dove il silenzio è una musica che lascia ancora più soli alla fine del disco. Qui dove passo nelle cose a complicarle, e me ne vado.
Come se parlarsi - io e te - non potesse essere un gioco.
Facendo finta, chiudendo piano la porta per non farmi sentire, di non sapere da cosa sto scappando.
Quando scappo di casa.

L'estate si spegne in una notte... 
Vanno e vengono le mie inutilità / a stringermi la fronte tra le gambe,
mi manca un gesto solito, normale / la mossa rapida di accendere la luce / senza girarsi in casa di qualcuno.
È quanto basta a spalancare sotto i piedi / i precipizi dello sguardo, essere soli.

sabato 15 marzo 2014

public service broadcasting | inform - educate - entertein

Bisogna avere la natura di chi resta per saper tenere gli occhi ben aperti sugli addii. Stare dritti con la schiena e non cambiare la postura, perché è difficile correre senza dare nell'occhio. E vuoi mettere cosa sarebbe baciarsi di nascosto da tutti i nostri pensieri?
Bisogna avere una canzone - una sola - che non si porti dietro l'eredità di averci pianto sopra. Architettura artificiale di infelicità. Programma di salvataggio per chi, come noi, non è mai stato in reale pericolo di vita.
Io e te in questo ufficio e come sfondo i tremila regni di un singolo istante di vita. Poi tu fai due cose perfette - rimettere il telefono in tasca e dirmi che c'hai quei difetti lì ma non è che per questo non funzioni bene. E mi bastano per aggiungerti alla mia schiera di inarrivabili. Trapassarti con uno spillo ed appenderti alla parete del mio presente di passaggio che però non passa mai.
La gente si dispone in file perfette fuori dai teatri. Ed in questo dialogo si allineano le parole insieme al non senso di tutti gli ultimi giorni.
Guardandoti sorridere. E vedendo la luce che fa.
Ho pensato che forse sei qui solo per dirmi questo.
Non si improvvisa la felicità.

martedì 4 marzo 2014

le luci della centrale elettrica | costellazioni

Questa forma economica di tossicodipendenza che scorre nelle vene. Composizione solida nel sangue con le dita che mordono fameliche i vestiti.
Mi muovo a scatti. E se riesci ad unire i puntini, puoi provare a comporre il mio profilo. Disegnarmi addosso un cigno un lupo un elefante ed avere sempre ragione. Sfiorarmi e leggere i messaggi in sovrimpressione sulle mie braccia. Ne ho raccolti un po' nell'attesa di trovarti - lo sai? - e forse si tratta solo di affrontare la vita come una festa. Tenere la musica alta contro questo muro del pianto di gomma piuma. Così che posso continuare a credere di farmi del male sbattendoci contro. Così che se mi ci appoggio mi ci posso addormentare. E da qui, molto più semplicemente, iniziare a dimenticare tutto.
Perché forse si tratta di questo - di sommare domani a domani in forma di pagine bianche. A me che non è mai venuto troppo bene e in questo via vai sono l'unica a restare in questa casa.
Anelando un messaggio quando ho fame di biocomunicazione. Costruendo rapporti d'amore con la mia solitudine.
E in questi giorni di corsa a piedi sciolti nella nebbia.
Fortunatamente - penso - non c'è alternativa al mio futuro.

forse si tratta di fabbricare quello che verrà
con materiali fragili e preziosi
senza sapere come si fa