martedì 29 settembre 2015

sigur ros | ( )

Sopravvivere è necessario. Farlo bene è un capolavoro.
Non usare nemmeno più le parole - non ho più voglia di sentirle. Trasformale piuttosto in un suono - che i volumi si possono sempre alzare. Sempre.
E nelle parentesi - nello spazio che c'è tra una cosa e l'altra - si possono mettere sogni interrotti oppure pietre preziose. Vedi tu.
Io ci metto questo disco che è sentirmi a casa. In questa casa che dico di voler lasciare ma poi forse non me ne andrò mai. Perché se capisci come mai un suono così mi fa sentire piena da piangere, sei con me. Altrimenti sei fuori. E se non sbaglio nel conteggio c'è almeno una persona di troppo da tenere presente. Anche questo succede sempre.
Ma questa volta facciamo pure che quella persona non sono io.
Adoro quel frammento di silenzio. Quel momento sospeso di attesa prima di ricadere nel continuo della musica. Quell'attimo di apnea che poi arriva il prossimo respiro. Oppure no.
È lì che potresti trovarmi. Sempre un attimo prima della possibilità del nulla. O della possibilità del tutto.
È lì che dovresti cercarmi.
Se solo ti andasse di farlo.
O, semplicemente, te ne ricordassi.
Qualche volta.

giovedì 24 settembre 2015

#primagiovani le nozze di figaro | teatro sociale di como | 22.09.2015

L'invisibilità resta il mio segno.
Il mio cercare il mio aspettare il mio stupirmi e credere che qualcuno lo possa ancora suscitare - per una volta - in senso positivo.
Il fatto è che io ho troppa fiducia. E di base sogno - hai ragione tu.
Io sogno.
Dimmi quello che vuoi, allora. Scrivimi quando vuoi. Ignorami per sempre. Però poi vedi anche di dimenticarmi. Così che - se uno dei due lo fa - siamo già a metà dell'opera. E non è poco, mi sembra.
Non mi spiare, però. E non giocare - non più. Puoi ancora fare qualcosa, anche se ti sembra impossibile guardandomi dal tuo orgoglio e dalle tue sicurezze. Al di là del risultato, puoi ancora sorprendermi. Uscire con eleganza dal nascondiglio, tu per primo, per questa volta. Così che io la smetto di parlare con gli uomini in divisa sotto la pioggia e di camminare per questa città. Sopravvissuta come lei al violento lavaggio.
Dovevo correre da te per darti quell'abbraccio. Dovevo pensare che potevo essere al tuo posto. Dovevo e devo sempre dare possibilità alle persone. Perciò ne hai ancora anche tu. Almeno una.
Puoi prenderla - dimostrarmi che aveva un senso.
O in alternativa, puoi lasciarci stare: me e la mia illusione.
Ce la caveremo. Non ti preoccupare.
E ci faremo buona compagnia.

giovedì 17 settembre 2015

beirut | no no no

No, ma sparami pure addosso le domande che non ti sei fatto quando avresti potuto.
Scombussolami la vita proprio quando ci sto pensando già abbastanza bene da sola a farlo. Però agisci con stile ed affetto - che sono le cose che ti ho sempre riconosciuto. Fallo forte e dimmi tutto fino in fondo. Partendo dal perché lo fai, per esempio. Proprio ora.
Ci ho pensato, sai. A quello che sono riuscita a metterci dentro in circa 24 ore. E sono giunta alla conclusione che ho una certa idea di dove sto e quali strade non voglio prendere mai più. Però poi tu arrivi dal niente e mi spalanchi scenari di non essere - o di avrebbe potuto essere - e comunque non ho dormito abbastanza e conosci bene l'effetto che mi fanno i treni e - dio santo - mi dici con che occhi ci siamo guardati quando eravamo insieme e avremmo ancora potuto farlo?
Ho deciso che non ci penso. O che almeno ci provo. A non chiedermi da dove viene questo spazio che c'ho sempre dentro e non so se riempirlo o lasciarlo così com'è. Perché potevi esserci. Dentro a me che a volte vorrei essere due e altre volte soltanto uno zero totalmente libero dal dover fare per forza qualcosa. Dal dover prendere decisioni davanti ai bivi che poi avevi fatto la tua scelta e non ero io. Te lo ricordo.
Questa è l'ultima chiamata per un giorno che ora dormo.
Non voglio saperne delle tue canzoni dei tuoi messaggi e delle tue uscite fuori tempo e fuori luogo.
Nessuno arriva più nella notte, là dove c'erano due occhi spalancati che non ci potevano credere. Nessuno riporta indietro. Niente.
È stato nostro saperlo. In ogni caso.
È stato.
Oppure no.

giovedì 10 settembre 2015

rocky wood | shimmer

Portami dove non voglio.
Fammi una proposta seria e aspettami là.
Ho deciso di venire. Ho deciso di scoprire anche quella parte di me. Ho deciso di non pensarci. Ho deciso.
Basta che lo fai. Perché ho bisogno di altre cose.
Con le tue parole mi hai resa più bella. Ora fallo anche con lo sguardo. Perché questa bellezza la possa fare mia. Ancora per un giorno. E sommarla a tutto quello che mi è successo in questa estate. Conservarlo per un po' che il freddo è tornato in città e sai quello che vuol dire. Per me.
Voglio corrispondere al riflesso nei tuoi occhi. Voglio ballare di ali di stelle di danze improvvise. Voglio scappare dall'immaginazione in cui mi tieni. Voglio capire perché lo fai. Voglio.
Rivederci è stato sole e cielo così azzurro da non crederci. Rivedermi è stato come al solito: non accettarmi mai. Non capire mai.
Grazie per tutto, comunque.  Grazie per le immagini per i discorsi non fatti per il tuo tocco leggero sulle mie lacrime di impotenza. Grazie per l'adulazione per le risate per tutti i mondi impossibili che hai spalancato. Grazie per i messaggi di buonanotte e anche per il buongiorno che non mi sai dare mai.
Grazie perché proviamo a crearci ed a sognarci.
Ma sai una cosa?
In alternativa.
Possiamo vivere.