domenica 20 dicembre 2015

fun. | some nights

Vestiti di carta eleganti. Meravigliosi. Perfetti.
Stoffe di immagini.
Ho provato a tenermeli addosso. Davvero: ci ho provato.
Ho trattenuto il respiro, evitato di alzare le braccia, fatto passi piccoli. Poi mi sono appoggiata alla parete, così stavo su, visto che non potevo nemmeno chinarmi, per evitare strappi e pieghe.
Indossavo vestiti fantastici. Trappole fantastiche.
Poi un giorno ho capito. Un giorno che è sempre e non finisce mai. Un giorno che ora voglio prendere e andarmene, con le mie carte riutilizzate incollate e stropicciate.
Me ne vado - e hai ragione tu.
Ma poi resta sempre la paura.
Di perdere la perfezione. Di perdere un altro te.
Così mentre mi abbracci penso che qualcosa possa sgualcirsi, rovinarsi. E resto ferma. Mentre ti avvicini capisco che non ti devo avere mai se no siamo punto e a capo. E già lo siamo.
Allora parti e vai. Fallo anche tu, prima che possa considerarti mio.
Vai dalle candidate migliori - quelle lo so, ci sono sempre.
Io ho altro da fare e anche se non è vero farò in modo di trovarlo.
Lo trovo sempre.
Tipo ballare da sola.
Per ridurre i vestiti in brandelli.

lunedì 7 dicembre 2015

erio | für el

Incontrarti mi fa parlare troppo e tornare a galla i pensieri che non vorrei. Mi ricorda l'ultima volta che ti ho visto. Il fatto che abbiamo bisogno - nonostante tutto - di contare sulle parole. E quando mi fa sentire al sicuro stare in silenzio. Niente ricordi, niente illusioni, tu potresti non essere mai esistito. E tutto il resto è dormire per sempre.
È che siamo inquieti tutti e due - ecco perché non ce la facciamo mai. È che io mi sono stancata e allora o ti sbilanci tu oppure va bene così: mi do per persi anche a questo giro. Non importa quanto mi stai vicino.
C'è sempre la mia pelle a creare un confine. E questi muri che accarezzo perché potrebbero non contenermi più e non riesco neppure a immaginarlo davvero.
Come funziona quando diventi grande? Che ti scopri ancora più sola nella responsabilità di gestire la tua vita senza deleghe o colpe da dare agli altri? Che ci rimani meno male e le chimere le lasci scappare molto prima dei tempi passati?
Funziona che trattieni il fiato per cose diverse e che lasci il tuo nome sui documenti importanti. Che hai ancora sette giorni e che vorresti urlare. Per la musica per l'attesa per te stessa e per le cose che non cambiano davvero mai.
Funziona così. O semplicemente funziona.
Ancora.
Per tutto.

sabato 21 novembre 2015

jón kalman stefansson | i pesci non hanno gambe

Quello che penso è che se succedesse qui, tu dovresti comunque andare.  Startene lì ad aspettare il peggio - come un bellissimo monumento ai tempi peggiori. Mi mancava questo pensiero.
Avrei voluto dirtelo, per come ho dentro tutto questo. Ma forse stare zitti - proprio come fai tu - in genere è bello: permette di stare al sicuro. Ora che nessuno lo è più.
C'è sempre un posto in cui cadere, perché c'è sempre uno spazio tra i corpi. E non importa che tu mi stia sempre vicino. Non importa se mi leggi, se mi cammini accanto, se mi mandi una canzone o se ci è venuta in mente una sola parola per esprimere tutto quello che comprende l'amore.
Alla fine resta il fatto che ho paura e corro. Semplicemente corro. Per andarmene da tutte quelle vite che qualcuno ha semplicemente dimenticato di vivere.
Ci sono tre punti cardinali: il vento il mare e l'eterno. E come si cancella tutto questo? Se facciamo sempre gli stessi errori. Se non ti aspetto, se ho capito ma non so esprimerlo, se non mi volto indietro, se semplicemente piango. Piango per tutto e per il fatto che - se ti conoscessi ancora - ti penserei lì.
In tutti i nostri mondi che spariscono molto prima di noi.

giovedì 29 ottobre 2015

the world is a beautiful place & i am no longer afraid to die | harmlessness

La delusione di te è qualcosa che non si può spiegare. È una roba come una crosta che si forma attorno al cuore. E pensieri che strabordano dagli occhi rigando le guance.
È il fatto che neanche tu l'hai capito - mi hai capito. Che hai voluto a tutti i costi una spiegazione razionale e poi hai perso di vista l'essenziale. Me.
C'è sempre di mezzo il caso, all'inizio. Poi ci siamo di mezzo noi ed è lì che si disfa tutto. C'è il fatto di trovarti in una mia serata e di credere che le cose possano cambiare facilmente, una volta tanto. E poi c'è il fatto di ritrovarti ancora in un'altra, tu e la tua mano impegnata che ti riporta lontano.
C'è che vorrei imparare a non fare niente - a starmene semplicemente lì, che è la cosa che nessuno mi ha mai insegnato a fare. Io e uno spazio immenso di nulla che è tutto ciò di cui ho bisogno.
Così come tu non hai bisogno di me.
Perché quando ti ho detto senza parole di portarmi in un posto bello, tu semplicemente non l'hai capito. E tanto basta.
Che alla fine tutto si riduce alle più piccole cose. Quello che fai e quello che non fai. E il risultato conseguente.
Tutto il resto non ha davvero nessuna importanza.

venerdì 23 ottobre 2015

joey cape | stitch puppy

È bastato alzare la mano e salutarti. Sorriderti, mentre mi passavi vicino. Quasi fosse andato tutto bene. Quasi non fosse strano ritrovarti per un attimo in me.  Proprio ora che ho rivissuto tutto quel momento in qualcun altro.
È bastato colorarsi gli occhi. Seguirti, fare anche mio un piccolo pezzo della tua vita. Lasciarmi cambiare la serata. E lasciare che poi devo fermarmi i pensieri per non sentire sempre lo stesso. Ora che non voglio più sentirmi di meno.
Sediamoci allo stesso tavolo, piuttosto. E facciamo le nostre riunioni di lavoro dove non manca mai il vino. Progettiamo il meglio - perché è quello che sappiamo fare. Ed esercitiamoci a stare distanti - perché non mi voglio più fare del male.
Saprò ripiegare le illusioni, a questo giro. Cadere dolcemente. Per evitare il suono strano di quando si tocca il suolo troppo forte. Ammaliata di parole e attutita di musica. Mentre mi vogliono spiegare l'arte, rubandomi l'unico istante che ho per capirla davvero.
Come faccio a non volerti?
Dovrei girarmi e continuare a correre.
Perché sono nata per cercarti.
E sono cresciuta, così posso lasciarti andare.

venerdì 9 ottobre 2015

daniel libeskind | life electric | como

Lasciami stare. Dentro.
Ho bisogno di ridere. Ho bisogno di un noi. Ho bisogno che sia facile - una volta ogni tanto. Non ho bisogno di te, per come sei. Ora.
Farò di conseguenza.
Mi hai avuta tra le braccia e hai capito subito che non potevi trattenermi. Per questo ci sono stata. Come stanno gli orologi pubblici ai bordi delle strade. Che fanno sempre un'ora sbagliata ma poi io provo lo stesso a crederci. Così come credo a tutti gli errori che faccio e li ho capiti bene eppure non posso farne a meno.
Perché mi sento sola. E tu neanche lo sai. Neanche me lo chiedi, in realtà. Ma quando mi fermo mi scopro così. Con me.
E per il resto sto iniziando a perdere le energie.
Mi sono presa il sole - allora - e finalmente ci siamo. Io, te, e tutto quello che sappiamo. Tutto quello che ti prendi e mi rimandi.
Riflettimi un'immagine di me che possa essere migliore di quella che ho io. Fallo adesso, invece di andartene pure tu.
Siamo qui. Io. E te. Ora.
Riflettiamoci.

martedì 29 settembre 2015

sigur ros | ( )

Sopravvivere è necessario. Farlo bene è un capolavoro.
Non usare nemmeno più le parole - non ho più voglia di sentirle. Trasformale piuttosto in un suono - che i volumi si possono sempre alzare. Sempre.
E nelle parentesi - nello spazio che c'è tra una cosa e l'altra - si possono mettere sogni interrotti oppure pietre preziose. Vedi tu.
Io ci metto questo disco che è sentirmi a casa. In questa casa che dico di voler lasciare ma poi forse non me ne andrò mai. Perché se capisci come mai un suono così mi fa sentire piena da piangere, sei con me. Altrimenti sei fuori. E se non sbaglio nel conteggio c'è almeno una persona di troppo da tenere presente. Anche questo succede sempre.
Ma questa volta facciamo pure che quella persona non sono io.
Adoro quel frammento di silenzio. Quel momento sospeso di attesa prima di ricadere nel continuo della musica. Quell'attimo di apnea che poi arriva il prossimo respiro. Oppure no.
È lì che potresti trovarmi. Sempre un attimo prima della possibilità del nulla. O della possibilità del tutto.
È lì che dovresti cercarmi.
Se solo ti andasse di farlo.
O, semplicemente, te ne ricordassi.
Qualche volta.

giovedì 24 settembre 2015

#primagiovani le nozze di figaro | teatro sociale di como | 22.09.2015

L'invisibilità resta il mio segno.
Il mio cercare il mio aspettare il mio stupirmi e credere che qualcuno lo possa ancora suscitare - per una volta - in senso positivo.
Il fatto è che io ho troppa fiducia. E di base sogno - hai ragione tu.
Io sogno.
Dimmi quello che vuoi, allora. Scrivimi quando vuoi. Ignorami per sempre. Però poi vedi anche di dimenticarmi. Così che - se uno dei due lo fa - siamo già a metà dell'opera. E non è poco, mi sembra.
Non mi spiare, però. E non giocare - non più. Puoi ancora fare qualcosa, anche se ti sembra impossibile guardandomi dal tuo orgoglio e dalle tue sicurezze. Al di là del risultato, puoi ancora sorprendermi. Uscire con eleganza dal nascondiglio, tu per primo, per questa volta. Così che io la smetto di parlare con gli uomini in divisa sotto la pioggia e di camminare per questa città. Sopravvissuta come lei al violento lavaggio.
Dovevo correre da te per darti quell'abbraccio. Dovevo pensare che potevo essere al tuo posto. Dovevo e devo sempre dare possibilità alle persone. Perciò ne hai ancora anche tu. Almeno una.
Puoi prenderla - dimostrarmi che aveva un senso.
O in alternativa, puoi lasciarci stare: me e la mia illusione.
Ce la caveremo. Non ti preoccupare.
E ci faremo buona compagnia.

giovedì 17 settembre 2015

beirut | no no no

No, ma sparami pure addosso le domande che non ti sei fatto quando avresti potuto.
Scombussolami la vita proprio quando ci sto pensando già abbastanza bene da sola a farlo. Però agisci con stile ed affetto - che sono le cose che ti ho sempre riconosciuto. Fallo forte e dimmi tutto fino in fondo. Partendo dal perché lo fai, per esempio. Proprio ora.
Ci ho pensato, sai. A quello che sono riuscita a metterci dentro in circa 24 ore. E sono giunta alla conclusione che ho una certa idea di dove sto e quali strade non voglio prendere mai più. Però poi tu arrivi dal niente e mi spalanchi scenari di non essere - o di avrebbe potuto essere - e comunque non ho dormito abbastanza e conosci bene l'effetto che mi fanno i treni e - dio santo - mi dici con che occhi ci siamo guardati quando eravamo insieme e avremmo ancora potuto farlo?
Ho deciso che non ci penso. O che almeno ci provo. A non chiedermi da dove viene questo spazio che c'ho sempre dentro e non so se riempirlo o lasciarlo così com'è. Perché potevi esserci. Dentro a me che a volte vorrei essere due e altre volte soltanto uno zero totalmente libero dal dover fare per forza qualcosa. Dal dover prendere decisioni davanti ai bivi che poi avevi fatto la tua scelta e non ero io. Te lo ricordo.
Questa è l'ultima chiamata per un giorno che ora dormo.
Non voglio saperne delle tue canzoni dei tuoi messaggi e delle tue uscite fuori tempo e fuori luogo.
Nessuno arriva più nella notte, là dove c'erano due occhi spalancati che non ci potevano credere. Nessuno riporta indietro. Niente.
È stato nostro saperlo. In ogni caso.
È stato.
Oppure no.

giovedì 10 settembre 2015

rocky wood | shimmer

Portami dove non voglio.
Fammi una proposta seria e aspettami là.
Ho deciso di venire. Ho deciso di scoprire anche quella parte di me. Ho deciso di non pensarci. Ho deciso.
Basta che lo fai. Perché ho bisogno di altre cose.
Con le tue parole mi hai resa più bella. Ora fallo anche con lo sguardo. Perché questa bellezza la possa fare mia. Ancora per un giorno. E sommarla a tutto quello che mi è successo in questa estate. Conservarlo per un po' che il freddo è tornato in città e sai quello che vuol dire. Per me.
Voglio corrispondere al riflesso nei tuoi occhi. Voglio ballare di ali di stelle di danze improvvise. Voglio scappare dall'immaginazione in cui mi tieni. Voglio capire perché lo fai. Voglio.
Rivederci è stato sole e cielo così azzurro da non crederci. Rivedermi è stato come al solito: non accettarmi mai. Non capire mai.
Grazie per tutto, comunque.  Grazie per le immagini per i discorsi non fatti per il tuo tocco leggero sulle mie lacrime di impotenza. Grazie per l'adulazione per le risate per tutti i mondi impossibili che hai spalancato. Grazie per i messaggi di buonanotte e anche per il buongiorno che non mi sai dare mai.
Grazie perché proviamo a crearci ed a sognarci.
Ma sai una cosa?
In alternativa.
Possiamo vivere.

domenica 30 agosto 2015

armenia | 20 - 30 agosto 2015

Questo utilizzo smodato del mezzo fotografico.
Del dover sempre interfacciarsi con il mondo attraverso il filtro di uno schermo - qualunque esso sia. Quasi fossimo due cose distinte. Quasi come il tuo, che avrei voluto esserci quando si è illuminato ed era proprio quel giorno lì. Così, solo per sapere cosa ti ha ricordato. Così, solo per sapere quanto te ne sei fregato.
Potrei iniziare a sostenere questi occhi aridi incapaci di distogliersi. Sono uomini dritti sull'orlo dei marciapiedi - sulla soglia di due mondi lontanissimi. Sono come potremmo essere noi: sguardi abituati ad incontrarsi senza mediatori culturali tecnologici. Intensità allo stato grezzo contro i nostri discorsi banali mentre dovremmo divorarci di domande. Per la facilità che abbiamo di incontrarci di studiarci e poi di tenerci a distanza di insicurezza. Per la musica che mi sparo sempre nelle orecchie mentre guardo fuori. Mentre ti guardo che tanto poi torno a casa e torna tutto come prima. A girare insieme ai cd che ho fatto. A girarmi indietro per partire alla ricerca delle parole che non ho detto e delle mani che siamo stati insieme e non ci siamo toccati mai.
Per me è come se non avessi pelle abbastanza. E pupille liquide che devono trascinare i ricordi giù nel fondo.
Sì, penso sia così.
Che gioco strano.
Che spreco. Che possibilità.
O forse è solo questo.
Che vita.

mercoledì 19 agosto 2015

mr. savethewall - the story | san pietro in atrio como | 18.08.2015

Ci sono muri da salvare. E poi ci sono muri contro i quali non piangere più. Basta telefonarci di notte, scendere in città. E camminarci dentro come ad avere ancora i piedi sulla terra e tra le mani pugni di nuvole e acqua.
Ci alzeremo in volo, prima di inseguire noi stessi. Quindi colonizzeremo le terre straniere che sempre rappresentano i nostri corpi. Perché nasciamo inesperti e viviamo senza assuefazione. Quello che impariamo non va mai bene per la volta successiva dato che la volta successiva è già un'altra cosa completamente diversa.
Puoi ricordarmi altro, è vero. Ma sono solamente i miei vecchi punti di riferimento e io per questa estate ho deciso di ritrovarmi altrove.
Però è strano, sai. Che mi chiedano di te come se dovessi davvero ritornare. Mentre tutti mi dicono che abbiamo sempre tempo e invece abbiamo solo questo tempo, non un tempo in generale. È così difficile da capire?
Mi ricorderò di un momento che arriva e dell'esserci veramente dentro insieme. Prima che ti richiamino a salvare il mondo.
Mi ricorderò di questo, mentre me ne vado.
Stai tranquillo.
Mi ricorderò di te.

martedì 4 agosto 2015

terra matta | passi nella neve - corno d'aola | 02.08.2015

Mi sono rimaste le montagne addosso.
I sedili d'erba, la terra sotto le mani, le conversazioni con le cascate e gli abbracci caldi che sanno dare i ponti di legno.
Mi sono rimasti i monologhi interiori, le parole che mi sono riversata contro e la rugiada dei mirtilli. Prima delle mie lacrime.
Sono partita sola e sono tornata con me stessa. Mi sono portata a casa un bel po' di pezzi e poi li ho rimessi nello zaino per risalire di nuovo, per ricercare un'altra volta l'emozione che è come la prima. Per raccontarti come mi parlo il mondo, da che sono così.
Sono di nuovo su.
Ed essere qui toglie i ricordi. Che è tutto il mio amore non voluto e poi è solo un passaggio obbligato sul calendario che nulla può quando il teatro trova nei monti la sua scenografia perfetta.
Ecco perché me ne sono dimenticata. Perché mi piace quando mi siedo vicino, quando mi aspetti ai concerti impossibili, quando me ne frego e quando anche tutti questi messaggi non serviranno a niente.
La differenza è che questa volta lo so. Lo so già da ora.
E cambia qualcosa a livello di sangue.
Come questo sole, che è pregato di scaldare.
Come questo eroe, che è pregato di lottare.
Come questo istante, che è pregato di restare.

giovedì 16 luglio 2015

LA priest | inji

La mente non serve a niente.
L'intelligenza, la capacità di problem solving. Nulla possono la mia abilità di pensiero e le parole lievi e veloci che vi butto addosso. Potete farmi tutti i complimenti che volete, ma la realtà dei fatti è questa. Che non servono veramente a niente.
Ciò che conta davvero è la materialità dei corpi. Quelli che non vengono ceduti, quelli che non si toccano mai e quelli che franano da dentro nello stesso identico posto. Ancora una volta.
Io sul mio ho indossato le lentiggini - anche se non mi ricordo neppure di aver mai preso il sole. Poi ci ho messo un vestitino semplice, i capelli abbastanza in ordine e gli occhi grandi - ma quelli ce li ho sempre, quindi forse non vale.
Eppure lui mi ha tradita lo stesso. Come avete fatto tutti voi.
Lui mi ha riportato lì e lì ha cercato pure di abbandonarmi.
Lasciandomi sopraffatta dal suo urlo interno. Senza niente da dire. Senza niente da voler ascoltare.
Dai retta a me. Sono i corpi a farti lo spelling della vita. A pronunciare forte ogni singola lettera per fartela capire per bene. E farti smettere di illudere del contrario.
Solo che il mio ha gridato fino a togliermi i sensi. E non mi ha dato nemmeno il tempo di prepararmi.
Ecco perché non lo capisco. Perché non capisco più niente.
Lo vedete da voi che non riesco a farlo.
Quindi approfittatene.
Continuate pure a tradirmi.

lunedì 13 luglio 2015

desaparecidos | payola

Ode alla potenza dei suoni in battere. E di questa settimana bella di emozioni da crollare. Ode a che esistono persone con cui si può parlare - fosse un pomeriggio una notte o un miraggio da abitare - e altre che ti sanno commuovere stando sopra ad un altare. Ode a questo dolore così intenso e agli stati membri da salvare. Ode alla mia ingenuità e a queste cazzo di comunicazioni virtuali. Ode ai volumi, che si possono alzare e ode pure a tutti i capodanni che ci possiamo inventare. Ode alla prossima delusione, che già la vedo arrivare e ode a me e te, che ci sappiamo ricreare. Ode al sogno, dove le mie mille me si ritrovano a coabitare e ode a te, sconosciuto, che oggi mi son fatta conquistare. Ode ai lunedì sera, che non ci voglio stare, e ode anche al fatto che, mi dispiace, ma di me non te ne puoi fregare.
Ode a tutto questo e ode anche al resto.
Ode a tutto quello che avevamo. Sì.
E che hai distrutto con un pretesto.

domenica 12 luglio 2015

nicolò carnesi + dimartino | bandzilla saronno | 11.07.2015

Puoi non mentirmi, per favore?
Considerato che non c'è alcun motivo per il quale tu non possa dirmi la verità, davvero: puoi non farlo?
Che poi io ho già questa innata e pericolosa tendenza a credere nell'uomo. Non dovresti metterti pure tu a ricordarmi quanto sia stupida. Sei d'accordo?
Dovresti dirmi che ti sei dimenticato di me, piuttosto. Con la stessa violenza, con la stessa ineluttabilità che io ci metto per mandarti almeno un pensiero. Ogni - santo - giorno.
Potresti dirmi che i corpi sono caldi - sì, pure il tuo, che non so nemmeno dire per quanto ti ho avuto accanto - e prima o poi tornano a chiederci il conto delle nostre decisioni. Di tutta la musica sparata dentro in endovena. E del modo che ho io di pensare. Quel modo insaziabile e sospeso nel bianco, quasi che urlassi. Sì: proprio come se urlassi.
Di quello che ci riavvicina delle rose gialle e del ritrovarci a ballare in centro.
Non dobbiamo provare.
Noi dobbiamo semplicemente fare.

lunedì 6 luglio 2015

ezra furman | day of the dog

Il fondamento delle cose che si sognano sta nell'aver sempre pensato di voi qualcosa di meglio di quello che avevate in serbo per me.
Sta nel libro mastro delle nostre decisioni. Nel passare la giornata artigliata ad ogni minuto ad ogni respiro ad ogni conquista che poi è questo attimo. E pure quello dopo.
Sta nel non saper prevedere la notte - quella no, non ce la faccio. Anche se poi finiscono un po' tutte allo stesso modo. Con un alba. Nel mio letto.
Forse, però, posso fare qualcosa di più per le parole che non vorresti sentiri di dire. Posso trovare i termini migliori ed i concetti più lineari e desiderabili. Posso sforzarmi quanto ti basta. Davvero: lo posso fare.
Ma poi c'è la verità. Ed il fatto che la gente applica la peggior parte di sé ad ogni informazione di cui viene in possesso. Lo sai vero?
Per cui niente, siamo solo qua. E io più di me non posso fare.
Ma lo farò al meglio.
Accettalo. Ed andrà tutto bene.

domenica 21 giugno 2015

wrongONyou | killer


video

Quello che ci serve, è una linea guida generale. Alcune semplici regole di base da poter applicare all'occorrenza. Una strumentazione d'emergenza semplice e leggera, da mettere in campo nel minuto presente. Senza dover chiedere aiuto a nessuno. Senza dover aspettare nessuno.
Quando la solitudine è un'entità fisica fatta di assenza che cade, pesa, si sporge e si infrange nell'apatia diffusa di una giornata instabile. Quando me ne sto piegata su me stessa, concessa a me stessa, in confronto con me stessa. Colpevole a prescindere, come sempre.
I complimenti, i consigli, gli inviti a cena ed i rimproveri di chi neanche lo sa più che cosa voglia dire tutto questo. Ognuno ha la sua strategia - vi rigrazio. Ma io forse scelgo i brillantini che mi hai messo sulla pelle ieri sera. Perché anche se non hanno portato il conforto promesso, almeno è stato bello sentirseli addosso. Vederseli luccicare ancora addosso.
Poi scelgo questa canzone che è inchiostro sulle guance. Che è l'unico vero linguaggio che ho per comunicare con i topi dentro la pancia e con la loro necessità.
Per oggi. Per quello che provano a dirmi.
Poi per finire e andare avanti.
Ci sono molti modi.

venerdì 12 giugno 2015

appino | grande raccordo animale

Il mio cuore sta bene. Almeno questo dicono i macchinari appositi. Il mio cuore batte e sembra portare avanti onestamente il suo lavoro. Il mio cuore non se ne è andato - mi è rimasto fedele - nonostante tutto. Ma il mio cuore, e questo i macchinari non lo sanno, urla e si lamenta. Emette un suono preciso e costante che culla le mie notti ed attutisce i miei giorni. Un grido sottile che circola nel sangue, e a volte lo sento, a volte invece no, ma lui non smette mai di girarmi dentro.
Sarebbe così piacevole avere un'idea facile. Non rischiare di essere quotidianamente ammazzati dalla propria sensibilità. Avere problemi più pratici che distolgano dal resto.
Sarebbe bello scegliere sempre i prati, come fanno i bambini. O i muretti per restare in equilibrio. Invece c'è il mondo e questo battito lento e quel poco di poesia che provi a portare nelle vite degli altri. C'è chi non ne vuol sapere e ci sono i desideri che corrono più veloci di quanto possa capirli tu.
Per questo, grazie cuore che ancora ci sei.
Prometto che terrò conto della tua perseveranza.
Che ci proverò in ogni momento, contro ogni infedeltà e contro tutte le paure di rischiare.
Avrò cura di te.

le canzoni d'amore fanno male perché
riconosci in ognuna qualche cosa di te
o di chi ti sta accanto o di chi ormai non c'è più
e di chi non ne vuol sapere di chi sia tu.

domenica 7 giugno 2015

levante + thegiornalisti | miami festival milano | 06.06.2015

Possiamo lamentarci di questo caldo, sì. Oppure possiamo prendere e andare al MiAmi. Stelle scadenti in una notte di musica fuori dalla geografia europea. All'inseguimento costante di qualcosa che forse è un'illusione, più probabilmente solo un presentimento.
Come in una storia d'amore. Che poi bisogna fare tabula rasa per potersi scegliere ancora. O per scegliere qualcuno che non sia ancora tu - quello sarebbe meglio.
Perché non si eredita un destino. No, non è possibile. Piuttosto, si prende dal passato qualcosa di molto più profondo ed istintivo. Si eredita una paura, ecco. Ma non una qualsiasi: un tuo particolare tipo di paura.
La mia è tutta dietro queste parole. Nel senso che sta nella stessa aria che le ha generate. Sta un passo dietro ed è forza di gravità che tiene a terra.
È per questo che oggi canto. Perché vorrei già essere in quelle frasi - assolutamente - ma la vita si inventa sempre modi molto elaborati per darti ragione. Il mondo ti scompiglia le basi, sì. Ma poi non è che si rimetta in ordine alla velocità che vorresti tu.
Qualcuno mi insegni la pazienza, allora. Ma la butti nel sangue. Che poi troverò un pensiero per renderla convenzione - o quantomeno previsione. Qualcuno mi porti a sentire il vento dell'est o il canto di roma contro l'indifferenza. E già che c'è, mi tolga pure dall'essere un numero in questo grande parco dove dimentico l'intorno. Almeno ci provi, per favore.
Che sono solo i corpi a dettare la vita
- tutto il resto è solo una conseguenza.

lunedì 1 giugno 2015

arearea | ruedis_ruote di confine

Da un po' di anni - non so nemmeno dire da quando - mi capita di svegliarmi nel pieno della notte con un buco nello stomaco.
È la fame.
Di felicità di emozioni di amore di speranza. Di tutte quelle scemenze banali e rassicuranti come il pane fresco, la musica senza pretese, il conforto di un abbraccio e via dicendo.
Personalmente persa in una guerra costante. È il conflitto che arriva e ti ribalta la quotidianità. Che ti strappa via il concetto di normalità dal gesto più semplice di ogni giorno. Che ti rende pazza, se non ci stai attenta. Perché ogni minuto è una lotta per la sopravvivenza. Ogni. Singolo. Minuto.
In qualsiasi momento le biciclette possono diventare armi. E il tuo destino giocato a bandiera, come accadeva nei centri estivi ed era sempre un tentativo per dimostrare ai tuoi compagni di squadra che non eri proprio il peggiore. In ogni momento - come è stato oggi - posso chiederti se la ami e guardarti negli occhi. Vederti dare la risposta più bella distogliendo lo sguardo come se fosse vergogna. Ecco quanto ci ha rovinato il mondo.
Mi sono ammalata di lucciole. Della meraviglia che fanno.
E per la stessa meraviglia al posto tuo avrei urlato. Per quella cosa che da qualche parte qualcuno riesce ancora a chiamare felicità.
Ma sono al posto mio. Sono qui.
Sono viva.
Ed è solo l'inizio.

mercoledì 27 maggio 2015

levante | abbi cura di te

Se ci fate caso, nei libri succede quasi sempre che le persone sfoderino i loro lati migliori proprio nelle situazioni più difficili. Bene: siccome nella mia vita non si è avverato mai niente di quanto abbia letto su quei libri. Mi spiace, ma non ci credo più.
Credo invece che il dolore - così come la paura - abbia un limite naturale, dopodiché si trasforma in indifferenza. Credo che la maggior parte delle persone faccia di tutto per scappare da sé e dal due, per trovare alibi, per fabbricarsi colpevoli. Altro che lato migliore!
Poi credo invece che quando ci sono stata io, era come morire ogni volta. Morivo ogni volta. Ogni volta per tutte. E poi - non so neanche come - trovavo il modo di far nascere nuovamente il mio mondo. Di trasformare le cicatrici in poesia. Come una sorta di magia, forse. O forse era solo una qualche forma di amore. Verso di me, prima di tutto. E contro la tua risata.
Una volta squarciato il velo della realtà, anche se ti accecano, saprai sempre com'è il mondo. E il mio mondo è questo qua. Senza principi azzurri e senza supereroi. Senza personaggi delle fiabe e buone intenzioni da portare a termine a costo della vita.
Mi sono tolta tutte le immagini dagli occhi.
Me le porto via. Non voglio più averne cura.
Caro amore ciao...
Per sempre.

prendi tutto quello che ho 
anche se è poco, vale niente e lascia il mondo indifferente 
chissà se poi un giorno lo userai.
prendi tutto quello che ho - cemento e seta
e sarò pietra e sarò lieta e sarò grata nell'avere quello che non mi dai
puoi starmi a sentire? avrei poche cose da dire...
non sei stato mio e mai mio sarai tra questa gente
tutto il bello, tutto il buono porto via e nel mentre
caro amore ciao... per sempre.

domenica 24 maggio 2015

paolo sorrentino | youth - la giovinezza

I
Il rumore che fanno i corpi quando si scontrano. È un tonfo sordo - questione di un attimo. È il suono di ossa che incontrano altre ossa. È trovare qualcuno che non ti aspettavi - che non avevi previsto - sul tuo cammino. È, comunque, un incontro di esistenze.
Hai mai alzato le braccia e poi mosso le mani nell'aria per provare a dirigere la natura?
Hai mai ascoltato un suono capace di farti piangere così, senza altro motivo che non fosse quello di causa - effetto?
Se non ti è mai successo, allora scusa ma non puoi proprio capire. Quando ti dico che il silenzio non basta - perché toccandosi si capiscono molte più cose, ma la gente preferisce parlare. Oppure quando provo a spiegarti come, in ogni mio dialogo, faccia un disperato appello alla perfezione potenziale che sta dentro ad ogni uomo. Perché è quella la cosa che ci accomuna e dovrebbe darci una base per provare a comprenderci.
Ma io appartengo alle mie passioni. Ed alle fantasie create dalle fate che sono tutte le cose belle che mi trovo intorno. Io vivo in uno stato di troppa realtà ed ora lo capisco. Per cui perdonami per tutte le volte che ho preteso di portarti di qua. Per la mia supponenza contro la tua richiesta di essere quello che vuoi.
Penso che accettare la diversità - la tua diversa esistenza - renda tutto molto più semplice.
Ecco, forse ci manca solo questo.
Essere. Semplici.

tu hai detto che le emozioni sono sopravvalutate.
è una vera stronzata: le emozioni sono tutto quello che abbiamo.

giovedì 14 maggio 2015

public service broadcasting | salumeria della musica milano | 12.05.2015

Produzioni sonore bastanti. Per questo giorno. Per questa corsa tranquilla verso la mezzanotte che mette fine all'oggi. Per un altro anno che passa e prima o poi si festeggia a filmati d'archivio e voci campionate. Oppure a messaggini inutili e profondi silenzi.
Tu non sai i concerti a Milano Sud. Questi mondi rumorosi come le domeniche in casa a trent'anni compiuti o tutti i chilometri che ho fatto con la mia piccola auto bianca. Tu non sai che sono qui a scrivere questo messaggio. Che è un po' come un biglietto a un amico - una lettera d'amore. Che è un po' come dirti "fanne quello che vuoi".
Di tutte le mattine strane, dei cambiamenti e della paura più grande. Delle cose che mi colpiscono e non c'è bisogno di renderle migliori. Delle assicurazioni contro gli infortuni ed i cambi di idea - quelle che io non faccio mai, per capirci. E del fatto che tu sei sempre il più bello, anche se io ogni tanto me lo dimentico.
Mi terrò il sorriso. Il tuo sguardo. Il mio stato di guerra contro ogni attimo presente e il tuo essere sempre un passo più in là di quello che accade. Mi terrò tutto questo. Il coraggio e il furore. Il mio essere sempre in giro e il tuo bicchiere di vino migliore.
Ti ho incontrato correndo e ti respiro contro.
Questo è tutto quello che posso darti. Tutto quello che posso dirti.
Imparami.

mercoledì 6 maggio 2015

dimartino | un paese ci vuole

Non esistono addii perfetti tra me e te. Non esiste neppure una possibilità che non sia quella di affidarti a dove vuoi stare.
- che sarebbe bello non lasciarsi mai, ma abbandonarsi ogni tanto sarebbe quantomeno utile.
Non ci sono spiagge in grado di risolvere i problemi e neppure date di scadenza al dolore - anche se le cerchiamo tra le confezioni luccicanti nelle nostre spese solitarie.
Non esistono mode e non c'è nessuno che si tuffi con te nel mare a sistemare le cose. Ci siete solo tu e questo attimo: pensaci. E vedi un po' come volete gestirvi la cosa.
I nostri ritorni sono pieni di un silenzio che fa rumore. Che ti uccide e ti sfracella in quattro righe. Lo vedi? Ho una vita friabile come i palazzi sotto le bombe della nato. Come quattro giorni in una città così brutta da fare male. E io sono troppo per continuare a perdere così e aspettare qualcosa da te. Per continuare a perdermi.
Quindi se i pesci ti mangiano e sotto c'è un altro te che non vuoi vedere, sono qui. Ma non posso fare niente. Perché devo tornare.
Tornare da me. Tornare dal nero. Tornare dal sale.
E poi tornare dove c'è qualcuno che mi sa davvero aspettare.
Malgrado Belgrado. Ancora noi due.
E hai ragione tu. Non è poco.

semplicemente arriva qualcosa che prima non c'era
come una guerra torna la primavera

martedì 14 aprile 2015

isonouncane | die

Le porte che si chiudono. Le persone di spalle che non rivedrai mai più - ma questo tu neanche lo sai. Ora.
Le case che passano veloci. I posti in cui sei stato e non ci tornerai - anche se hai pensato che saranno sempre uno spazio immaginato attorno al tuo contorno.
Toglierti le scarpe. Potrebbe essere un inizio. Accettare che è tornato il caldo e che si può dormire altrove. Altrove da noi.
Cercarti tra gli eroi dei miei sogni e poi realizzare che siete in troppi e non saprei dove trovarti. Che è impossibile capiti ancora, ma poi tu svegliami comunque quando ritorna il sole. Mi raccomando, fallo. Perché ho troppa superficie da esporre e alla fine è quello: solamente la quantità di pelle che hai per affrontare il mondo.
Questo è un giorno strano. Che la prima luce arriva di notte e io sono avvolta di tenebre. In questo giorno, guarderò ogni persona intorno e cullerò la delusione in fondo alla pancia. Sfilerò in un universo parallelo e sorriderò. Sì, sorriderò a tutti e lo farò per come mi sono portata salva fino a qui.
In questo giorno. Dove tutto è.
E io non sono quello che sono.

"e con la morte nel cuore correrò per tornare
dove il giorno rivive sul profilo degli alberi"

martedì 31 marzo 2015

death cab for cutie | kintsugi

Esco spesso con me. E quasi sempre ci faccio caso.
A dove capito. Al destino che mi gioca addosso. E - anche in mezzo a tutta questa gente - a quello di cui è fatto l'intorno.
In questo teatro che è una rivoluzione vi noto subito.
Voi siete quattro occhi che mi si sorprendono contro e poi scivolano via veloci. Siete due divise riconoscibili che da lontano mi seguono e in qualche modo ritornano. Mi sfilano contro.
Danziamo di questa gente. E di un mondo in cui possiamo essere tutti imperfetti conosciuti. Ecco perché ci squadriamo come pericoli mentre se - se non ci sapessimo - dovremmo solo sorriderci e presentarci. Tutto qui.
Quando poi ho deciso di scendere e ti ho parlato, non so neanche perché l'ho fatto. Forse volevo ridarti un ricordo reale. O forse non volevo far altro che cambiare modo di giocare.
Scappare dalle ossessioni e dalle congetture.
Averti ancora. E non barare.
Pensare che siamo ancora nello stesso luogo. Nello stesso tempo e nello stesso fare.
Ma anche se è ancora tutto così.
Tutto può ancora cambiare.

giovedì 26 marzo 2015

joe kelly & jm ken niimura | i kill giants

Ho bisogno un vestito per l'alba.
Non è indispensabile, lo so. Ma sto lavorando troppo affinché sia tutto perfetto. E così sia.
L'anno scorso faceva troppo freddo, per esempio. E non è bastato il fuoco scritto sulla tua divisa per riscaldarmi.
L'anno scorso è stato un successo. E poi una catastrofe. Quest'anno deve essere solo un trionfo. E basta.
Perché un gigante arriva e si prende tutto quel che hai. Vuole che le cose belle della vita non ci fossero state mai.
Mentre io ho avuto il tempo di abituarmi.
Di trovare il minimo che mi devo.
E di capire che la nostra morte.
Poi non è affatto la mia.

tutto ciò che vive, muore.
è per questo che devi trovare la gioia nel vivere, mentre il tempo è ancora tuo. 
e non aver paura della fine.
negare questo è come negare la vita.
temere questo è temere la vita.
ma se lo accetti...
- puoi accettare questo?
sei più forte di quanto pensi.

martedì 10 marzo 2015

fink | hard believer

Tutto è stato molto veloce. Forse troppo. O forse è stato giusto così visto che ci pensavo già da tanto tempo e poi alla quarta occasione ce l'ho fatta. Finalmente.
È stato triste e non l'avrei detto. Pensavo di averla messa da parte già da qualche giorno, la tristezza. Insieme alla delusione e alla speranza, ho provato a trasformarle in terreno fertile nella mia pancia. Così che adesso ogni sera sbucano lividi sulla pelle come fiori. E ricami intricati sulla mia gamba che nessuno potrà leggere con la punta delle dita.
Sto sempre parlando di qualcun altro, perciò non ti preoccupare. Non ti farò del male facendoti guardare troppo da vicino. Non ti lascerò per strada in piena notte e resterò fedele all'accordo. Soprattutto.
Ma chi non scoppierà a ridere per primo fissando l'altro negli occhi. Rischia di diventare così bravo.
Da essere triste per la vita intera.

you don't wanna hurt yourself, hurt yourself

mercoledì 4 marzo 2015

the decemberists | magazzini generali milano | 01.03.2015

Ho gli occhi in fiamme, ma basta dire che sono stanca. Ho pure un cuore che batte senza stare a tempo, ma penso siano le basi per un progetto di fuga dal mio corpo. Con tutto quello che gli ho fatto passare, poveretto, lo capisco pure. Che voglia starsene più tranquillo e lasciarsi indietro molte cose. Troppe cose e prima tra tutte me.
Non avere scelta - forse - è la migliore condizione possibile. Nessuna alternativa, nessun rimpianto, nessuna insoddisfazione, nessun dolore. Sarà per questo che è nell'attesa di quando non puoi più tornare indietro che si scatenano i pensieri migliori. Che tutto appare più chiaro sotto le lampadine colorate che illumineranno il mio sangue.
Siamo troppo fragili per fingerci eroi ma ci tocca combattere sempre - per ogni più piccola cosa. Come se i nostri pensieri non fossero sempre notturni. Come se un lupo fosse mai uscito indenne da una fiaba. Come se avesse senso avere un posto nel tuo cuore così che poi mi tocca pure vivere il terremoto quando batterà per un'altra.
Eppure c'è sempre da qualche parte qualcuno che ha già messo in musica quello che stai pensando.
Serve solo trovare uno che ti dica dove è già successo.
E così facendo, ti salvi.

giovedì 26 febbraio 2015

zerocalcare | dimentica il mio nome

Per noi roma è il mare. È una culla, un mostro e in ogni caso non la sappiamo abitare. Poi roma è un tratto, un segno nero. È l'acqua piatta in cui nuotano le ombre ma è pure una sera con un fumetto in mano. Capace che ti aiuta a tenere a distanza il silenzio, che ti spinge più in là il vuoto. E ti dà pure una casa a cui poter tornare.
Sì insomma, non è granché, ma qui è dove sto io. Per te che non mi fai esistere, questo è il mondo della fantasia. Delle malattie infettive, che sono febbre troppo alta oppure paura allo stato puro. È un mese di nulla ed il telefono che squilla come in vent'anni non ha squillato mai.
Mi dici poco - forse non sai neanche come farlo. E io faccio una fatica immensa ma sto lì, con le crepe nella corazza che si allungano e mi squarciano. Penso al letto in cui stai e penso a quello in cui starò io. Danzando con tutti i demoni dei giorni in cui ci siamo cercati senza riuscire a toccarci mai.
Tutto questo non l'ho imparato da te, ma l'ho imparato proprio per te. Amare ogni attimo. Amarti.
E da montagna o rovinosa frana.
Esistere.

l'incertezza. l'opacità. i coni d'ombra della tua vita e di quella di chi ami. 
sono tarli che rodono. scavano. aprono falle.

lunedì 16 febbraio 2015

...a toys orchestra | tambourine seregno | 14.02.2015

Io non ho conseguenze.
Il mio muovermi nel mondo. Le mie azione eclatanti. Non imprimono alcun effetto sulla realtà e sui dintorni.
Le mie parole scelte con cura hanno spazi di aria intorno. Nel vuoto che le separa non nascono cerchi concentrici. Le loro cadute restano senza comprensione, quasi non si fossero schiantate mai.
Sì, mi sono resa conto di questo. Che non ho conseguenze.
Forse perché la mia fame è altra.  O forse perché la mia fame è oltre, come dici tu. Passa sopra questa mondo senza eroi. Passa sopra il male che non ti ho mai fatto ma tu poi sei scappato lo stesso.
Non posso digerire perché non vivo in un universo di causa - effetto.
Perché passo in mezzo alle cose e le rendo non possibili.
Perché il mio cibo non è schiacciarti.
Il mio cibo è viverti.

sabato 7 febbraio 2015

le luci della centrale elettrica | firmamento tour | teatro foce lugano | 04.02.2015

Sì. Sono andata a vedere (ancora) le luci della centrale elettrica. Vestite a rock, che ce n'era bisogno. E adornate del pensiero di te.
Dovevo portarmi in qualche posto bello, sai. E quest'altra prima fila credo possa esserlo. Da qui guardo la musica. E da qui ti scrivo una frase che ho pensato solo per te. Chissà se ti arriva lo stesso ora che attorno è tutto ovatta e assenza di parole. Oppure mi si accoccola nella testa e lì finisce per restare insieme agli altri oggetti dimenticati sopra la luna.
Di tutto questo tempo, non te ne fai proprio niente. Ma poi è un po' come chiedermene ancora e sono di nuovo qui a cercare di distrarmi da te. Mentre qualcuno torna dall'estero e qualcun altro compra biglietti per andarci in quello esattamente opposto.
Forse basta dormire e i giorni passano. Io la smetto di guardare il silenzio e la mia solitudine si sfibra in fiocchi sottili che si adagiano sull'asfalto che farò rifare. Sai che lo farò. Perché la neve non basta.
Nessuno se ne preoccupa. Ma è un po' come ti ho detto.
Per rendere le cose belle. Proprio no.
La neve non basta.

martedì 3 febbraio 2015

afterhours | io so chi sono tour | teatro sociale di como | 01.02.2015

Ho commesso un solo errore. Ed è stato quello di provare a trattenerti per pochi frammenti di un minuto.
Me ne sono accorta subito, però. Ed è l'unica cosa che di cui mi pento. Per tutto il resto, non posso fare a meno di pensare: che bello.
Tu sei già via. Lo vedo bene.  Non sei neanche mai stato qui e non ci tornerai, anche se ti piacerebbe crederlo.  Ma me ne hai dato la possibilità, e io non ho potuto fare a meno di provarci.
Di afferrarti per un attimo.
Anche se lo so bene che non funziona così. Né con te, né in generale. Che tanto poi le cose capitano uguale. Se sono per noi.
Come essere in questo teatro in apnea dove si dispiegano due sole forze.
- potenza e purezza -
Dove apro le mie mani fredde contro suono e silenzio. E lascio il filo.
Ecco perché tremo, vibro, e fabbrico lacrime che salgono dalla pancia e poi scivolano via come un dono. Come questo dono inaspettato che mi ha portato qui, in questa sera di cui parlavamo da tempo. Contro tutti i miei tentativi di non esserci senza di te.
C'è sempre di mezzo un teatro nelle storie d'amore della mia vita. E lo realizzo solo ora.
Come era ieri ma è già un anno fa e tu mi hai aspettato prima di andartene. Nell'unico momento in cui forse ci sei stato veramente. Quello in cui avrei dovuto prendermi solo il tuo nome mentre correvi via. Visto che poi hai solo perfezionato il modo di farlo.
Forse ora le mie mani sarebbero più calde, ma poco importa. Non voglio passati o futuri più o meno prossimi a cui rendere conto.
Ti sto lasciando andare. Finalmente.
Tu fallo bene, però, che ci tengo.
Tu vola alto e vola lontano.
Poi da lì guardami perché se capisci cosa mi danno loro questa sera, forse capisci cosa avrei potuto darti io.
Per quello che mi resta, io da qui.
Ti voglio semplicemente bene.

sabato 31 gennaio 2015

nicolò carnesi | arci biko milano | 29.01.2015

I primi segni nella neve e i primi pensieri nella testa. Quelli che dormono furiosamente mentre fuori milano diventa pura e bianca per qualche ora. E noi qui proviamo discorsi seri nel rumore inutile che fanno le ragazzine ai concerti tipo questo.
Sono veramente convinta che vada bene così. Forse come i miei occhi senza lenti e la nuova espressione che queste due cose mettono sul mio viso. Che andrà tutto bene fino a quando non ci creeremo imbarazzi ed aspettative. Fino a quando mi sfiori leggermente e io continuo a saltellare ai concerti quasi fossi sempre da sola. Quasi fossi un bambino che torna a casa da scuola.
Le serate possono diventare pietre preziose da farsi scorrere sotto pelle. Le città europee dei confini tra un inizio e una fine. E i minuti insieme dei copioni assolutamente imprevedibili.
Abbiamo quantomeno un altro capitolo. Malgrado dicembre. E nonostante te.
Vediamo che ci capita.

martedì 27 gennaio 2015

maggi hambling | walls of water | national gallery london | 23.01.2015

È una stanza bianca e londra accoccolata in fondo allo stomaco.
Perché tornare qui fa venire fame. Fame. Di cibo di dischi di luoghi di discorsi e poi fai attenzione. Anche se non sembra non ne me vado davvero mai. Basta una foto e te lo sto dimostrando.
Sono bocche spalancate che mi guardano dalle onde. Mentre ti aspetto e ci vediamo da qualche parte molto presto. Con il mio zaino di parole che se non te le dico poi vanno da qualche parte a rosicchiarmi il petto. E io non posso più permettermi di perdere pezzi di organi interni: ne ho già dimenticati troppi sui comodini mentre scappavo da un mattino seguente.
Le cose mi sono abbastanza chiare e vivo tutto migliaia di volte nella mia testa. Come il montaggio di un film di cui sono produttore regista sceneggiatore attore colonna sonora e tutto il resto.
A pensarci bene è proprio come fai tu e quindi in pratica per questo giorno sono te.
O forse.
Sono solo un po' fatta di te.

sabato 17 gennaio 2015

steve mccurry | oltre lo sguardo | villa reale di monza | 17.01.2015

Le stazioni il sabato pomeriggio sono piene di adolescenti vestiti malissimo. Sopraffatti dalla loro mancanza di gusto ma convinti di essere alla moda. Un po' come le relazioni che mi riguardano. Capaci di rovinarsi di dosso il bello nel girotondo di poche ore pensate bene. Certe di riuscire a nascondersi dietro una pretesa assenza di legame che solo per il fatto che siamo qui, scusa, ma c'è qualcosa di intrinsecamente assurdo in quello che succede.
Se vuoi possiamo parlare di livelli di prossimità, e allora ok. Ma questo non toglie che anche nel poco io pretendo comunque una certa eleganza. L'ho sempre fatto e questa è la base della mia inadeguatezza al mondo - come è evidente ma oramai è così.
Per me che a una confidenza non può seguire un'assenza. E una notte di parole non può tramutarsi in silenzio, quasi non fossimo neppure stati vicini, io e te.
È fuori dal mio orizzonte mentale, riesci a capirlo?
Sono le leggi di questo mondo reale ed il suono attutito che fa la mia impotenza. Lo stringere dei polpastrelli attorno a questo singolo istante e tutta la fiducia che voglio dargli di potermi ancora sorprendere. Quasi che tu per la prima volta riuscissi davvero a regalarmi sconcerto.
A me che contro ogni evidenza.
Quando sento che una cosa potrebbe essere bella poi me ne sto lì ad aspettare che lo diventi per davvero.
Prima di schiantarmi nella non trasparenza.

mercoledì 7 gennaio 2015

afterhours | hai paura del buio? | il film

Sono corsa giù in città perché dovevo vederti. O, meglio, vedere l'effetto che mi faceva rivederti.
Vado senza protezioni e le provo tutte per ampliare questi minuti. Per buttarci dentro tutta la vita di cui sono capace. Anche se la vita poi mi lascia così. Disordinata.
Allora ti scrivo ti racconto e ti chiedo. Poi ti cancello ti sogno e il mattino dopo ti ritrovo in un messaggio che io non ci ho creduto mai ma tutti mi dicevano che l'avresti fatto. Ancora una volta. E mi dissolvo. In questi enormi spazi vuoti dove è meglio dirsi ogni singola verità che possiamo. Farci ancora del male, ok. Ma farcene meno di quando me ne sto al buio a giocare di non essere me. Di non essere così speciale come ognuno di voi ci tiene a precisare dopo avermi spinta via.
Ho suoni potenti e riprese che vanno oltre la paura. Ho ricordi con te che mi riscaldano la pancia da un punto profondissimo che sta dentro e che ti posso indicare con assoluta precisione. Ho provato in tutti i modi. Sono pure tornata a loro ma evidentemente non mi resta altro da fare.
Contro quello che mi è incomprensibile ma sono comunque io.
Li tengo.

sabato 3 gennaio 2015

henri cartier bresson | ara pacis roma | 02.01.2015

Potevo prendere freddo da qualsiasi parte e invece sono venuta qui.
Fingere che ormai è andata così e non è vero che ti penso ogni giorno - proprio no. Attaccarmi meno a quello che è stato e a come sei stato con me. Imparare a lasciarti andare che fare il meno possibile, ok, va bene. Possiamo anche perdonartelo. Ma la mancanza di stile, quella davvero no. Sei d'accordo?
E' strana questa cosa che io entro in un museo e poi all'uscita mi hanno tolto il mio piccolo mago  e ti sei aggiunto tu al ritorno a casa. Mentre io rallento la fuga dalle geometrie perfette e qui c'è in generale troppa gente che parla come te da non riconoscerti in nessuno.
La mia idea è già finita ma forse gioca a tuo favore.
Passami a prendere e ignora le tifoserie.
Perché ti concedo di portarmi via.
Ma non di portarmi via il mio silenzio.