giovedì 28 gennaio 2010

il pan del diavolo - sono all'osso

Le ricorrenze sono fatte per essere dimenticate. E io invece me le ricordo tutte. Dodici. Cinque. Quando ci sfamavamo a pollo e concerti. Mentre io ero troppo magra e non me lo diceva nessuno. Ero troppo magra e ora me lo dicevano tutti perché me lo dico io.
Il primo giorno di una nuova cura e respiro con la bocca perché non mi basta l'aria che entra dalle narici. E neanche quella che mi arriva dalle orecchie.
Oggi è tornato il sole nelle previsioni e la mia macchina si scopre non abbastanza bianca. Oggi è tornato il sole nella mia musica e si sente che queste sono voci che ce l'hanno addosso molto più di me o di chi ascoltavo ieri.
Non sopporto chi mi fissa e chi urla troppo nelle canzoni. Chi parla da solo quando parla con me e i ritmi ostentamente folk-popolari. Preferisco il rumore dei testi alle parole della musica. Qui invece ci sono frasi inutilizzabili che si intrecciano su ritmi e accordi che mi muovono a riflesso incondizionato.
Ok, mi sa che va a finire che questo cd mi piace così tanto solo per oggi.
Poco male: sarà un'altra ricorrenza inutile da ricordare.

sabato 23 gennaio 2010

black eyed dog - rhaianuledada (songs to sissy)

Secondo me lo so che posso dare un senso agli occhi che mi seguono quando passo. E anche a quelli che si abbassano, arrossendo, se mi avvicino, benché siano pagati per guardare estranei che hanno pagato per guardare.
Ne sono capace, certo, è solo che non ho voglia di farlo. Sono troppo impegnata a salvarmi dai discorsi inutili e a ripetere con la necessaria cordialità cose mille volte dette a persone mille volte diverse ma con la stessa disattenzione e le stesse domande nella testa.
Conosco risposte che devono essere date a me e non ad un bisogno altrui. E agende così disordinate e distratte da farmi sentire molto utile molto presto.
C'è un progetto da qualche parte che rimette certe persone nella mia vita così, quasi per caso. Lo stesso che mi sceglie le canzoni nell'ipod mentre mi circonda la bellezza immensamente vuota che assumono le cose quando si vestono di un silenzio e di una calma che non appartengono a loro. E penso alle fotografie in cui non avrei voluto apparire. Quelle che non mi hanno scattato. E le altre che non mi hanno nemmeno regalato.
Su questo disco c'è poco da dire e solo da ascoltare. Magari nel momento giusto, quando timbri profondi e pianoforti sull'orlo delle lacrime non sanno di stucchevole e non tirano fuori solo i tristi pensieri. In fondo non c'è bisogno di sapere troppo quando si trova una musica che sa riempire gli spazi. Quelli esterni, di una città sospesa in un'attesa muta e irreale. E quelli interni, di uno stomaco che non vedrà il pranzo dimenticato sul tavolo di casa e neanche il calore delle persone che hanno smarrito il loro utilizzo di me.
Poi, per fortuna, ci sono altri amici che ci ritrovano al momento giusto. E ci aspettano sempre nelle loro nuove case che intanto diventano vecchie.
Quindi ti prego: vediamoci stasera. Non dirmi di no all'ultimo anche se io l'ho fatto. Ho un cantante della 'tua' Varese da farti sentire. Un ragazzo con quella voce proprio come piace a me. Mandami un messaggio e incontriamoci dove vuoi tu. Invitami ancora da te e dammi le chiavi della tua casa.
E poi, già che sei qui, dimmi se esiste un modo per imparare a dire che si vuol bene a chi non ci ha mai insegnato a dirlo...

sabato 16 gennaio 2010

vasco brondi - cosa racconteremo di questi cazzo di anni zero

E tu mi dici che sono contenti di te. E te lo fanno capire ad insulti e disprezzo. Questo te lo ricordi? Con le nostre memorie che hanno un difetto di fabbricazione congenito perché non è possibile che dimentichiamo sempre le cose brutte. Notti di conversazioni troppo contorte e restano solo muri di parole su finestre di uno schermo. Impareremo mai a difenderci? O a smetterla di perdonare?
La frutta che ho portato è più brava a riempirmi la punta delle dita di arancione che lo stomaco di energia. Ho fame di reazioni in questa mattinata che ho sbagliato a puntare la sveglia ma poi al lavoro ci sono arrivata in anticipo lo stesso. Perché ho perso una voce ma a richiamarmi al mondo ci pensa una compagnia telefonica che mi rinnova una promozione di cui non ho più bisogno.
Allora avanti, cercando il mio ritmo in una raccolta di canzoni. La parola che suona in quel momento nel sacchetto di una passante. Stupirsi come un mimo senza fiore da estrarre. Solo scale reali da salire e un libro di cornici sbreccate. Con talmente tante colonne sonore che si possono sentire anche se lo si legge in silenzio.
C'è qualcuno che conosci che ha trasformato degli edifici in quadrati bianchi e neri. E ce li fanno vedere in un posto che conosco ma non ricordo dov'è. Facciamo che mi tengo questi quadri di carta. Polverosi, sporchi, graffiati e sanguinanti. Neorealismi di una sottospecie di una nuova generazione che mi fanno meglio e mi tengono lontana da te.
Un pittore vicino a scadenza mi dice: Se potessi esprimerlo con le parole non ci sarebbe nessuna ragione di dipingerlo. Poi c'è un ragazzo che quello che bisogna tirare fuori riesce a dirlo con le sue frasi spezzate e incongruenti, così profondamente personali da diventare pubbliche. E poi le se anche suonare. E soprattutto urlare.
C'è un suo frammento di vita catturato da una persona che non conosce. Io non la conosco più ma abbiamo perso i conti delle multe da pagare per i nostri divieti di fermata e di sosta nelle reciproche teste.
Mi fischiano le orecchie. Per la musica troppo alta non per altro motivo. In ogni caso, mi fa male la mente - puoi spegnere le luci per favore?

mercoledì 13 gennaio 2010

the decemberists - picaresque

Sto imparando a credere in una storia.
Una fiaba atipica, senza orchi né principesse, un solo personaggio e niente 'vissero tutti felici e contenti'. Una storia che mi raccontano e ci si racconta. Qualcuno ne è già convinto: quando lo sarò anche io, ci saremo persi del tutto.
E chissà se l'avremo fatto per una realtà o una finzione: ho smesso di pensarci e la domanda la lascio sospesa che ci perdo solo tempo a chiedermelo da sola.
Intanto aspetto l'epilogo, e per farlo - come solito - ho bisogno della banda sonora adatta. Ecco la scena: treno sussultante che corre tra due lavori; sorriso a punta di labbra che mi faccio spuntare nascondendo un pensiero con un altro; nastro di immagini grigie che si rincorrono alla mia destra e il pollice che preme con insofferenza un piccolo pulsante alla ricerca di quella canzone che ancora non so di voler ascoltare. Rapidi, clicchettanti salti in avanti e mi imbatto nelle 11 storie che mi vengono narrate da una musica epica, cavalcante e insieme melensa e da una voce che si trascina tenendo il tempo. In questa atmosfera fumosa, che suona da locanda sperduta ad elevati tassi di birra in circolo, ritrovo le avventure di spasimanti, eroi e futuri regnanti. Viaggi decennali, tragici amori e tessuti preziosi. Lacrime che scorrono da occhi scintillanti e vite intere che escono da una canzone.
Non mi importa se non c'è una morale e non me ne faccio niente del lieto fine: mi piacerebbe solo poter continuare a sognare il mio copione da film per questi attimi che rimangono. Poi chiuderò le valigie e sbatterò tutto fuori dalle mie notti.
A quel punto apparirà la parola 'fine'. E io andrò a cercarmi un altro cantastorie che mi tenga compagnia con il suo racconto.


PS: Tutto il senso di questa giornata nell'immagine del vecchio signore con in mano il mio libro - della biblioteca - riflessa in un vetro ed intrappolata tra un mondo di periferie nel buio e la luce giallo sporca di un neon che ha viaggiato troppo.
Te l'avrei raccontata, lo sai? Insieme alle sue parole.
E, secondo me, ti sarebbe pure piaciuta...

domenica 3 gennaio 2010

tom waits - rain dogs

Ci sono delle cose che nascono per non essere apprezzate subito, se non da pochi eletti.
Io non sono forse mai stata in quel gruppo e ci ho messo anni per capire questo cd. Un lento viaggio al contrario, partendo da chi suona pensando a chi ha pensato a lui e così via, sempre più su, risalendo passo passo fino a qui.
Ora ce l'ho appiccicata addosso questa musica sporca e la sua voce ruvida come la ruggine: mi ha accompagnata in un passaggio che non ho sentito e, vi prego: aiutatemi a trovare un valido motivo per smettere di schiacciare play ogni volta che il lettore finisce di leggerne le 19 canzoni!
Come in tutte le cose: è questione di volontà.
Appunto: non è mica facile.
Di fronte ad una musica come questa ci si sente solo molto piccoli. Perché lei è lì, immutabile e perfetta da 25 anni, mentre a me basta esitare un secondo di troppo per mettere tutto in discussione e ritornare quasi daccapo. Che fregatura!
Allora concedetemi di aggrapparmi a questa certezza, in una giornata di confusione e di incanto davanti ad una fotografia che ho scattato distratta ad una città che amo solo lì. Oggi che ci pensano un sole abbagliante e un vento pungente a giustificare le lacrime dai miei occhi. E l'entrata finale di un sax insieme alla tremenda bellezza di sentirsi uguale a qualcuno di reale, capace di scrivere quello che tu hai solo paura di pensare a voce alta.
Almeno questo non c'ho messo troppo tempo a capirlo.
Così ri-prendo delle scelte e ringrazio chi, senza neanche doverci riflettere, mi ha messa al primo posto.
Anche se non leggerai, questo post è tutto per te.

(scritto ieri)