mercoledì 7 dicembre 2011

noah gundersen | family

Questa musica è l'inverno in una nuova cittadina.
E' ogni singola luce che cerca il suo spazio vitale nella nebbia.
E' la confusione bianca che hai in testa e la voglia di nulla.
E' il ghiaccio che arriva da dentro e tremucchiano tutte le cellule ma il corpo resta immobile.
E' la nuvola che fa il mio respiro.
Ed il calore degli occhi quando si chiudono.
Mentre mi stringi e mi chiedi se credo ai giganti.
E io non lo so. E io in realtà non ci ho mai pensato.
Ma so di credere all'esistenza degli enormi pensieri neri che ci schiacciano nella notte. Credere a quanto vorrei abbattere qualcosa ti troppo grande con una fionda e qualcosa di infinitamente piccolo. Credere in ogni singolo istante da quando ho deciso per me e sono rotolata fino a qui. Credere che non c'è bisogno di altro. A quell'unica giusta canzone ed a tutto il resto che poi non ha neanche più importanza dire.
Per tutti gli anniversari che sono un anno una vita un istante - puoi dirlo solo da quanto ci sei cresciuto dentro. Per tutte le feste, inventate e reali, che poi alla fine si tratta soltanto di un altro giorno da creare. E da riempire.
Con il silenzio immobile che fanno oggi le cose quando le guardo.
Quando mi guardano.

mercoledì 9 novembre 2011

the zen circus | nati per subire

Grazie per avermelo chiesto nel momento esatto in cui stava accadendo. Che risponderti "sì" è stato tutto il mio aggrapparsi a quella parola per rendermene conto davvero.
E' tutto finito.
E novembre ci riversa addosso il suo animo triste.
E' tutto finito.
E come diceva qualcuno, se c'era da vincere forse questa volta vinceremo.
Ora non restano che i nostri occhi avidi di silenzio. Le nostre orecchie gravide di stanchezza. E le parole inesistenti di una canzone che parte e vorrei ascoltarla insieme a tutti voi. Che parte ed è finito tutto. Ed abbiamo fatto bene.
Non ci abbracciamo. Quasi non ci guardiamo. Ma ci tiriamo addosso i sorrisi e le lettere dei messaggi mandati in piena notte. Poi finiamo comunque ad attaccare i prezzi sui prodotti seducenti dei centri commerciali. Nonostante tutti i soldi spesi in libri cinema viaggi teatri e concerti che ci sono serviti per essere noi. Nonostante non siamo altro che noi.
Una mattina dopo l'altra per ricordarci che cosa ci stiamo a fare. Doccia colazione parole sbadigli pensieri. Poi basta un messaggio e ci dimentichiamo tutto standoci completamente dentro. Sognando marmotte ammaestrate e suicidi impossibili fino a risvegliarci in un urlo.
Ho perso troppi treni correndo intorno. Ma adoro i bus dei pendolari quando assomigliano a quelli della gita delle superiori. Che mi sembra di andare chissà dove e invece sto semplicemente tornando a casa.
Che mi sembra semplicemente di tornare a casa e invece sto andando in un posto fantastico.
Avvolgimi di silenzio.
Che è tutto quello di cui ho bisogno.

lunedì 24 ottobre 2011

gabriele picco - cosa ti cade dagli occhi

Le lacrime sono universi in caduta libera sulle guance.
Sono suicidi non volontari di volti emozioni nomi ricordi oggetti situazioni. Mondi umidi incastrati in piccole bolle salate destinate a schiantarsi in basso. Od evaporare silenziose su dita, labbra e stoffe.
Che a vederla così mi prendo il mio momento da dio iperattivo. In attesa di lettere senza indirizzo per capire se esisto davvero. Venerato, pregato ed interpellato ma comunque incapace di usare il suo effimero potere per annegare pesci fintamente dorati, capaci di mille stratagemmi pur di continuare a risalire la corrente.
Penso che dovrei fregarmene. Canticchiare canzoni nella testa e spostare i pensieri come rami di alberi per farmi spazio. Smettere di appendermi alle cose aggiungendo peso al peso. E aprire le braccia.
Poi guardarti.
In mezzo a quella che è tutta la mia vita.
E spesso non me ne sono neanche resa conto.

lunedì 3 ottobre 2011

ghost ghost - no clothes on ragged island

Soprano e tenore di sottofondo. E sopra questo cd che sembra impossibile da acquistare. Ma molto facile da scaricare. Paradossi di un mondo impalpabile a cui non riesco ad arrendermi. Incastri di una vita soffusa che invece urla più attenzioni del possibile.
Che è un po' l'apparenza del non lasciare ascoltare per farsi sentire molto più forte. E avanzare. Passo dopo passo. Distratta attentissima e veloce nelle mie scarpe senza tacco. Tra ragazze dai vestiti freschi e splendenti. Oltre ragazze che amano fotografarsi e spargere le loro immagini nel vento. Protagoniste inconsapevoli di esistenze a cui non apparterranno mai ma di cui sanno come modificarne i destini.
Con il tempo ho imparato a pensare. E ad odiare.
Classificando i silenzi.
Quelli traboccanti di ricchezza, per tutto quello che le parole non riusciranno mai ad esprimere. Altri sinonimo di solitudine, mascherati da frasi veloci, spinte avanti da eccessiva euforia mentre i tuoi occhi cercano i fantasmi che girano attorno. Infine i silenzi pesanti delle parole che non si riescono a dire. Quando tendo l'orecchio ed ogni non suono sono difese che tornano.
Che sarà anche poesia e io non capirò un cazzo. Ma se qualcuno ti dona il prezioso segreto della sua musica per raccontarti. Questo è ben diverso dal cucirsi addosso note e parole nate con altri scopi. Con altri destinatari. Con altre intenzioni e destinazioni.
Perché è sempre un rischio mostrarsi nudi, hai ragione. Ma può anche essere una liberazione. Della mia ignoranza. Della mia opinione. Della mia sensazione. Dei miei evidenti difetti.
Che non è vero che non capisco. Al massimo capisco a modo mio.
Che è come sento io.
Che non è vero che non me ne accorgo. Osservo sempre tutto con la massima attenzione, se ne vale la pena. E deglutisco.
Perché possiamo sempre dare il meglio. Ma il meglio di noi. Non di qualcun altro.
E seguirci nel vento nella tempesta nel terremoto.
Dei nostri respiri delle nostre parole dei nostri battiti.
Ma ho una domanda ed inseguo una risposta.
Mi dici dove mi hai lasciata in quel momento?

venerdì 2 settembre 2011

wye oak - civilian

C'è un sole che non puoi farci niente e te lo tieni a bruciarti forte da dentro. Al di là dei suoi segni sulla tua pelle. Che se ne andranno inesorabilmente con l'accumularsi delle docce. E dei giorni spesi in un posto talmente chiuso che l'aria resta fuori e tutti ti chiedono quando andrai a raggiungerla.
Mi sono persa nella luce abbagliante che ci ha arroventato i pensieri bruciato i piedi e fatto tuffare nel nostro stesso sudore. E che ora mi entra da tutte le parti mentre guardo le infinite sfumature del buio di questa stanza ed è come se fossi sommersa da una tempesta di colori.
Un sogno di vita concreta che possiamo trovarci tutti gli errori del mondo ma poi non è mica colpa mia se in questa notte prendo ossigeno da questa musica qua.
E rotolo veloce e sbatto contro le rocce e premi forte contro quello che mi fa male ma non sento niente. Perché sono oltre il momento e la situazione. Che tutto fa parte del progetto di abbandono e costruzione e io sto guardando là. Dove salti davanti alla faccia del sole e mi bruciano gli occhi.
Mi sciolgo su questo tappeto e risalgo nelle pareti. Dove resterò a deformare coi miei sorrisi labbra imprigionate in immagini che non avremo scelto noi. Dove trasuderò le mie lacrime e tutti penseranno ad un errore di fabbricazione intervenendo per eliminare la mia storia.
Resto qua ma sei solo tu a decidere se andare.
Con l'orecchio sulla ninna nanna del ritmo sincopato del tuo cuore.
Che chi se ne frega dei vicini. Sentano pure le nostre voci e la nostra musica. Che tanto a misurare la pesantezza di ogni tuo singolo respiro posso pensarci solo io.

venerdì 8 luglio 2011

cloud control - bliss release | post interrotto #2

(post interrotto del 08.07.2011)
Poi ho pensato che probabilmente ho rivestito la musica di troppa importanza. Che sarebbe in grado di condividere le mie emozioni, per esempio. O di trascinarmene fuori con ritmi completamente diversi da quelli della mia testa o del mio cuore.
Ma se morissi ora, lei continuerebbe ed uscire dalle mie cuffie. Senza essere minimamente infastidita dal mio nuovo stato di non presenza.
E ho pensato come è strano. Che non basta chiudere gli occhi per smettere di piangere. E come ho perso la capacità che avevo da bambina di farlo fino ad addormentarmi. Poi chissà se le lacrime si fermavano davvero o continuavano a scorrermi sulle guance senza che io lo sapessi. Ma forse l'importante era solo quello - non saperlo.
Per le dosi massicce di musica leggera sempre a portata di tasca. Confetti da lasciar sciogliere sulla lingua fino ad assimilare il divertimento di ragazzi troppo giovani sopra un palco troppo grande.
E sentire l'attesa scorrere nelle vene.
Che di lenti baci e splendide carezza abbiamo impregnato le nostre ultime ore.
Di parole importanti e futuri senza fine.
E allora perché non mi basta?
[...]

the head and the heart - self-title | post interrotto #1

(post interrotto del 01.07.2011)
Caldo irrespirabile. I pori si dilatano e ne fuoriesce tutta l'acqua che abbiamo dentro. Insieme al nostro potenziale standard di produttività.
Così ci trasciniamo da una riunione all'altra. A parlare di sogni che sembrano impossibili anche a noi che li vediamo crescere nella nostra testa. Imbottiti di caffè, gelato e musica. Gli occhi brillanti che non so perché ma mi viene da piangere.
Forse perché non mi piace trascinarmi. Forse perché a volte mi piace semplicemente rattristarmi. Ed incantarmi a guardare il mondo scorrere.
Per cogliere quell'attimo lì in cui le persone sanno essere profondamente poetiche solo perché non se ne rendono neanche conto. E le canzoni così delicate perché ti fanno da materasso soffice in momenti come questo.
[...]

venerdì 24 giugno 2011

fleetwood mac - rumors

Mi hanno donato l'alchimia di stili lontani.
Che picchiettano sottopelle come a tendersi per toccare i raggi del sole che sono tornati a premere dall'altra parte. In mezzo uno strato di me che oggi non sa che cosa sia l'estate. Al di là di tutto quello che possano dire previsioni o pareti adornate da calendari.
Mi hanno donato questa musica e penso ad un piatto di pasta. Fatto apposta per me quando mangiare era l'ultimo dei miei pensieri - sempre che sia mai stato uno dei primi da qualche parte nella mia vita.
Una sera e una casa che sono quei momenti in cui basta un clic nella testa e tutto cambia colore. Solo perché ti sei spostata di un centimetro e per un attimo sei riuscita a voltarti ed a guardarti in tutto quello che sei e non ti riconosci più. Mentre il mondo di fuori vede sempre una ragazza seduta su una sedia. E qui sta la differenza tra te e tutto il resto.
Forse semplicemente un'altra voce da aggiungere all'elenco delle cose che sai solo tu.
Forse semplicemente quella cosa che poi ci siamo scivolati incontro io e te e ora siamo qui. Al di là dell'averlo effettivamente capito.
Mi chiedo se a piangere così forte poi il corpo non senta più il bisogno di sudare o di pisciare. Ma semplicemente quello di tornare a respirare.
Con le parole nel vicolo cieco in cui le formiche sono pronte a mangiarle piano.
E l'ossigeno di una canzone leggera. E la vetrina di fronte che restituisce il riflesso di una me negli abiti di una foto di mia madre quando ancora non ero nata.
Nel giorno in cui un bambino riesce a regalarmi una lacrima in cui sta tutta la sua più pura richiesta. Per poi vivermi sulla lingua l'emozione intensa e la sua scia umida sulla guancia.
E tutto il piacere di saperla ancora provare.

martedì 31 maggio 2011

arctic monkeys - suck it and see

Mente. Bianca.
Chiamo a raccolta parole e pensieri ma sembra che qui non ne sia rimasto più nessuno. Qui.
Come se tutto si fosse perso in una nebbia di latte. Vischiosa. Appiccicata addosso. Rallenta qualsiasi movimento ed ingoia lo sguardo in un piatto candore.
Che l'unica soluzione sarebbe arrendersi e restare fermi. Abbagliati.
E basta una copertina così per capire che sul concetto del vuoto pieno intorno ci siamo.
Ci siamo.
Perché non ho bisogno di musica impegnata. Ma di qualcosa che spieghi il mio prossimo passo. Con le gambe spinte avanti da un ritmo accattivante e senza pretese perché ce l'avevano detto che questo sarebbe stato un album pop. E forse siamo stati solo noi a dare un'accezione negativa al tutto.
Mentre le orecchie attendono un ritornello leggero e i governi non cadono ma il vento si tinge di arancione. E coi nostri sospiri forse questa volta ce la facciamo.
A tenerci su i corpi scossi dalla tosse. A giocare a scacchi con cubi di polistirolo per creare un mondo impossibile. E in sottofondo il suono del mio cervello che sbatte contro se stesso perché qualcuno gli dica di smetterla, per favore. E in sottofondo le voci e le presenze nere degli altri che ora spengo tutto e quando finisce il giorno torno a casa da noi.
E quando finisce il mondo voglio solamente essere con te.

venerdì 29 aprile 2011

okkervil river - i am very far

Non riesco a capire i miei sogni.
Gli incubi, dai quali cerchi di svegliarmi con un abbraccio che poi era solo nella mia testa e puoi dirmi che va tutto bene.
Ma anche tutti gli altri personali film notturni. In cui le persone ci entrano e mi parlano di cose che nella realtà non mi dicono mai. Che un po' le riassaporo con assurda malinconia al mattino. Guardandole rotolare in bagliori di luce chiara lungo i pendii della valle in cui il rock 'n roll è morto.
O almeno così dicono.
E ode agli okkervil river. Che sono tornati e non puoi confonderti.
Avvolgendoti di certezza nella calde braccia della musica che non so se l'hanno inventata loro ma poi l'hanno copiata in tanti e puntualmente mi ci ritrovo dentro. E me la ritrovo dentro.
Punto di stabilità necessario in un giorno di sospensione tra un prima e un dopo immaginario. Che sto su strade che non percorrerò più come prima. E penso ai nuovi punti di riferimento quotidiani che dovrò trovare. E l'ho già fatto così tante volte che poi è come non averlo fatto mai.
Verso una vita che sembra tanto uguale a quella di prima e forse è per questo che non ci pensiamo troppo.
Verso una vita talmente nuova da destabilizzare i nostri prevedibili universi e forse è per questo che non ne parliamo mai.
Che forse hai ragione tu e se siamo qui e lo stiamo facendo, possiamo continuare a dialogare di cose che non sappiamo dire attraverso parole pratiche ed efficaci. Tra liste infinite ed indicazioni logistiche che alla fine non ci fermiamo mai.
Mentre manca così poco e ti sembra che non abbiamo abbastanza per farlo davvero. Mentre manca così poco e mi sembra tutto così reale per crederci davvero.
Domani è il nostro giorno e in quella casa c'è tutto quello che ci basta per svegliarci e stare bene ogni mattina.
Che io porto lo stereo e oggi ho comprato un nuovo cd e la bottiglia di vino è rimasta nel frigo.
Poi ci siamo noi due.
Facci caso.

mercoledì 6 aprile 2011

le prince miiaou - fill the blank with your own emptiness

Voglio vivere in una casa col bagno molto piccolo.
Perché un po' tutta lo è.
Giocare con il sole che scende e saltare insieme al pavimento per vedere quanto resiste – se resiste.
Cercando di capire fino a dove arriva la pazienza dei vicini.
Che non ci basterà traslocare di notte e capiranno ben presto di che cosa abbiamo bisogno per vivere. Per viverci.
Come far partire questo cd e ascoltarlo tutto, dall’inizio alla fine.
E poi ancora. E ancora.
Per prolungarsi nell’estensione di un suono. E specchiarsi in una ragazza che non sono io ma quanto vorrei avere questa voce per cantarti di eroi e leggende. E farlo talmente forte da sovrastare il richiamo incantatore delle sirene nere. E non ritrovarmi un'altra volta a chiedere il senso della loro ammaliante presenza. Come il passato che a volte chiama da una terra straniera perché sa che non puoi fare a meno di rispondere. Mentre noi per una volta dovremmo semplicemente essere pronti al meglio. Poi essere sempre pronti al meglio di noi.
Le cose banali di ogni giorno sono diventate le preoccupazioni dei nostri discorsi. Oggi che abbiamo ordinato i nostri composti sogni in pratiche liste di facile consultazione. Per dare ai progetti la solida instabilità di una base da cui iniziare, sopra l’antica oscillazione delle piastrelle che accarezzano i nostri piedi nudi. Perennemente ancorati ad una musica allo stato solido che riempie gli spazi di argentata malinconia. Mentre etichettiamo con ‘nostro’ quello che non ci appartiene e ce ne freghiamo dei consigli degli altri.
Perché saremo sempre soli contro tutti.
Per sempre soli contro noi stessi.

mercoledì 16 marzo 2011

jhonny cash - the best of [columbia]

Esiste un mondo mobile e vibrante.
Dove sfumano i confini tra dentro e fuori e dove le sensazioni che traspirano dalla pelle ritornano indietro in ventate di musica che tolgono il respiro.
E’ un mondo talmente piccolo che mi ci sono persa.
E’ un mondo talmente grande che mi ci sono trovata a casa.
Ma non sono qui per parlare di questo. Non ora. Perché oggi sembra essere una giornata in cui sbaglio le parole.
E i miei occhi vogliono smetterla di discuterne.
E i miei occhi vogliono smetterla e basta.
Per poi raggiungere lo stato di assenza di pensieri che porta l’estremo rumore. Dove ci sono così tante sensazioni che l’unico modo in cui puoi fare è stare ferma e sentirle arrivare tutte – una ad una – nel bianco abbagliante.
Perché io e te – lo sai – siamo nate in ritardo di qualche decennio. Mentre avremmo dovuto conoscerci nel tempo delle canzoni che ci mandiamo in allegato. E ballare in quell’america che ci rapisce nei libri che si riconoscono dalla copertina e ci fanno chiedere come sia possibile sentircela così vicina.
Mi contatti con le infinite possibilità che ci hanno messo a disposizione per fraintenderci meglio. E io penso solo a quanto mi manca stare insieme. La spensieratezza semplice per le cose, senza girotondi di suoni storpiati in cui si perde la memoria per le parole. Mentre il mondo ride forte e noi stiamo ancora ad arrovellarci sopra le giornate ma poi alla fine hanno sempre ragione gli altri.
Non c’è niente da fare, cara mia, noi siamo qui. Nei prati gialli di note assolate e nelle storie d’amore di musica country tra uomini rudi dalla voce profonda e ragazze vestite di una primavera che si sta scordando di arrivare.
Poi ci sorprenderà il caldo e il nostro stare vicini non sarà altro che l’aderire completo di corpi sudati. Torneranno il sale il sole ed i discorsi sempre uguali che cerchiamo inutilmente di evitare. Il nostro vivere distratto e lo studio antropologico della gente circostante. Per poi giungere alla solita conclusione che i luca a noi proprio non sono mai piaciuti. E sentirci sempre altro. E sentirci sempre lontano. E riconoscerci sempre in noi.
E’ il secondo post che ti dedico e tu neanche lo sai.
Nella gioia malinconica di queste canzoni che è il nostro modo di affrontare il mondo.
Hai mai pensato che forse siamo così indietro da essere avanti? Che questa realtà non può essere per sempre e noi viviamo negli anedotti di un futuro che poi non saremo lì per raccontarcelo?
Siamo supereroi difettosi contro il vento. Con l'assurda missione di sconfiggere il maltempo. In fondo chi l’ha detto che questa musica qui non possa andare bene per un giorno di pioggia?

giovedì 24 febbraio 2011

chapel club - palace

Ci sono due parole che galleggiano nell'aria.
La prima volta che le ho pronunciate mi è stato rinfacciato di usare termini troppo grandi per me. Ma forse non erano loro ad avere la dimensione sbagliata.
L'ultima - e seconda - che le ho sussurrate, mi sono sembrate così liberatorie da bruciarmi gli occhi. E insieme così fragili ed inutili di fronte all'enormità del messaggio che avrebbero dovuto trasmettere a chi le ascoltava.
Sole ed indifese nell'eterna guerra civile tra quello che ero (od ero convinta di essere) e quello che ancora non ho ben capito di poter diventare.
Ci vogliono canzoni dal ritmo serrato per non sentire i passi di chi credevemo invincibile che rallentano. Ci vuole comunque una melodia da seguire per non perdersi in questo labirinto ordinato che sono diventate le nostre vite. Per uscire dal rischio di restare intrappolati nei perenni viali di incertezza dove tutto si dice e tutto si ritratta. Perché forse non sono mai stata io il vero destinatario del messaggio. O ad un certo punto ho semplicemente smesso di volerlo essere e devo solo rinunciare e seguirti.
Così ti parlo da un millimetro di distanza. Riducendo al minimo possibile lo spazio di galleggiamento.
Che se il mio regalo per te era un lago di lacrime, prendi il tuo costume migliore che ci nuotiamo dentro. E ce ne andiamo lontani.
Che se siamo diventati noi quelli cresciuti insieme agli artisti che andiamo a sentire.
Nella doppia imperfezione di noi e dei primi dischi.
Forse è tempo di farlo.

lunedì 14 febbraio 2011

hey rosetta! - seeds

Sono ritornati gli hey rosetta! e avvisatene il mondo - per favore.
Un po' sempre loro. Un po' sempre acusticamente incazzati. Un po' sempre di quel paese lì che poi in italia per un concerto non ci passano davvero mai.
Qualcuno mi parlerebbe di 'aggressività con eleganza'. Ma qui per una volta non c'è nessuno a cui fare del male. Neanche se stessi. Si tratta piuttosto di fare come in quella canzone che scivola negli ansimi, fino a quando non si scoppia a ridere insieme. E così è ancora più divertente.
Questione di condivisione, ok. Ma anche di contaminazione.
Che prenderti tu i miei germi e raccogliere io le tue spore è forse la più grande dimostrazione che potremmo farci. Per noi che vogliamo la coreografia del rosso sangue e non quella dei palloncini a forma di cuore e delle tovaglie porpora che addobbano i locali in cui poi non ci restiamo mai.
E se i miei occhi sono lucidi non potrò mai dare la colpa alla congiuntivite. Così che poi anche tu ti ritrovi con la maglia umida come la mia. E mentre piango fuori piove. E se qualcuno non si sbaglia mai, resta comunque soltanto il calore dei nostri corpi per farci asciugare tutto addosso.
Mi dirai che ci incanteremo a guardare il vapore che faranno lacrime e sudore quando se ne vanno. E non ne capiremo neanche più la differenza.
Ti dirò che non voglio perdermi la metamorfosi delle nostre mani in solide radici leggere. Per questo continuo a guardarle.
Anche al buio.
Anche quando sono in posti in cui non posso vederle.
Continuando ad aspettare di tenerci su insieme.
Quando invece lo stiamo già facendo.

lunedì 31 gennaio 2011

verdena - wow

Le strade sono piene di persone così splendidamente fuori luogo che se solo ne fossi capace ci sarebbe da scriverne per ognuna un libro intero.
Personaggi inconsapevoli di mille storie possibili, te li trovi davanti come apparizioni fugaci. Come attori capitati nella scenografia sbagliata in un teatro gremito. Che chissà perché nessuno si chiede mai se non sia invece capitato l'esatto contrario e siano loro quelli che sono venuti a vedere questa sera.
Sto parlando del ragazzo che in una mattina di inverno cammina veloce di fianco alla statale con solo la camicia svolazzante e un vecchio zaino a fargli da peso sulle spalle. Per non volare via nella sua leggera fretta.
E sto parlando anche della signora impellicciata che aspetta orgogliosa nel traffico dei pendolari. Centinaia di estranei al minuto che la sfiorano e la ignorano. Fino a quando non arriverà un volto conosciuto a portarla via. E quella faccia lì cambierà completamente la percezione del suo mondo.
Ci serve la fantasia di creare storie inverosimili per andare avanti. E anche l'attenzione per cucire addosso agli altri un senso che per economia riconduciamo sempre al nostro. E la pazienza di ascoltarlo e riascoltarlo, fino ad arrivare a sentire tutta la realtà della finzione. Che è ben altra cosa dalla falsità in cui qui tutti vorrebbero tenerci.
Per questo mi piace viaggiare nei racconti brevi che danno vita a questa doppia collezione che non è altro che un percorso solo. E - ti dirò - neanche troppo lungo.
Perché in ogni episodio c'è tutto il tempo preso per capire e restituire quella cosa lì. Anche quando le parole non le ascolti più perché lo stavi facendo ma poi ti ritrovi a seguire solo la musica. Un modo per scoprire che stanno dicendo esattamente la stessa situazione. La stessa emozione. E insieme - come dici tu - lo fanno semplicemente al meglio.
Questo cd è la sola cosa che mi hai visto pagare di tutte quelle che ti dico di dover acquistare. E forse non è vero che la musica orginale suona meglio. Ma io ci credo. Per questo serve un modo degno per accoglierla, in tutti i significati che può avere questa frase.
E sicuramente non mi protegge i piedi dalla pioggia e lo stomaco dai morsi della fame. Ma poi è un po' come quando sto con te che non me ne accorgo neanche e sono così stanca che ballerei.
Che un po' è come quando mi hai regalato quei due biglietti e non so se ero più contenta del concerto in sé o del fatto che mancava ancora un mese e mezzo prima di andarci.
Per tutti i nostri personali sorrisi in spiaggia.
Sei senza limiti, se sai di vincere
Se sai di vincere...