domenica 22 agosto 2010

the zen circus - rock & rodes 20.08 - piateda

Forse i piccoli miracoli, per accadere, hanno bisogno di posti inverosimili. Musei estemporanei di splendori senza importanza. Da salvaguardare dentro, a fondo. Nel luogo in cui rimangono e vibrano più forte.
Come gli amplificatori puntati addosso, che tremano le valli e i vestiti. E tutto batte insieme al cuore, o al posto suo. Con lo stomaco che si scuote e la mia pelle abbronzata che non la tocchi tu ma ci pensa questa musica senza freddo a farla fremere.
Una tradizione da rispettare con o senza di te. Due anni dopo e sono ancora qui. Insieme a questi tre tipi toscani che ridono del loro esserci ancora. E altri occhi mi guardano, altri nasi, altre bocche. I nostri denti dentro cui stanno tutti i fallimenti e che, all'occorrenza, sappiamo stringere forte, fino a spaccarcene due o tre. Gli stessi denti che si scoprono in un sorriso involontario davanti alla nostra medicina preferita. Niente controindicazioni, solo tanti effetti collaterali. Soddisfatti o rimborsati. Tanto qui è tutto gratis. E questa è un'altra magia.
Così vaffanculo: scordiamoci in cosa siamo uguali questa sera.
E che festa sia, ma di quelle vere
.
Qualcuno ci ha detto che Milano non è la verità. E infatti lo vedi quanto siamo contenti, coi decibel che rimbalzano tra i monti e i nostri corpi e nessuno che ci imponga di abbassarli, anche se la mezzanotte ce la siamo lasciata alle spalle da un pezzo.
Sono brava ad andarmene, così nessuno deve prendersi il disturbo di mandarmi via. Sono io a cercare, così tolgo la fatica di provare a rintracciarmi. Non opporre resistenza è la nostra strategia di lotta fino allo stremo. Non importa se continuiamo a pensarci e non è mai passato nulla. L'utilità la troviamo noi. E ce la caveremo bene, te lo prometto.
Tempo al tempo, senza crescere: è un'abilità che lasciamo agli altri. Per essere felici e basta. E non comunque o nonostante.
Perché oggi è una bella giornata.
E il sole è tutto per noi.

martedì 17 agosto 2010

philippe besson - e le altre sere verrai?

Prendi un quadro ed inventati una storia. Regala un passato ed un futuro ai personaggi. Dagli la vita che vuoi tu. Anche la più banale. Magari quella che stai vivendo. Ma fallo con una delicatezza rara che rende tutto universale. In cui ogni dolore si mischia a quello degli altri e scivola leggero sulle pagine, davanti alle quali si tace perché le lacrime scendono assai meglio nel silenzio. Quello che hai tu, e che hai lei per colmarlo. Quello che ho io, e che per riempirlo ho tutta me stessa. Adesso qualcuno mi spieghi chi è tra i due quello davvero più bravo a stare da solo.
Hai scoperto che si può giocare col cibo senza arrotolare la mollica in morbide palline di pane. E sarà anche vero che quando si dice ti amo a qualcuno in realtà gli si sta soltando chiedendo di essere amati. Io però mi sa che mi sarei accontentata semplicemente di essere ascoltata.
Per dare risposte bisogna quantomeno immaginare che le domande possano, un giorno, essere poste. Ed averci poi voglia di rispondere, smettendo di ingannare se stessi ed evitando le frasi vuote e banali per scappare dai vincoli.
Non lo sai che se ti ritrovi veramente libero, poi perdi la guida e nessuno ti protegge più? Non riesci a capire da dove viene il pericolo - da nessuna parte e dappertutto - e va a finire che non hai più qualcosa o qualcuno di cui fidarti.
La nostra età non ce la dà l'anagrafe, ma la nostra bellezza e la voglia del nuovo insieme. Così resto me e guardo i giorni passare, pensando che se le vite non si ricominciano ma si portano avanti, forse le persone non si perdono, probabilmente cambiano.
Così come siamo bravi noi a cambiarci i ricordi.
Una vacanza che ci si chiede se è ancora estate. Una macchina diversa ma la nostra stessa strada e i nostri immancabili dischi.
Con la consapevolezza che ci siamo noi e le nostre notti in cui possiamo veramente iniziare a vestirci di porpora.

venerdì 6 agosto 2010

rocco pappaleo - basilicata coast to coast

Cosa che se potessi farlo, ti chiamerei, ora. Per dirti solo questa roba senza importanza, probabilmente. Che sono poi le piccole cose pesanti quelle che devastano con la loro assenza. Le stesse, altre, impercettibili esplosioni che ti fanno la vita di ogni giorno.
Mi incammino un centinaio di minuti in questo anacronismo e tutto l'assurdo acquista un senso. Pure questa giornata di inverno estivo che batte sulla faccia e si arrampica dai lembi di pelle che non sono riuscita a coprire.
Una pizza gira ticchettando alle mie spalle e compare un sud ardente e sincero, dove i contadini la sera guardano la propria moglie e non la televisione, dove il perché delle cose che si fanno ce lo si chiede solo dopo e la gente se ne sta in silenzio per una ragione vera e non solamente per non sentire le risposte degli altri. Amicizia, imprevisti, progetti, discussioni, vino, paesaggi disabitati, mare, amore, risate. E musica. Insomma, quelle cose lì, che fanno parte della vita ma che poi devi uscirci un attimo per vederle davvero e provare a capirci qualcosa.
Un film così a me dà speranza che ci possa essere ancora qualcosa di buono in tutto questo. Che non si debba sempre arrivare al limite e sperare che non saremo davvero così fessi da ricascarci di nuovo.
Omettere di far del bene è l'educazione che usiamo per farci del male. Solo che poi gli effetti sono ancora più strazianti.
Le persone passano e ti lasciano addosso degli strani ricordi in forma di abitudini ormai completamente inutili.
Chissà se ce la faccio davvero a trovarmi un po' nelle splendide foto di qualcuno che non ho mai conosciuto...