mercoledì 26 dicembre 2012

mogwai | les revenants ep

Nelle foto di te che mi hanno mandato, stai dormendo.
La tua semplicità di chiudere il mondo là fuori. Di esaltarti per un giocattolo. Di ballare su una musica scema. Di addolcire lo sguardo per un solo gesto.
Tutto.
Ho lasciato che avvenisse. Senza opporre resistenza - come mi hai sempre detto. Perché per sopravvivere basta solo fare cose diverse negli stessi giorni. Forse non pensarci troppo su.
E continuare un poco così.
Senza sonno.
Come le cose che tornano dal passato ed avvolgono di nero le mie notti. Come le musiche che sono un'atmosfera e le lingue in cui si attorcigliano i ricordi. Riconsegnati in eleganti carte di festa - mi raccomando - che così vuole l'occasione.
Lì dove stavi seduto tu è rimasto il tuo calore evanescente. Che vorrei sapere cosa ti è scattato quando mi hai guardato negli occhi e hai deciso che lo potevi fare. Di non andartene, dico.
Io e te non combineremo mai nulla ma gennaio sta arrivando e siamo ancora tutti salvi.
Non serve a niente sommergerci.
Ci verranno a cercare.

mercoledì 12 dicembre 2012

christian larson | film #14 | sigur ros - the valtari mistery film experiment

Ora, forse mi sbaglio io, ma credo che non funzioni proprio così.
Che non si possa vivere tutto questo per poi ripiombarsi addosso come se niente fosse. Senza preavviso, senza reti di sostegno, senza senso in una giornata di inverno.
Penso che non sia giusto. Ecco.
Penso solo questo: che non sia giusto.
Perché quando si è in fuga si può portare con sé solo qualcosa che non ha peso. La musica, per esempio. O la propria solitudine.
Che poi forse sono la stessa cosa fino a quando non ne incontri un'altra con cui incastrarti. Con cui sincronizzarti danzando sulle tue stesse note. Con cui rompere il silenzio di questo tempo.
Siamo andati nel posto dove le tende si riempiono di lucine natalizie. Dove la gente ha la testa grossa e le fiabe sono calamite da attaccare alla propria vita. Sperando che poi restino su, tra l'altro.
Siamo andati fino a lì, dicevo. Ma per vederlo bastava restare qui. Spegnere la luce e guardarsi dentro.
Un giorno non troppo lontano. Qualche tempo fa.
E torni così.

domenica 9 dicembre 2012

tomas saraceno | on space time foam | hangar bicocca

Ho visto i fiori sbocciare sugli specchi. Ed ho visto le stelline impazzire frenetiche sopra la mia testa.
Ho visto le guide alpine emozionarsi per una struttura galleggiante. Ed ho visto nei loro occhi l'immagine delle montagne bianche che hanno comunque sempre dentro. Come un secondo sguardo che ti passa oltre e illumina il viso.
Quella roba pulita precipitata dal cielo ci ha purificato dai pensieri dei grandi. E ora facciamo cose senza vergogna, ridendo con gli sconosciuti come ci hanno insegnato a non fare più. E ora ci arrampichiamo sulle bolle di sapone, ridendo con noi stessi come avevamo imparato a non fare più.
Così ho comprato una penna a sfera per scrivere a fondo su un foglio i miei pensieri. Per vedere le parole immergersi nel solco.
E dall'altra parte sentire l'amore con le dita.
Toccare la vita in rilievo.
Non ce lo aspettavamo, ma anche questa volta è finita come la luce che porti dentro il tuo nome. Perché basta rinchiuderci in una scatola quadrata per capire come siamo tutti collegati. Il problema è solo avere la voglia di entrarci nello stesso momento, uscendo da noi.
La lezione di questi giorni è che non basta esserci: dobbiamo iniziare a sperimentare il mondo solo nelle sensazioni dell'altro.
Per vivere l'innocenza di ogni singolo istante.
Ed avere gli occhi che brillano.
Per le nostre montagne fluttuanti.

sabato 24 novembre 2012

eva mon amour | senza niente addosso

Viaggiare.
Andare verso nord fino a quando la pelle diventa fredda. Andare verso nord fino a quando la pelle ritorna bianca.
Le cicatrici sulle facce degli altri raccontano storie che impazzisco ad inventare.
Le cicatrici sul cuore degli altri si congelano e forse prima o poi a toccarle non faranno neanche così tanto male.
Saltellando ad alta quota ora ho solo la musica a dirmi che va tutto bene. Come nel giorno prima di ieri. Quando hanno dovuto togliermi tutti i muscoli per impedirmi di camminare. Ma poi alla fine - credo di avertelo detto - io sono partita lo stesso.
La mattina in cui siamo andati ad acchiappare il vento scivolavamo su questo autunno precipitato a terra. Ma in quel momento - pulito e dorato dentro - ho pensato che i beati siamo proprio noi.
Noi, con i nostri bicchieri di mosaico e le tazze ancora chiuse dentro gli scatoloni. Noi, che abbiamo sperimentato la solitudine che lascia i solchi nella pelle. Noi, con le nostre parole rimaste incastrate nella lingua, dove si decompongono in lacrime impotenti.
Così mi sono tolta il giorno di dosso. E mi sono innamorata di una storia che non posso più raccontare.
Ti ho detto che non è questione di perdere, questione di vincere, ma solo di guardarci ancora e sempre fissi negli occhi.
E lì, adorarci.
Quindi stringiti un nastro attorno al polso e ripetitelo ogni secondo nella mente.
Perché ci credo davvero.

amarti per un po' non è stato amarti niente
amarti per un po' è stato come amarti sempre
senza fiato, senza dubbio, sempre senza
senza mai niente addosso  

domenica 4 novembre 2012

eva mon amour | lo specchio e l'aspirina

Ho preso così tanto vento che ho solo voglia di ridere. Ho preso così tanto tempo che ho solo voglia di vivere.
Mi porto la pioggia addosso ed ho gli occhi accecati da piccole gocce fluorescenti. Cerco di non pensare, per non perdermi le parole magiche.
E cerco di non cascare, per non avere un livido vero su cui piangere.
Non ce l'abbiamo fatta ma non eravamo noi che dovevamo farlo. E allora brindiamo dentro i vasetti di marmellata scaduti e continuiamo a dichiararci amore tra i nostri dolci privi di zucchero. Come prima regola, leggere le previsioni di conciliazione dei nostri sogni. Come seconda: non smettere mai di fissarci negli occhi, perché quello che saremo dipende solo da dove posiamo il nostro sguardo.
E basta così.
Abbiamo storie di altre vite strette sulla pelle e proviamo con l'acqua a scrivere il nostro capitolo privato. Affascinandoci di ipotesi improbabili e non chiedendo mai agli altri come stanno, ma soltanto quello che sentono. Perché quella sarà sempre la cosa giusta in mezzo a tutto questo clamore.
Siamo eserciti in cerca di salvezza nella tua tasca. Le nostre armi: asciugacapelli rotti che usiamo per alimentare le braci o sbrinare i frigoriferi, al ritmo delle nostre imprevedibili stagioni interne.
Siamo eserciti che non hanno neanche potuto combattere. Senza corazza senza missione senza identità da preservare. Senza rabbia.
Siamo flussi di emozioni.
E l'unica cosa che sappiamo fare è scorrere.

ti chiederò domani | perché hai la faccia stanca
e perché quello che hai è tutto quello che ti manca
ti chiederò domani | e la chiamerò conquista
perché quello che sei | non è quello che ti basta
tu vuoi che sia tutto così irraggiungibile
tu vuoi che sia tutto così inafferrabile

martedì 23 ottobre 2012

bill viola | reflections | villa panza

Voglio un mondo al rallentatore.
Dove ogni singolo gesto è pieno ed esasperato. E dove l'acqua scorre in minuscole goccioline che ti avvolgono e separano i sensi.
In questo mondo non puoi far finta di non capire l'intensità di due mani che si sfiorano e poi si aggrappano. Qui muori un attimo, ma puoi anche decidere di tornare indietro. Oppure hai fatto l'esatto contrario: sta a te decidere. Tanto il risultato è lo stesso e resteremo per sempre tu con i capelli asciutti ed io con la pelle commossa.
Dormo in apnea e nessuno può disturbare il mio sonno. In questa atmosfera anestetica che dentro ho solo il colore di novembre. Gli specchi mi passano attraverso. Sono così trasparente che i loro occhi non riescono ad afferrarmi in questo continuo gioco di sguardi e di schermi.
Eppure abbiamo le dita spoglie, le guance arrossate e gli occhi luccicanti che rendono più belli i nostri visi.
Noi non prendiamo scelte, perché non è questo quello che ci interessa.
Noi semplicemente ci buttiamo dentro.
In quest'arte che riflette la nostra immagine e noi ci riflettiamo sopra. Affascinante gioco di parole.
Per quanto ancora riusciremo a nasconderci?

domenica 14 ottobre 2012

bat for lashes | the haunted man

La sensazione di essere a casa che possono sentire le mani - quando scorrono lievi su una superficie che riconoscono. Labirinti ritrovati e gelo che scivola dalle punte. Che se non l'hai mai provata non sai dirla. Che se l'hai provata non servono i maglioni di lana presi dagli scatoloni umidi. Non ora.
Per capire tutto questo abbiamo solo bisogno di meno certezze. Poi daremo ai nostri figli i nomi dei lupi che si aggrappano di notte agli alberi facendoli crollare. Facendoci crollare.
Mentre tutti mi regalano fiammelle per trovarmi una luce ma io devo stare attenta. E devo stare sdraiata perché dentro sono fatta d'acqua. Tutto quanto - organi muscoli sangue tessuti - si è sciolto in lacrime salate. E se mi alzo mi diluvia fuori dagli occhi.
Cascate senza strategie.
Ti colo addosso.

mercoledì 3 ottobre 2012

anywhere | anywhere

Facciamo che nel conteggio finale ci mettiamo anche tutto il male che mi hai fatto, ci stai? Facciamo che troviamo un prezzo per ogni cosa e poi vediamo se vale di più il tavolino o la crepa che ho qui, in mezzo al petto. Vediamo se è più prezioso il telefono con la mela morsa o i messaggi che ci sono intrappolati dentro, ai quali ho sempre creduto. Che dici, lo facciamo?
Perché qui le lavatrici notturne staccano lo sporco dalle dita. Ma i cuori finiranno per morire giovani soffocati dal fango. E non basteranno le mie mattine umide od i miei sogni inconcludenti. E non basteranno le parole lanciate contro il muro di una città da riprendere. Proprio no.
C'è qualcosa che mi bussa da dentro la tua pancia. Mentre io prendevo pillole colorate che mi hanno resa impermeabile. E mi fa cadere le lacrime come i capelli. Le lacrime ed i capelli.
Quelle cose brillanti nel cielo sono le lanterne che non abbiamo mai lanciato ma i desideri si schiantano al suolo lo stesso. La forza di gravità è il peso dell'animo, confuso per profondità. Mentre io rivoglio tutta la sensibilità di un raggio di sole e le emozioni che non sono dramma. Di copioni ne ho abbastanza.
Rivoglio la forza del sorriso nelle foto dimenticate.
E per tutte le tue prove di abilità che non ho superato.
Chiudo gli occhi per controllare che sono ancora qui.

venerdì 21 settembre 2012

afterhours | carroponte | 18.09.12

Tornata. Ancora. Ancora una volta.
Anche se mi sfido a trovare qualcuno tra quelli che mi conoscono davvero che non lo sapeva già dove sarei andata a finire oggi.
Qui. Sotto.
Che ho una trilogia da concludere per capirne davvero il senso una volta arrivata in fondo.
Terzo atto, quindi. Rigorosamente in nero, per favore, che è molto meglio così. Con la migliore formazione schierata che cantiamo, certo che cantiamo. Siamo qui e non aspettiamo altro.
La giornata è splendida, al di là delle nuvole. E' iniziata splendida - dentro la mia porta. E' continuata splendida - provando a socchiudere un poco la tua.
Così per finire mi aspetto solo splendore. E in questo caso so bene dove venire a cercarlo. Direi.
Ma c'è sorpresa anche nelle migliori certezze e qui si vola.
Si vola alto. Con perenni adolescenti che è quasi come se chiedessero timidamente permesso.
E ancora più su. Nei menestrelli neri che mi cantano addosso le nuove forme dell'amore, quando si lascia scrivere.
Me li ritrovo entrambi davanti e non ho dovuto neanche preparami a pensarci come sarebbe stato.
E' stato.
E sto.
Bene.
Che ti guardo e ci sei tu che mi sorridi. Come prima di tutto il resto. Ora che tutto il resto è finito e la cosa più difficile è forse girarmi e lasciarti lì nella tua immobilità.
I-pensieri-neri e i non-mi-va-bene di allora che sono i-pensieri-neri e i non-mi-va-bene di ora.
Mi hanno spiegato che pensare è un verbo sopravvalutato qui all'ovest. Ci lega a tempi passati e futuri su cui possiamo fare ben poco, se non rifugiarcici dentro per darci l'alibi di non agire.
La vita vera è tutta nella presenza nel momento, qualunque cosa ci stia capitando. Ciò che resta sono solo pretese di realtà diverse in cui intrappoliamo l'esistente per renderlo come vogliamo noi.
Esiste solo questo momento, quindi. Ho imparato.
E in questo momento sono qui.
Sotto.

non puoi scordare dove | son state le tue labbra
sai già come sarà | ma non sai più chi sei
la testa è così piena | non riesci più a pensare
che anche senza te | si possa ancora respirare
quello che hai appena fatto | ti ha fatto stare meglio
chi uccide poi non vuol morire
uccidi ma non vuoi morire

mercoledì 19 settembre 2012

the killers | battle born

Vi voglio raccontare una cosa.
Nella casa in cui abito ci sono sette appartamenti e tre gatti (particolare nient'affatto secondario). In questi sette appartamenti vivono persone molto diverse e molto particolari e vi spiego perché. C'è chi ti fa appoggiare sul tuo scheletro e chi rincorre alianti caduti. C'è chi toglie l'energia negativa dal vino e chi fa un lavoro che non ti basta un viaggio in macchina per indovinarlo. C'è chi passa tre province al giorno pur di non andarsene e chi adora prendersi pugni nello stomaco per capire meglio chi è.
Tutti questi personaggi si incrociano, si sfiorano, vengono, vanno, ascoltano musica a volume troppo alto oppure la suonano e nessuno li sente, invitano altre persone, salgono, scendono e - chi più chi meno - coccolano e sfamano i suddetti tre gatti.
Punto di riferimento per ognuno di loro è l'abitante più anziano della casa - che tutti cercano di evitare e di cui tutti si preoccupano, vero e proprio collegamento e momento di scambio non voluto di informazioni tra tutti loro.
Insomma: più o meno è così che va la vita di tutti i giorni nella casa in cui abito.
Ma - come ben si sa - poi la vita non è mica uguale tutti i giorni. Per esempio, ci capitano dentro anche delle cose brutte, che la interrompono per un po'. Ma ci capita anche dentro che da quello spazio vuoto lì che lasciano le cose brutte poi nasca qualche cosa. Ed è così che una sera tutti gli inquilini si trovano nello stesso posto nello stesso momento. Per scoprire quanto sono stupendamente simili nella loro diversità. O stupendamente diversi nella loro similitudine, che forse rende meglio l'idea.
Giusto per capirci, è uno di quei momenti in cui puoi mandarmi un messaggio per dirmi solamente che la vita è meravigliosa. E io in quell'istante lì ci credo. Perché inconsciamente lo stavo pensando già.
È uno di quei momenti in cui le porte sono tutte aperte e puoi venire da me a concludere la serata tra tisana e musica. E dirmi che faccio le cose che faresti tu. E stare insieme sul divano con la testa leggera.
E pensare che siete sempre stati lì, così vicini.
E pensare che siete lì.

mercoledì 5 settembre 2012

sigur ros | a perfect day festival | 02.09.12

Il fango è sempre quello.
Quello che c'era lì.
Pantaloni un po' più larghi e scarpe sporche in cerca di una pozzanghera dove saltare.
Distacco sospensione poi giù.
Acqua.
Contro le nostre cerate gialle splendenti che ci proteggono da una pioggia che non arriverà mai.
Sole.
Piccole e lucide attorno a questi suoni perfetti. Silenzi che sono come musica - o l'esatto contrario. Vibranti contro i nostri stanchi equilibri.
La prima cosa che ti ho chiesto è stata di portarmi qui.
La seconda cosa che ti ho chiesto è stata di portarmi qui.
Oggi.
C'è qualcosa di buffo nei biglietti presi mesi prima, perché non puoi mai dire cosa accadrà nel frattempo.
C'è qualcosa di buffo nei posti in cui andavi sempre, perché non sai mai quando e come potrai tornarci.
Io e tutte le altre me.
Noi.
Raccontami di come mi hai conosciuta e tienimi sospesa in una voce che è vento.
Non permettere al pensiero di arrivare al mio stare. Aiuta solo a distogliere gli occhi da dove bruciano veramente.
Tempo.
Che è trasparenza sollievo intensità pace neve bianco e fango.
Allora continua nella mia mano che c'è una sola cosa da fare.
hoppipolla...

venerdì 31 agosto 2012

the xx | coexist

Piangere a dirotto è un'emozione fortissima e totalizzante.
Arriva da dentro.
Dolore allo stato puro.
Pervade ogni spazio inumidisce il mondo si aggrappa al respiro straripa dagli occhi inarrestabile.
Senza esaurirsi mai.
Non esistono soluzioni o argini, solo un abbandono completo.
Tanto prima o poi smette, si sa. Sono le cause quelle con cui bisogna fare i conti più a lungo.
Sarò folle ma a me piangere così sembra una cosa bellissima. È essere senza filtri freni a mano maschere alibi paure vergogna muri pensieri falsità. Solo se stessi in preda a quel sentire.
Meraviglia.
Un po' come amare a dirotto.
Che vallo a spiegare com'è il minimalismo di un suono - un sentimento - che nella sua essenzialità è esplosione di massima potenza.
È come guardare la struttura matematica delle emozioni, è la solitudine immensa dell'amore puro.

martedì 21 agosto 2012

afterhours | festa radio onda d'urto | 20.08.12

Ho capito di avere un grande difetto.
Credo nelle cose.
Credo nelle storie d'amore e nella potenza dei sentimenti, quando sono chiamati a fare il loro dovere. Credo a te, quando mi dici che sono sempre splendida e le mie lacrime si trasformano in sudore. E credo al potere di questi sei demoni vestiti di musica di darmi tutto quello di cui ho bisogno ora, adesso.
Credo.
Poi qualche volta ci azzecco anche. Per fortuna.
Dandomi l'alibi per continuare a credere di nuovo. E siamo sempre daccapo. E sono sempre io.
Io che mi serve un altro concerto per capire fino in fondo questo nuovo album. Fatto di terre perfette che poi bisogna anche saperle abitare. Dove si costruisce per distruggere e si cambia per restare allo stesso posto. Incollati ad un sogno che si trasforma in ossessione e non diventiamo più noi.
Oggi ci riconosciamo nell'oscurità ma non siamo poi così pazzi anche se ci viviamo in questo modo e chissà da dove la tiriamo fuori l'energia di questa sera, esattamente. Perché non sono sicura che venga tutta da loro ma io credevo di averla esaurita già da un bel po'.
Saliamo in macchina e culliamoci nelle parole.
Stiamo tornando da noi.

l'inferno è vivere da re | cercando solo prove intorno a te | che quel che hai fatto è giusto | quando realizzerai | che il potere della tua gioventù | e quel che hai fatto era un'assurdità | che non potrai cambiare più | che non puoi cancellare più | 
allora l'onestà emergerà | come un tatuaggio in faccia | niente brucerà di più | 
e oggi ho avuto un dono | io so chi sono

domenica 5 agosto 2012

diana evans | 26 a

Crescere e cercare di trovarsi nel mondo.
Crescere e lasciarsi alle spalle un'infanzia in cui basta del tempo su poltrone dal vago sentore di fragola per decidere i destini delle vite che si hanno intorno.
Crescere in due provando a ricordare di essere uno. Provando a salvaguardare l'altro dai colori che possono avere le giornate e dalle urla intrappolate che vi sono dentro. Perché solo così puoi ancora salvare te stesso. Aggrappandoti a questa metà ingenua ed al sole che splende nei suoi occhi.
Crescere ed ascoltare i sogni. Dove ci sono i viaggi migliori e le parti più lucenti di un passato che per un istante torna ad essere splendente.
Semplicemente crescere. Farcela e non farcela. Lottare ed accettare. Cambiare e restare se stessi.
Andare avanti.
Nel mio ultimo sonno c'era un lupo che voleva aggredirmi. Lo stesso che poi mi ha fatto scappare via e sono vuota dentro. A passare le dita sulle costole intorpidite del mio corpo. Alle quali ti aggrappi tu e mi tira da dentro la tua mancanza.
Quando sono tornata in quella casa non ce l'ho fatta ad entrare perché c'eravano noi due che danzavamo dentro. Con i nostri difetti le nostre paure ed i nostri gesti più semplici.
Non volevo disturbarci.
Ora sono qui e mi accarezzo.
Perché sei in me.

lunedì 30 luglio 2012

the xx | xx

I giorni semplicemente iniziano male. Su autobus troppo caldi e troppo affollati. Lo fanno pure con una certa noncuranza, così che l'unica reazione che ti viene è quella di accoglierli e stare lì. Senza opporre troppa resistenza.
Le vite altrettanto facilmente si incasinano. Smarrite dentro storie che non si sa bene che cosa ci si faccia lì dentro e dove si stia andando. Però si va.
Perché si può tradire anche in pensieri parole ed emozioni. Senza star troppo a scomodare le opere, visto che possono sempre tornare utili come alibi finale.
Perché sono stati loro a dirci che il fuoco ha una sua intrinseca bellezza, direttamente proporzionale alla sua pericolosità. Però alla fine mi sembra di essere la sola a bruciarmi senza neanche aver acceso un cerino. Senza neanche aver passato le dita veloci sopra la fiamma delle candele - come facevo da piccola e non ho mai smesso di fare - fino a vederle diventare nere.
Disperdere le energie è molto più facile che investire tutto in qualcosa che potrebbe fallire. Ma è il primo modo perché questo avvenga davvero.
Ci sono momenti in cui bisogna esserci solo per se stessi e per quello che si vuole veramente. Il problema è capirlo davvero.
E ci penso questa mattina. Ci penso in questo superstite di mezzo pubblico in piena estate a cui ci aggrappiamo tutti ben stretti. Ci penso nel dondolio di questa musica sottile eppure densa. Come la mattina in cui ti svegli e io ti aspetto qui.
Un giorno trovo tutto quello che c'è di te in un cd che neanche conosci. Un giorno mi giro e me ne vado. Un giorno mi porti con te in aeroporto per vedere quanto è più importante sapersi staccare da terra in modo virtuale che andare fisicamente molto lontano.
Un giorno mi dai un bacio e io non posso fare a meno di piangere.
Un giorno poi gliela darò pure vinta a quelli che - come questo - iniziano male.
Un giorno.

mercoledì 11 luglio 2012

afterhours | forest summer fest | 04.07.12

Che bisogna arrivare fino a qui per essere in prima fila.
Prendersi tutta l'idea del viaggio. Programmi pioggia soldi musica benzina verso la distanza che intanto siamo sempre più vicini.
Con te. Accanto a te.
E vederli finalmente insieme.
Persi nei rispettivi pensieri che ci riguardano a vicenda e ce li fanno vivere nel nostro personalissimo intenso modo.
E forse è per questo che - nel bene e nel male - li trovo sempre bellissimi.
Lì. Statici e cattivi.
E io qui. A buttare contro il palco la mia voce che poi si scontra con quella che esce dalle casse e diventa tutto potentissimo. Dentro.
Nell'attesa non riesco a stare ferma. Vibrante come la bambina che mi hai fatto ricordare tu essere ancora. Nella musica non riesco a non cercarti. Affascinata da quanto sappiano portarmi via queste parole. Ed allo stesso tempo lasciarmi ancorata a te.
Ho perso il conto ma ogni volta è un'esperienza nuova. Aria fresca che non è solo il vento che sembra seguire i battiti. Acqua che lava via l'eccesso e resto fino all'ultimo. Fino a quando non si devono coprire gli strumenti per rendere tutto questo possibile, da un'altra parte.
Dove stai tu.
Dove tornerò io.
E poi di nuovo verso casa. Dando alle stesse parole nuovi significati.
Sporchi e puri. Come mi hai insegnato tu.
Per aiutarmi a vedere quello che c'è di pulito.
E ora che risplendo dentro. Non chiudere gli occhi.
Io mi lascio abbagliare.

"il mondo esplode intorno a te / ma il giorno crolla dentro di te.
ti maledici perché sei diverso / ma non puoi sceglier cosa sei
e ti appartiene anche se ti fa male / tu lo sai che lo rivuoi"

lunedì 25 giugno 2012

jonsi | go

Oggi voglio essere quella ragazza in vacanza.
Leggera. Dentro ad un vestito troppo corto che l'importante è avere le gambe abbronzate e tutto il resto allora qui non conta.
Oggi non ci sono.
Oggi il caldo è mio amico e mi tiene in uno stato di torpore vigile. Mentre il futuro prossimo si mischia con gli anni passati. E le parole sono un intreccio di lingue, vere e non reali: tanto basta la potenza del suono che fanno.
Oggi mi fa male respirare. Tutto è lento e appiccicoso.
Il mondo si trasforma in un altro senso e lo guardo così forte che mi si inumidiscono gli occhi.
Oggi vedo la pancia che ti ha tradita. Gli occhi che si abbassano e ti portano lontano. Le dita che creano parole sconosciute. La bocca che questa volta non mi darà la risposta che voglio.
Oggi siamo già dall'altra parte, anche se fingiamo ancora di valutare quanto è profondo lì sotto.
Oggi ci ricoscono per strada e non riuscirai ad entrare dalla mia porta. 
Perché questo è il giorno in cui l'etereo diventa pop.
E se ti stringo abbastanza forte nel buio poteggo le tue ali fucsia.
Che domani mi servono per portarmi di nuovo via.

mercoledì 2 maggio 2012

afterhours | padania

Ha un che di confortante lasciar scivolare una lacrima sulla nuova musica degli afterhours. Conforto tra le braccia calde di un amico di cui credevi non aver più bisogno e che ha sempre aspettato il tuo ritorno. Dolce dondolio di musica arrabbiata e parole così perfette fatte di lama che taglia dentro. Cristalli di questa pioggia incessante che ci rovina le giornate. E ci tiene vicini in un altro primo maggio insieme. Qui.
Il sonno a volte è un nemico contro cui lotta il tuo corpo. In spasmi improvvisi che sono ancora alla realtà contro gli incubi che abitano le tue notti. Contro gli incubi che mi soffocano e tu mi svegli con un respiro.
Succede che i concerti ti prendano allo stomaco. Succede che li aspetti per poter urlare. Succede che vorresti semplicemente esserci e condividerli.
Succede anche che potresti solo essere sempre lontano da qui. Ma poi devi capire qual è la vita. Quella che - bene o male - siamo riusciti ad esistere fino a qui.
Bisogna solo imparare a crederci. E sceglierla.
Per non lasciarmi qui.
Non farlo.

ha ancora senso battersi contro un demone | quando la dittatura è dentro di te?
lotti, tradisci, uccidi per ciò che meriti | fino a che non ricordi più che cos'è

martedì 20 marzo 2012

zen circus | bloom mezzago | 16.03.12

Post in ritardo del 17.03.12 - regionale veloce Milano - Bologna

Prima di partire ho preso un sassolino dal giardino. Lo stesso che mancano solo le rose ed è l'incanto di un anno fa.
Un anno. Fa.
L'ho preso perché volevo vederla la consistenza fisica del peso che ho adagiato sul cuore. L'ho preso perché poi magari capita che lo butti via, se giunge il momento buono.
Oppure capita che te lo dimentichi nella tasca. Così che un giorno torna a chiedere il conto, ingrassato dal continuo nutrirsi di briciole e monetine che si perdono dei ripostigli più strani dei vestiti.
Ora lo avvolgo e lo proteggo nella nebbia di una lunga notte di corto sonno. Perché oggi si viaggia ma ieri il circo zen sbarcava non troppo lontano da qui. E non ci si lascia sfuggire l'antidoto perfetto - anche se ad azione limitata. Lo scacciapensieri formato live.
Quindi si torna a godersi il semplice stare lì. Ed il sentirsi ogni secondo più leggeri. Si fanno uscire parole troppe volte cantate e si muove il corpo senza farci troppo caso.
Lo sguardo fisso a loro tre. Sfacciati a ruota libera. Come se il risentimento giustificato permettesse di crogiolarcisi dentro e sentirsene orgogliosi. Che a ben pensarci ha un che di affascinante. Ma che poco consola.
Sono qui che corro contro il sole mentre - non decido io per te - tu cerchi ripari per i giorni di pioggia.
In tutto questo c'è qualcosa che mi sfugge. Ma corro contro il sole.
In tutto questo c'è qualcosa che è come un'ombra che si distende.
Ma corro contro il sole.
Con gli occhi aperti.
Perché si può diventare ciechi anche per troppa luce.

martedì 24 gennaio 2012

mogwai | fuzz club 21.01.12 | atene

Ho pensato che vorrei delle rughe che mi facciano splendere sempre. Come quelle delle vecchie signore che ogni tanto si ha la fortuna di incontrare per strada. Che si vede da come luccicano gli occhi che loro la loro vita la stanno ancora vivendo per davvero.
Come quel sorriso mal nascosto che cambia il volto di mio padre mentre mi avvicino. Quando è lì che mi aspetta ed è passata una vita, tre mesi o anche solo due giorni. Ma lui non me lo dirà mai che gli sono mancata.
Poi ho anche pensato che quelle linee non me le regala mica nessuno e tocca a me disegnarmele. Per arrivare a dondolare leggera sulla musica più intensa. Per non continuare a sprecare energie lavandomi via il trucco con gli occhi. E che posso tracciarle solo con quelle piccole cose lì. Che altro non sono se non l'attenzione degli sguardi che oggi sono tutti concentrati su di me. Contro il tempo la lontananza e l'aria chiusa che mi portano fuori a respirare. Fissati addosso o fissati su uno schermo. Ma in ogni caso impressi sulla pelle.
Ho pensato che è come un campo di battaglia. Che attorno a me cadono tutti e io rimango in piedi nonostante il parere delle gambe. Come è già stato, in fondo. Perché serve sempre un valido motivo per stare in piedi. Ed il motivo è tutto quello che ho.
Ed è come qualcuno che ti prenda e ti dica.
Che non è vero che sei perso.
Sei solamente qui.