domenica 28 dicembre 2014

gabriele salvatores | il ragazzo invisibile

Come hai rovinato tutto tu. Insomma: penso che ce l'avrebbero fatta in pochi. Per quanto brucia il fuoco e per quanto sono impermeabili i nostri Natali. Basta impegnarsi - nel bene e nel male - e tutto può riuscire.
Anche questa giornata che è di quelle in cui ci possono capitare dentro le cose meno prevedibili. Arrivare alla cima, quando non era nei programmi delle gambe né tantomeno delle braccia. E poi finire al cinema io e te - soli - per prendermi tutta la tua presenza di fianco.
Sei. Come i gatti indecisi sulla soglia che poi quasi ci abbandonano una mattina di dicembre. Sono. Come la forza di rompere qualcosa e il timore di non risponderti mai più.
Ho preso un biglietto per la città aperta. Il tuo alibi preferito e i miei occhi esattamente come lei. Lì dove ci sono gli incendi e dove si cambia per scontrarsi col presente.
Non so neanche cosa sia stato. Ma è stato del mio tempo.
Che spreco.

venerdì 19 dicembre 2014

have the moskovik | une simple théorie des glaces en terrasse

Io potrei amarti.
Ma non ci riesco.
Potrei abbracciarti forte e dirti che va tutto bene nonostante questo dolore lancinante. Ma non riesco a fare neppure questo.
Sei sorgente di lacrime e medicine. Sei alla finestra e vedi passare furgoncini rossi dai contorni fluttuanti. Perché lo hai capito che non sei forte. Ma poi lo sei sempre abbastanza per fare tutto questo. E sarà così - anche se adesso hai troppo terrore negli occhi appannati e non mi senti nemmeno. Sarà che questi giorni passeranno per il semplice fatto che dovrai farcela. Sarà che ci abbiamo creduto ancora per una volta e ancora per una volta abbiamo fatto male. Mi hai fatto male.
Forse mi sono sbagliata: le risposte non devi darle a me, ma solo a te stesso.
Forse sei semplicemente una persona molto peggiore di quello che potresti essere.
Forse ho semplicemente cambiato idea.
Ma io mi fermo e aspetto.
Aspetto che te ne vai.
E aspetto che poi da qui.
Sarà.

giovedì 4 dicembre 2014

the decemberists | what a terrible world, what a beautiful world

Tu dovresti essere qui. Punto.
Non è neanche questione di aspettative. No. Solo di presenza - tu e le tue dieci dita sopra il mio corpo.
Perché ci sono dei momenti in cui io sono al primo posto. Tutto qui. Non penso neanche di dover fornire spiegazioni su questo. Non penso neanche siano manie di protagonismo - io, poi? Solo di capire che cosa vogliamo noi da quella roba strana che ci porta a cercarci ancora adesso. Ecco. Tu, non lo so. Ma per me è solo questo: esserci. E mi sembra di avertelo già detto.
Tornerò con degli occhi nuovi, e mi chiedo se abbia senso usarli per guardare te. Tu in fondo non lo stai facendo. Per te, sono aria che ti si muove intorno quando ne hai voglia. Mi dici che senso hanno le metamorfosi sui miei polsi che mi porti in dono?
Accanto a me non ci sei. Farò lo stesso con te. Non vederti.
E se anche la musica è invisibile, l'invisibilità non deve essere per forza così brutta.

venerdì 28 novembre 2014

l'esperimento | arci xanadù como | 25.11.2014

Sono i 15 minuti che valgono tutto.
E i tre giorni. Tanto è durata la tua perfezione.
Girarmi e vedere che ci sei - che mi stai guardando.
Andarmene e trovare te - che mi dici delle cose talmente volgari che le prendo come un complimento.
La mia vita ha meno valore se tu non ti fai sentire? Uhm.. credo proprio di no.
Credo piuttosto che la mia vita sia anche questo. La prima fila, il grande schermo e la gente tutta attorno. La mia voglia di piangere ed il fatto che, per favore, tenetemi giù dal palco ma alla fine nell'ultimo anno mi sono presa più applausi di quanti probabilmente ne riceverai tu in tutta la tua vita. Non importa chi dei due voglia o no essere un eroe.
Io non so che fare. Vi abbraccerei tutti. Vi guarderei all'infinito. Vi bombarderei di parole per dirvi come mi fate sentire. Ma poi mi domando se forse non sia meglio il silenzio. Per evitare spaventi e fughe. Per combattere la vostra assenza di parole con la stessa arma.
Come una pistola puntata contro l'impossibilità di conoscersi davvero. Contro la rassegnazione a quello che è oggi.
Perché tutto quello che sta succedendo attorno, in fondo, lo abbiamo voluto soltanto noi.
Ed è questo.

sabato 22 novembre 2014

thegiornalisti | arci ohibò milano | 20.11.2014

La stessa incredulità che dà sempre la bellezza quando ti assale di sorpresa. Non importa quanto sia semplice. O leggera. O autocelebrativa. Quanto sia meglio essere a un tot di chilometri da te e pure quanto sia vero che tu proprio non potevi esserci.
Devo pensare ad altro. Devo capire che cosa mi ha fatto stendere sul pavimento quella sera. E perché ho faticato tanto per essere qui, ora, senza sapere più come andare oltre. Senza sapere come chiedere di farlo.
Si possono giustificare anni di silenzio? Si possono ridare indietro in qualche modo le parole non dette? Si riesce davvero ad uscire da un ruolo senza che tutta la scenografia crolli sulla scena?
Se nel sonno si completa la nostra solitudine, non è stando sveglia tutta la notte che riuscirò a trovare un posto vicino a voi. Non penso proprio funzioni così. Quindi lasciami riposare contro. Contro quello che devo sistemare e contro il tuo corpo.
Mi sembra il modo migliore.
Come chiudere il concerto con la stessa canzone che l'ha aperto.
Come fare le stesse cose in quel modo diverso che le rende nuove.
Guardarti negli occhi chiusi.
E così forse ce la si fa.

le quattro di notte. il sonno che sbatte. 
contro un muro di ansie che bruciano il corpo e le ali.
la muscolatura che si fa più dura. 
contro questa notte che si fa più dura e mi fotte.
ma dormiremo mai?

domenica 9 novembre 2014

chvrches | the bones of what you believe

Ho questa tendenza devastante a considerare le persone meglio di quello che sono. Reinterpretare a loro favore le cose che mi fanno, in attesa di aprire gli occhi e vedere tutto in uno stesso momento. Restandone schiacciata.
Facciamo che la smetti di chiedermi scusa, ok? Perché le tue azioni hanno una conseguenza e nel momento in cui decidi di farle te ne prendi anche la responsabilità. Continuare a presupporre che io ti debba perdonare qualcosa è come ammettere che hai scelto di farmi del male, costantemente e deliberatamente. E allora non è vero tutto il resto che mi dici. Non ti sembra?
Restare da te è una trappola, lo sapevo e non dovevo farlo. Però io mica vengo a dirti niente: alzo il volume e lascio scorrere la domenica. Mentre tu tieniti pure i paragoni con le canzoni che non hanno nulla a che fare con me. Lasciale sulla bacheca di qualcun altro che qui grazie al cielo esiste la musica pop.
Perché non mi racconti delle tue vacanze al mare, piuttosto? Sarebbe interessante, per esempio. Oppure di tutto quello che hai da fare: questo sarebbe carino condividerlo. Un po' come i miei spettacoli, i miei film e tutti questi dischi in attesa di me.
Potrei fermarmi e sarebbe lo stesso.
C'è qualcosa meglio di noi. Credo.

I'll give you one more chance
to say we can change our old ways
and you take what you need
and you know you don't need me.

martedì 4 novembre 2014

lucius | circolo magnolia milano | 02.11.2014

È come se il cielo grigio appiattisse le speranze. Come se il tuo chiedere senza formulare domande fosse già la base per la tua prossima partenza. Quasi che a dirmi di non parlarti di questo concerto, tu potessi davvero renderlo meno reale. Togliermi da queste luci invece di provare ad esserci un poco con me. Per quello che ci riesce.
Proteggimi. Per favore: fallo tu. Perché io a volte fallisco in pieno. Perché mi sento come un corpo attorno a un cerchio di metallo senza valore. Appesa per un dito a quello che di te mi ha resa possibile. Alle storie che si sono interrotte troppo presto ed a quelle che mi sbattono fuori dalla trama prima che possa caderci dentro davvero.
È che lo stai facendo ancora. Lo so che lo stai facendo.
Ti vedo da lontano impegnarti.
E io so di essere più alta, ma ci sono troppe cose fuori dalla mia portata.
Tipo quelle che sappiamo già, ma non ce ne rendiamo conto.
Oppure quelle che lo sappiamo di non saperle. Ma poi non le chiediamo neanche.
La tua scelta è già stata presa. Credimi.
Basta ascoltarti.
Fin da questo momento.

martedì 28 ottobre 2014

i cani | glamour

Sinceramente? Non ti avrei detto di una domenica in cui essere qui a scriverti.
Ti avrei detto, piuttosto, che i weekend a volte non sono lunghi abbastanza - anche quando hanno un'ora in più e non ce ne siamo nemmeno accorti. Che gli aerei sono fantastici, quando ti portano le persone che ami. E poi dopo due giorni non lo sono più, per il motivo contrario. Ti avrei detto quanto sono fortunata a fare il lavoro che faccio. E potermi prendere le emozioni di uno spettacolo da un metro di distanza. Ti avrei detto come è malinconica e bella la natura quando ti entra negli occhi in autunno. E ti avrei detto pure come mi sono innamorata della musica pop romana.
Ti avrei.
Se ci fosse una sola possibilità di riuscirci, il nostro destino sarebbe diverso. Potremmo essere sempre pelle e bottiglie. Patteggiare il sonno nelle nostre notti e avere tutte le giornate buone per restare soli.
Appunto.
Però tu aspettami, ok? Aspettami ancora.
Lasciami il tempo per capire come andrà questo momento.
E poi dare un senso a tutte le vittime.
Quelle che restano sul campo delle nostre guerre private.
E quelle che dobbiamo mandare via. Per continuare ad esistere.

domenica 19 ottobre 2014

va tutto bene | compagnia òyes | spazio tertulliano milano | 19.10.2014

Le domeniche sono giornate che - se non ci stai troppo attento - te le puoi costruire in modo veramente schizoide.
Passare da una macchina a una tomba a un teatro al guardarti negli occhi e finalmente avere qualcosa che potremmo considerare un dialogo - io e te. Con tutti gli altri a quel passo di distanza sufficiente per creare uno spazio scenico attorno.
Le domeniche sono giornate che hai voglia a sentirti sola. A cercarti sulla pelle l'abbraccio che è rimasto intrappolato là, dove eri solo in potenza. A portarti nel posto giusto e a riconoscere che, se chino un po' la testa e poi guardo in su, il sole di ottobre non è altro che un faro puntato verso la conquista.
Mi sono seduta perché ho troppe assenze da vivere. Troppe colonne d'aria attorno a me, lì dove dovrebbero esserci tutte quelle persone che per qualsiasi motivo non hanno fatto parte della mia vita. Per volontà diverse, per tempismi non conformi, per squilibri interni e/o relazionali.
È che io mi abbandono, lo so. A volte mi lascio proprio da sola, intendo. Ma poi mi lascio anche cadere nelle cose. Mi ci arrendo.
Perché oggi è già domenica ed è quello che sto cercando di dire.
Che anche se non ci siamo.
Va tutto bene.

venerdì 17 ottobre 2014

thegiornalisti | fuoricampo

Tutta la tua voglia di parlarne in un bicchiere di vino rosso.
Tutto quello che mi restava da dirti e le situazioni. Che tornano a circolare come sempre se il sempre glielo permettiamo sia io che te.
Non ho strumenti per cavarmela in qualche modo a questo mondo, è evidente. Perché vivo in un posto che non è quello di tutti gli altri, per esempio. Perché sono in ogni momento leggermente staccata dallo sfondo in cui mi muovo. Incapace di afferrare e forse così desiderosa di essere afferrata da diventare perennemente sfuggente.
Non so se possa avere del senso. Scriverti ancora, pensare all'inverno, oppure fare aperitivi parlando di storie il venerdì sera in pieno centro. Eppure lo faccio e se non penso alle conseguenze ho scoperto che le cose vengono più facili, lo sai?
Per cui tranquillo ragazzo: se mi dici che vuoi discuterne, allora facciamolo. Mi sembra quantomeno giusto.
Ma questo è il mio turno di aspettare che.
E se si tratta di te, scusa ma i precedenti non sono molto favorevoli.
La fiducia come arma contro l'imprevedibile fascino dei rapporti umani. E l'esistenza legittima di un unico tempo.
Il modo indicativo.
Tutto il resto è solo una trappola.

martedì 30 settembre 2014

singtank | ceremonies

Non importa se non ci sei più. No davvero.
Non importa se mi hai mentito, se un po' ci ho creduto e se alla fine non scherzavi mica e non ti ho rivisto mai più.
Non importa. Puoi sentirmi mentre te lo dico?
Perché è così.
Non importa se ho talmente voglia di Francia da ballare nel traffico del mattino. E tu non puoi vedermi non puoi toccarmi non puoi nemmeno pensarmi.
Non importa se realizzo che non aggiungi proprio nulla alla mia vita e credo che questa sia la cosa più triste di tutte. Che io non lo vorrei mai, al contrario, di non fare nemmeno un po' la differenza.
Non importa, ti ripeto. Almeno a me, a te forse non è mai importato. Oggi ho altre cose da fare e amici che ancora mi spediscono le cartoline. Capisci cosa intendo?
No che non capisci perché tu non hai neanche idea di cosa sia la mia vita. Primo: non me l'hai mai chiesto. Secondo: non hai mai voluto farne parte.
E allora di cosa stiamo parlando?
Ti lascio a te. Io torno a me.
Tutto il resto non importa.

lunedì 22 settembre 2014

theatre royal | we don't know where we are

Succede che a vivere le giornate in questo modo poi ti sbocciano i fiori tra le mani. Succede, anche se fai di tutto affinché non sia così. Anche se non ci credi mai - figurati se puoi credere a questo. E ti scosti dalle parole che non sono mai per te ma poi attorno non c'è nessun altro. E ti arrivano le notizie come spari a mezzanotte ma tu non hai ancora cenato, hai dei cubi grandi e bianchi in macchina e non sai con quali forze stai facendo tutto questo. Ma lo fai.
Ti hanno indicato dove stava prima di andarsene e forse non era dove ti aspettavi perché ti stava già salutando. Mentre tu non lo sai ma io piangevo per il tuo coraggio. Per questo nulla così pieno che ha diviso un prima e un dopo in cui ci sei sempre tu. E la mia fortuna di poterti stare accanto.
Volevo dirti di più ma a vivere le giornate in questo modo poi è come una valanga. Delle parole tremende che ci hanno dato per le nostre biografie. Delle falsità che rovinano sempre tutto - e, vuoi saperlo? te le potevi risparmiare. Dei sogni grandissimi che io te lo scrivo un'altra volta qual è il mio così magari domani piangiamo ancora di gioia.
La nostra acqua.
Trafitti da un raggio di sole.
Vedrai che fiori.

giovedì 18 settembre 2014

le luci della centrale elettrica | carroponte milano | 16.09.2014

C'eravamo abbastanza amati. Poi mi hai scaraventato oltre la ringhiera del balcone. Sette piani e pochi secondi: tanto è durato il mio unico tentativo di volo. Neanche il tempo di goderselo e poi bum.
Lo schianto.
Però ho fatto in tempo a vedere che ti affacciavi, sai? A cogliere anche l'attimo in cui hai pensato che forse potevi seguirmi - chissà se per paura o per amore. Che potevi buttarti pure tu. Anche se non c'ero più io qua sotto a prenderti.
Ma poi ho dovuto chiudere gli occhi e allora non so se lo hai fatto succedere oppure no. Perché quando il tuo corpo avrebbe dovuto precipitare di fianco al mio, io non ero più lì per vedere a quanta distanza da me saresti arrivato.
Conoscendoti, però, avrai preferito il tappeto bianco che ho srotolato ai tuoi piedi per agevolarti l'uscita dalla mia vita. Avrai sceso le scale di corsa per tornare in fretta a quello che eri. E non credo neppure che tu ti sia girato a guardarmi - lì, al suolo - passandomi vicino.
Sono ancora a terra. Io e tutte le cose che mi scivolano dalle mani, frantumandosi. Lo sono per i miei dialoghi aperti con la forza di gravità. E per quello che da qui dovrei capire. Forse.
Al mio vestito rosso. Ai diversivi. Ai dischi tristi ed alla felicità.
Io che neanche ti volevo mio.
Addio fottiti.
Ma aspettami.

martedì 9 settembre 2014

nicolò carnesi | carroponte milano | 07.09.2014

Ho collezionato le tue scuse come perle preziose. Da seminare con attenzione nel mese di settembre, così che poi ci cresceranno sopra i castelli di carta che mi offri in dono. Costruzioni fragili destinate ad incendiarsi a questo primo sole. Se solo io aprissi gli occhi e la smettessi di credere a tutto. Veramente a tutto.
Soprattutto a te.
Che poi, dai, non ce ne era neanche bisogno. No davvero. Bastava fare una scelta e trovare una risposta a questa giornata. Indossare la solitudine, salire in macchina e tornare a farsi bene di musica.
Proprio come ho fatto io.
Che sono ancora qui e funziona che i mostri mi mangeranno, vero? Perché nessuno può difendermi e io non posso fare a meno di sorridere anche se poi mi perdo in un mattino del giorno dopo.
Il giorno dopo l'ultima volta con te.
E il giorno forse è questo.

ma sì prendiamoci in giro ancora un altro po'
ma sì c'è un fiore che sboccia 
in mezzo alla tempesta in mezzo alle tue braccia 
non mi ricordo più
se si parla di noi o soltanto di idee
se ne esistono più, aiutami tu
ad uccidere i fantasmi che ci portiamo in tasca

lunedì 8 settembre 2014

afterhours | carroponte milano | 06.09.2014

Sono loro. Sono neri. Sono schierati.
Sono ricordo e presente che tirano da dentro l'ombelico in una danza umida. Sono bellissimi, incastrati in movimenti perfetti. E io ho solo questi occhi e queste orecchie e non sono abbastanza. Allora ci aggiungo tutta la pelle che posso metterci e forse quasi ci siamo. Completamente in loro e lontano da te. Presenza totale.
È la potenza del respiro. Aria che entra. Altra che esce. Anche senza te che sei già fuori dalla mia vita e sono solo io a fingere di non saperlo.
È la voglia di cantare che sempre mi prende ed è una spinta reciproca. Da una parte il palco, dall'altra la platea. E nel mezzo questo concerto tenuto su da una forza uguale e contraria.
Ecco perché rimango sospesa e così non cado.
Così non ti cado addosso.
Ma precipito in me.

che la tua vita forse sia più grande della mia
che la tua vita forse è più importante di me
so che mi puoi radiografare col tuo sguardo nucleare
e puoi vedere puoi vedere se c'è
un tuo problema o trovi me
se vuoi cambiare regole posso cambiarle sopra te
voglio proprio capire i tuoi livelli d'amore
ma non rivoglio più te

mercoledì 3 settembre 2014

the rural alberta advantage | mended with gold

Oggi vado a correre.
Ci vado perché c'è questo disco su cui festeggiare. Come quando eravamo insieme e chissà a quale concerto stavamo andando. Come ora, che dalle nostre pance piene di musica spuntano in qualche modo delle vite nuove. Ed è terribilmente fantastico.
Ci vado perché se vado a quest'ora poi in giro c'è così poca gente che posso anche chiudere gli occhi ed immaginare di non cadere mai. Oggi che la mia mente vuole sbattermi a terra e lo sa che leggo libri pericolosi ma, sinceramente, contavo in un minimo di sostegno - almeno da te.
Ci vado perché nel posto in cui vado io c'è un punto in cui posso pensare a quanto è bello e a come tutto esista anche senza di me. Anche senza che ci sia io lì a guardare. Correndo.
Ci vado perché mi hanno dato un palloncino difettoso, che preferiva al cielo la mia mano. Ci vado perché se no sto qui ad aspettare un suono e ci vado anche perché lì vincono le mie gambe e si perde il mio respiro.
Che poi uno può anche star qui a trovarci mille motivi, ma alla fine resta il gesto. Solo quello.
Allora mi alleno per la prossima destinazione passeggera.
Vado a correre.
Oggi.

mercoledì 27 agosto 2014

lucius | wildewoman

Intendo tu ed io insieme ancora. Capisci?
Intendo questo treno che corre, il mare, i sorrisi senza sensi e le camminate contro il sole che è come una sfida dichiarata all'estate. Insieme, appunto.
Per festeggiare con i vini migliori che sono andata in giro a trovare. Per seminare smarrimenti e dedicarsi i fiori che continuano implacabili a non vederci. A non sentirci nelle sere in cui mi sdraio con me intorno e a fianco e non dico una parola. Solo sparisco con te.
Baciami come se mi scrivessi forte. E scattami una foto che oggi non so che fare a parte stare qui. Svuotata di tutte le scuse e di tutte le richieste che avevo raccolto. Frugando attentamente tra perplessità, amarezza, un pizzico di ruggine e tutta la curiosità per quello che sarebbe stato.
Ma i preparativi aprono la strada alla catastrofe e io ho questa vetta regalata alla festeggiata che mi tengo forte.
È difficile a qualsiasi età diventare adulti.

sabato 9 agosto 2014

il buio | rock and rodes | 08.08.2014

Che delusione sei stato. No davvero, che delusione.
Rispetto a te sento solo questo vuoto formato tridimensionale che non mi sembra neanche importante trovare altro da dire. Anzi, ti ho già dato troppe parole troppi pensieri troppi minuti a fondo perduto. Basta così, ok?
Per come sono venuta a saperlo, mi prendo la colpa. Ma per tutto il resto, sentimi bene: no. Perché dimmi quando, guardandomi, hai pensato che potevi fare così. Quando hai deciso che potevi fregarmi, insomma. Mentre io scrivevo i miei piccoli quadri viventi e tu neanche ti premuravi di averne cura.
Darti un nome stupido e pedinare assurdità. Che idiozia.
Ogni volta che torno qui ascolto le risposte delle ombre stratificate di me incastrate nei muri. È come chiamarmi da un altro tempo. È fare una cosa per la prima volta. È uscire comunque anche se in giro non c'è nessuno, neppure io.
Il bosco mi ha abbracciata troppo forte, ecco perché ho tutti questi graffi. I capelli così puliti e le tasche pesanti delle tre domande per te che ho dovuto rimetterci dentro.
Se non può succedere nulla che non sia stato sognato, mi chiedo come mai i finali si dissolvano sempre nella realtà.
Non ascolto neanche troppo bene.
Ma aspetto. Perché qualcuno mi ha detto che tutto poi finisce.

mercoledì 6 agosto 2014

the raveonettes | pretty in black

Ci sarebbe da capire quale senso ha per me tutto questo. Riascoltare un cd come un ricordo, sì. Oppure averti accanto quando mi pulsa la testa. Che sono scivolata ancora - e lo so - e non è solo questione di botte e lividi. Ma di me e di te in caduta programmata. L'amore solido che si schianta in una notte.
Non ho intenzione di parlarne ancora e lo sai che c'è? C'è che nel mondo esiste una vita per cui sono una complicazione. Quale orrore. Ho pure provato a cercare dei sinonimi, per vedere se si salvava qualcosa. Se poteva suonare un poco meglio con un'altra parola. Ma proprio no.
Sono il tuo problema l'inconveniente l'intralcio. Sono l'ostacolo, l'imprevisto che ti tocca le paure e ti impedisce di essere tranquillo. Come vorresti tu.
Pensa che io sarei stata più per la ricchezza. Per il tempo passato assieme e per una qualche forma di appartenenza. Per la condivisione, ecco. Invece mi investi di rabbia e di assenza, quasi dovessi farmela pagare. Quasi fossi tornata indietro di due anni e dovessi di nuovo farmi carico di quello che io mi limito a provocare semplicemente con il mio stare.
Mi bastano cinque numeri per sapere chi sei. Non è la prima volta e come le altre volte non ce ne sarà bisogno.
Tra questi dischi volanti.
Sono solo un po' triste.

sabato 2 agosto 2014

samaris | 31.07.2014 | longlake festival lugano

Questa è la volta che siamo insieme ad un concerto e io non sono venuta a sentirti. Quella in cui ti occupi di me e io ho questa cosa perfetta tra le mani e dovrei mangiarla. Pane e parole che è quello che il mondo mi ha dato per digerirti.
Dirti tutto negli effetti dei discorsi collaterali.
Farti colare come un sollievo.
Ed essere così leggera.
Mentre ti perdo.

lunedì 21 luglio 2014

emma ruth rundle | some heavy ocean

È veramente possibile sentire l'assenza di una cosa che non è stata mai? Ce la si fa davvero a proteggersi in questo modo oppure riesce solo a te e quando arriveranno le lacrime mi scioglierò al sole, io, che sono fatta di musica e zucchero?
Ho messo in campo le mie strategie più collaudate quindi non può che esserci una sconfitta splendente. E - ancora per un po' - gli echi possenti della battaglia che sempre risuona nel mio petto.
Sinceramente? Potevi giocartela meglio pure tu. E invece siamo sempre qui a scivolare dalla porta di servizio. Silenziosi, come felini ammaestrati. Ben attenti a non sporcare questa assenza di suono che è di panna montata.
Quello a cui ho creduto, era tutto nella mia testa. E nelle mie labbra. Poi in generale c'è sempre troppa vita oltre i finestrini dei treni e ci sono troppe parole che come pacchi dono vengono recapitate ai destinatari sbagliati.
Ma questa volta no. Ti guardo da lontano, immobile come te.
Ad aspettare la mancanza del nulla.

quando finalmente ti svegli e ti accorgi che non è un sogno. Solo una cosa rimane da fare: sedersi e scoppiare a piangere. Perché tutto quello che ti sta succedendo attorno, in fondo, lo hai voluto soltanto tu.

mercoledì 16 luglio 2014

nicolò carnesi | ho una galassia nell'armadio

La mia coperta di questa notte è fatta di tristezza e di serenità.
Non so come sia possibile ma mi ci accoccolo dentro e dormo - incredibilmente dormo. Abitudine dimenticata di un sonno protettore. Ricarica talmente necessaria che poi, quando riapro gli occhi, ad aspettarmi c'è solo un grande attimo di completo smarrimento. Un presente di passaggio in cui il sonno ci prova ancora a proteggermi e tu, per quel momento lì, nella mia vita non ci sei.
Ma è tutto troppo veloce per dirti come potrebbe essere. O forse non ci voglio neanche pensare perché tecnicamente - ora - sarebbe come ragionare sulle lucciole in inverno. Sarebbe vivere nel futuro, come fai tu, mentre io indosso tagli e lividi dai colori cangianti pur di stare attaccata qui. A questo nostro tempo di durata variabile che per una volta mi sembra quasi più facile arrendercisi, piuttosto che opporre tutta la resistenza di cui siamo capaci.
Io non lo so se le persone sono fatte per andarci da qualche parte o solo per assaporare forte tutta la strada fatta insieme. So però che non ho voglia che mi manchi prima che tu te ne vada davvero. So anche che sì, probabilmente ci starò male, ma almeno sarà per qualcosa che è stato.
Per quanto mi riguarda, quindi, non importa se domani ci vediamo oppure no. L'importante è che ci frughiamo negli occhi adesso ora e anche in questo istante.
Io. Voglio arrivare a sentirci.

c'è da qualche parte un universo dove non si muore mai | e non lo troveremo sai, ma ci resta il viaggio | ci restano i sogni, la fame, la sete | la voglia di qualcosa di diverso

lunedì 14 luglio 2014

le luci della centrale elettrica | arena teatro sociale como | 12.07.2014

Non credi che i nostri corpi siano stati lontani abbastanza a lungo?
Non so te, ma e me lo dicono le farfalle che mi addomestichi nella pancia: le sento sbattere forte le ali per tornare da te, che le hai generate. Lo urla il ripetersi perfetto delle stesse situazioni. Storie che mi travolgono e poi mi buttano fuori per la mia assoluta incapacità di trovare una morale - pure questa volta.
Mentre ero qui ad aspettarti, mi hanno portato via un concerto. Allora io questa volta ho indossato gli stessi abiti e funziona, sai? Hanno fermato la pioggia ma non il freddo che mi augurano di avere.
Mentre ero qui ad aspettare ho capito di non avere paura. Perché baciare qualcuno per la prima volta è sempre una specie di miracolo e bisogna goderselo fino in fondo. Perché le cose cambiano e se l'orchestrina elettrica arriva in città, allora anche tu puoi tornare e non mi resta che stare a vedere l'effetto che fa.
Non so bene cosa farmene dei tuoi puri silenzi e delle tue impeccabili spiegazioni. Di questo non riuscire ad appoggiarsi - mai, neanche per un attimo più lungo di questa notte. E di una luna grandissima che tanto, io, sono riuscita a perdermi lo stesso.
Ma se potessi avere una risposta - ora - sarebbe questa.
Chissà cosa succede al mondo, quando ti concedi di sorridere.

domenica 29 giugno 2014

múm | finally we are no one

Potete smetterla di parlare dei miei occhi, per favore? Sono grandi, lo so. Ma voi avete idea di quello che ci devo far stare dentro? Lo vedete davvero tutto quello che ho dentro?
Quando vi guardo inclinando un po' la testa, poi ascoltate - oltre le parole - ciò che vi sto dicendo? No, perché io lo faccio, di dialogarci con gli occhi. Ed è lì che scopro le cose più interessanti. Per esempio, quando mi hai fissata un po' più a lungo. Quando eravamo uniti e per una volta non avevamo creato un buio per nasconderci. Io lì l'ho capito che mi stavi parlando di questo. Che mi stavi dicendo che poi l'hai fatto pure tu quello che avevi detto che non avresti fatto mai.
Così oggi non c'è sorpresa. Anche se il mio corpo immerso nelle bolle non mi difende e ancora ci crede, a te. Anche se certe cose, dagli occhi, non riesco mica a togliermele ed è questa la parte più difficile.
Però non posso aver paura di qualcosa che sto già vivendo.
Non è possibile, vero?
Dovrei anzi esserne sollevata.
Ora che, finalmente, noi, non siamo nessuno.

venerdì 27 giugno 2014

arcade fire | villafranca di verona | 24.06.2014

Questa giornata potrebbe parlare di tutto il tempo che ho avuto per immaginare come sarebbe stata. Raccontare dell'attesa, dei balli solitari in un universo silenzioso, di sensazioni mutevoli ed eterne e del mio rapporto con la musica e con le previsioni del tempo.
Potrebbe parlare di paura, di incontri e di aspettative. E poi di tutto quello che riesco a metterci dentro, io, in una sequenza progressiva di date che diventano mesi e poi futuro e poi oggi.
E poi un istante. Uno soltanto. Ed il mondo si frantuma in pezzetti di carta colorata che ci precipitano addosso. Profezia di tempesta senza acqua. Affoga le menti e cola nelle gambe diventando puro movimento. Ed intensa leggerezza.
È l'abbandono costante ai continui attimi di presente. Quelli che alla fine hanno sempre la cosa migliore da darti. Oppure da dirti.
Mentre racconto una storia che ancora un po' ed inizio a crederci pure io. Mentre mi piovono ancora contro frammenti di questa data che siamo io e te e questo sole e quello che rimane nei luoghi quando l'amore se ne va.
Questa giornata potrebbe parlare di tutto quello che è stato.
Potrebbe. Ma io non posso sentirla.
Perché sono troppo impegnata a stare sotto i coriandoli.
E ad abbracciare l'adesso.

venerdì 13 giugno 2014

jim jarmusch | only lovers left alive

Sotto i polpastrelli ho inchiostro verde per imprimerti sul corpo tutto quello che non riesco a dirti. Una canzone languida, con cui ondeggiarti attorno. Ora che danzare è la cosa migliore da fare in questo nostro tempo senza né prima né mai.
Il sangue non è un luogo sulla terra ma una pittura scenografica che illumina le notti. E illumina me quando ci cammino dentro e mi affido troppo alla luna piena.
Non esiste un progetto per accorciare il tempo. Non esiste neanche un modo per legare i minuti addosso a qualcuno - tantomeno a te che sei cenere e farfalle. Ma io credo che se usi qualcosa, se la usi bene, puoi anche non capire che cosa è e a cosa serve. Puoi anche non aggrapparti ed accettare di perderla.
Quindi ora che sei qui raccontami qualcosa che io non posso dirti. E lasciamo stare tutto il resto - tutto l'orrore di cui sono capaci i nostri pensieri. Tanto domani rimargini.
Domani, tu, rimargini ogni cosa.
Ascoltiamo il corpo.
Che il movimento sta iniziando.

venerdì 30 maggio 2014

clandestino (in casa) | spazio mab | 29.05.2014

Ascoltare la storia dal tuo punto di vista. È come quando da bambino vuoi farti leggere una fiaba per l'ennesima volta. Che dimentichi di sapere benissimo come va a finire. Per poter stare col fiato sbarrato e gli occhi sospesi. Ed inventarti sempre una prima volta. Infettarti di meraviglia.
Per capire me, dovresti avere questa insana fiducia negli esseri umani e credere per un altro giro nella stessa storia. Poi, solo per un attimo, scoprirti grande abbastanza per decidere che qualcosa non va. Non va davvero. Ed i pezzi non si incastrano perfettamente come nei videogames o come vorresti che ci incastrassimo io e te.
Se hai iniziato tutto questo, non sarò io a dirti il perché. E le puntualizzazioni costanti. I satanassi che hanno preso casa in affitto nella tua testa. Non ti forniranno un alibi con cui nasconderti sotto le acque dopo lo scoppio di fuoco.
Mi hai scritto che ho creato il mio isolo - l'unica terra che non mi caccia e non mi scaccia - ma trovami qualcuno che non lo fa. La differenza è che io innalzo fortificazioni ben visibili. Mattoni di azioni memorabili e calce di silenzi. E non mento mai, perché non me l'hanno insegnato o perché sono io che mi sono persa la lezione e non ho imparato come si fa.
La scommessa sta nel prendermi così o nel non prendermi affatto.
A te la scelta, ma non ingannarmi.
Perché potrei crederti.
E poi frantumare tutto.

lunedì 26 maggio 2014

l'inverno della civetta | s.t.

È che con i tuoi ringraziamenti non contribuisci in alcun modo ad alterare la situazione della tua assenza. E lo sai.
Ci vorrebbe un'intenzione qualsiasi. Sì. Qualcosa su cui puntare. Affidarsi e rischiare. Come io ho fatto con le mie gambe.
Le conosci bene, tu: le hai viste a lungo. Le hai sentite accartocciartisi addosso. Le hai guardate cedere e poi spuntare abbronzate dai miei vestitini troppo corti. Quello che non sai è che a volte mi danno le vertigini. E che non sempre mi portano fino a dove vorrei, ma poi mi ritrovo comunque a casa. Il che - unico fronte di resistenza contro gli incubi della mia mente - è quantomeno fantastico.
Non che sia importante, poi. Individuare il momento esatto in cui qualcosa inizia a piacerti. Musica come questa, per esempio. Oppure qualcuno che non avresti detto mai.
È un'infezione che ti scorre sottopelle e non puoi capirla nei modi facili che abbiamo a disposizione per conoscerci la vita. Nel regno delle informazioni per tutti che poi non sono per nessuno e lì dove io non ti cercherò mai. Perché lo trovo così sleale, ecco. Sleale per entrambi.
Fino a quando ci sarà neve sulle montagne e le fiamme rosse mi rincorreranno. Non posso credere nei miracoli anche quando me li ritrovo davanti. Che l'italia si sveglia ed è un altro lunedì.
E riparto con te.
Avvoltolata nella stanchezza.

lunedì 19 maggio 2014

felix van groeningen | alabama monroe

C'è un lago adagiato sul mio petto che mi disseta la notte. Sorgente di madre ignota, a pensarci bene è il posto migliore in cui potresti venire ad affogare - all'ombra del mio seno tra i tonfi sordi di questo cuore.
Non basta l'aria calda delle tue telefonate notturne per prosciugarlo. E neppure i tuoi messaggini lanciati nell'oscuro iperspazio come esperimento ultimo di ripresa. Non me ne faccio niente. Né di questo, né di tutto il tuo affetto mai richiesto.
Forse hai ragione e ci sono sempre tre scelte: andare avanti, fermarci, ma anche tornare indietro. Le abbiamo in qualsiasi momento ma a pensarci sempre impazziremmo di possibilità e paura di provarci. Quindi non lo facciamo mai.
Così nella sottrazione di questi troppi giorni basta una strada di corsa una maglia pulita un'immagine dall'alto un suono infinito. Oppure te.
Ma c'è sempre qualcosa di bello nella vita che valga la pena mettere sul proprio corpo.

giovedì 15 maggio 2014

cildo meireles | installations | hangar bicocca

Ti ho mandato un pensiero. Ma forse non l'hai ricevuto.
Poi te ne ho mandati altri cento ed altri mille li ho fatti sbattere contro la pelle. Ma dall'interno.
Perché mi serviva sentirne il movimento veloce e confuso. Il rumore secco dei loro urti nel silenzio. Per sapere che cosa fare.
Ho queste parole piccole e formattate. E poi ho quello che vorrei dirti che è molto più articolato. Che è sproporzionato al modo in cui parlerebbero tutti se fossero me. In questa me verso di te.
Allora spingo contro lo schermo così che i caratteri poi ti arrivano in rilievo e riescono a toccarti. A raccontarti l'amaro che fa il perdere te. Proprio ora che non so chi sei e non ho neanche capito come collocarti nella mia vita - sempre che abbia senso trovare un posto preciso ma in ogni caso che non ne sia fuori.
Per nostra signora sincerità e per tutto quello di me che non sai. Partire in esplorazione dei tuoi organi interni. Poterci scoprire senza aver imparato come. Andare oltre questa interruzione di corrente che ci lascia spezzati.
Perché se finisce così sei una cosa non successa e basta.
Invece io voglio farti rimanere.
In me.

domenica 11 maggio 2014

lars von trier | nymphomaniac

Quando la fine arriva, ha l'intensità di un pugno nello stomaco. Prevederla, accompagnarla con lo sguardo rallentato, sentirla lanciata addosso. Tutto questo non implica scansare l'impatto.
Proprio no.
Ora si può giocare sulle rimanenze. Sulla strada che manca a tornare a casa o sulla mia società unipersonale al collasso. Oppure si potrebbe fare che ci pensi seriamente e riconsideri pure la mia candidatura. Visto che sono tornata sotto il palco a sentirti ed ho confezionato la mia vita in pacchetti di musica da lasciare per il mondo come testamenti amplificati di quello che sono. Per quello che sono.
Ho pregato l'omino che tira da dentro la mia pancia di darmi una settimana qualsiasi per capire se ne vale la pena. Imparare a digerire i dialoghi dei nostri corpi nudi, partire in esplorazione di quello che sei. Provarci - per una volta - ad abbracciare gli alberi.
Oppure abbandonare tutto e stare qui.
Per continuare come al solito.
A pretendere di più dai tramonti.

giovedì 1 maggio 2014

cranes | forever

E brindiamo agli incendi. Agli amori così: da morirci. Ai letti matrimoniali in cui dormo da sola ma sempre con te accanto. Ed alle nostre emozioni esauste, che abbiamo messo a seccare. Qui.
Dimmi sette desideri che siano sette giorni in cui io possa credere. Mentre il bicchiere mi afferra lo stomaco, dimmi lo stesso che andrà tutto bene. Anche se non lo so più. Dimmelo.
Dammi tutte le parole che puoi, così io me le tengo pronte per il discorso e per il vestito non importa: le nostre valigie saranno sempre abbastanza piccole da contenere tutto il necessario per essere leggeri. Cappello compreso.
Anche adesso, niente si perde davvero. Tutto affiora ogni volta come musica nera su sfondo di oceano. Mentre porto avanti la mia personale raccolta del sole e i nostri occhi perdono acqua da tutte le parti ma per motivi diversi.
Mi mangio questa strada, visto che posso ingoiare poco altro.
Ti porto i pezzi di come sarò, se non mi ferma il lupo cattivo nel frattempo.
Tutto il tondo del mondo è qui. Lo vedi?
Dimmi tu come. Io ci sono.

lunedì 21 aprile 2014

the veils | the runaway found

Uau con che velocità ti portano via tutto. Ok, lo ammetto: pensavo mi sarebbe stato concesso qualcosa di più. Una sosta un poco più lunga per poi ricominciare. Soprattutto adesso che il mio corpo è impegnato nella fabbricazione di un nuovo cuore. Spirito di adattamento, insomma. Evoluzione della specie.
Perché teniamo procedure di sicurezza e protezione interne, sai? 
Forse è per questo che dormo così tanto e sarebbe bello per una volta ricordarsi anche di chi non ci ha lasciato vistose cicatrici dentro.
Chissà se sono solo un bisogno fisiologico gli abbracci. Quelli virtuali e mega che tanto ho capito che con te non potremo fare di più. O quelli che vengo a prendermi perché gli ospedali di sera sono troppo tristi e non c'è nessun dio a darmi coraggio a parte la mia solitudine.
A volte sull'orlo della notte si rimane sospesi e non si muore. E io mi lego insieme i capelli per confondere i ricordi che restano impigliati nel loro crescere lento. Ecco perché tu mi fai questo e io mi gioco tutti i precedenti.
Hai ragione: io e te li abbiamo sempre affrontati tutti. E insieme abbiamo contribuito all'innalzamento dei mari dove poi d'estate andiamo a nuotare.
Noi a strappi noi siamo il sangue di un attimo siamo le prime corse nell'ombra siamo
rimasti.

martedì 15 aprile 2014

le luci della centrale elettrica | estragon bologna | 12.04.2014

Bisogna cambiare la materia di cui sono fatti i sogni. Per poter correre sul palco e sui campi della pianura padana. Si deve imparare a sorridere dalla paura. Per essere felici da far schifo e non rovinare tutto con il pensiero che poi non sarà più così. Inevitabilmente. Visto che siamo corpi mutanti con pretese da supereroi.
Siamo ballerini scoordinati da cui si stagliano ombre bellissime. Lunghe e sottili e splendide per il solo fatto di sottintendere il sole nella loro esistenza. Con questa capacità di esprimere emozioni proiettate restando sostanzialmente uguali. In quel mondo popolato da viscidi insetti chiamati esseri umani.
È come un violoncello che parte dove prima c'erano solo chitarra e voce, lo sai? Con la tua mano sopra la pancia. E sotto i bassi che vibrano nello stomaco e non importa se poi non c'è uno straccio di mezzo pubblico che ci riporti a casa. Perché scioperano o perché ci sono feste più importanti di noi a cui andare.
Mi dici che la notte è una droga per te che ci lavori dentro. Mi racconti di una vita che si chiude e di come un messaggio abbia la potenza di spalancare un futuro. Mi lasci addosso i segni del tuo passaggio su di me e tutti penseranno male mentre a me scappa quasi da ridere.
Perché tutta questa roba qui.
Per questo unico momento.
Penso proprio di poterla chiamare.
Felicità.

mercoledì 2 aprile 2014

mogwai | alcatraz milano | 31.03.2014

Se arrivi in città dalla parte sbagliata, hai sempre il sole negli occhi. E la tenacia dei fiori che sbocciano ai lati delle strade statali mentre le percorriamo ogni mattina senza guardarci negli occhi.
Sei perso su altri schermi o nelle città in lotta contro le visite dei presidenti americani. Ma è così bello sentirti vicino ora che sei alla mia altezza anche senza gli scarponi ai piedi. Adesso che aprile arriva e - per una volta - mi coglie troppo pronta. Al punto di innamorarmi per un minuto nei foyer dei teatri oppure nei muri d'aria rossa che fanno i pezzi potenti.
Ti ricordi quando eravamo insieme e quello scrittore ci ha detto di lasciar perdere i ragazzi di provincia? Ecco, io sarei per dare fuoco alla città deserta con la carta dei giornali che nessuno legge più. Così magari torno a te e vediamo se aveva ragione lui oppure la mia fantasia romantica.
Quante guerre civili tra gli organi interni per essere qui. Timori tremori e strategie fallimentari, quando per vincere bastava togliersi le maschere che ci volevano brillanti.
Trionfo come un'esplosione di musica dopo il silenzio.
E alla fine di tutto mi ringrazi tre volte.
E tu non lo sai neanche che questa sera eri accanto a me nella battaglia.

sabato 22 marzo 2014

isabella leardini | la coinquilina scalza

Costellazioni di solitudini che brillano come le finestre degli appartamenti il sabato sera. Quando fuori piove e dentro cadono i quadri a mostrare le crepe delle unghie sui muri che squarciano i ricordi.
Questo è uno di quei giorni che rovinano sempre tutto. A terra.
In cui dobbiamo brindare con vino rosso alla dittatura dei polpastrelli. Nel regno degli schermi sensibili e dei suoni artificiali che dovrebbero portarci la presenza di qualcuno che non c'è stato mai.
Qui dove il silenzio è una musica che lascia ancora più soli alla fine del disco. Qui dove passo nelle cose a complicarle, e me ne vado.
Come se parlarsi - io e te - non potesse essere un gioco.
Facendo finta, chiudendo piano la porta per non farmi sentire, di non sapere da cosa sto scappando.
Quando scappo di casa.

L'estate si spegne in una notte... 
Vanno e vengono le mie inutilità / a stringermi la fronte tra le gambe,
mi manca un gesto solito, normale / la mossa rapida di accendere la luce / senza girarsi in casa di qualcuno.
È quanto basta a spalancare sotto i piedi / i precipizi dello sguardo, essere soli.

sabato 15 marzo 2014

public service broadcasting | inform - educate - entertein

Bisogna avere la natura di chi resta per saper tenere gli occhi ben aperti sugli addii. Stare dritti con la schiena e non cambiare la postura, perché è difficile correre senza dare nell'occhio. E vuoi mettere cosa sarebbe baciarsi di nascosto da tutti i nostri pensieri?
Bisogna avere una canzone - una sola - che non si porti dietro l'eredità di averci pianto sopra. Architettura artificiale di infelicità. Programma di salvataggio per chi, come noi, non è mai stato in reale pericolo di vita.
Io e te in questo ufficio e come sfondo i tremila regni di un singolo istante di vita. Poi tu fai due cose perfette - rimettere il telefono in tasca e dirmi che c'hai quei difetti lì ma non è che per questo non funzioni bene. E mi bastano per aggiungerti alla mia schiera di inarrivabili. Trapassarti con uno spillo ed appenderti alla parete del mio presente di passaggio che però non passa mai.
La gente si dispone in file perfette fuori dai teatri. Ed in questo dialogo si allineano le parole insieme al non senso di tutti gli ultimi giorni.
Guardandoti sorridere. E vedendo la luce che fa.
Ho pensato che forse sei qui solo per dirmi questo.
Non si improvvisa la felicità.

martedì 4 marzo 2014

le luci della centrale elettrica | costellazioni

Questa forma economica di tossicodipendenza che scorre nelle vene. Composizione solida nel sangue con le dita che mordono fameliche i vestiti.
Mi muovo a scatti. E se riesci ad unire i puntini, puoi provare a comporre il mio profilo. Disegnarmi addosso un cigno un lupo un elefante ed avere sempre ragione. Sfiorarmi e leggere i messaggi in sovrimpressione sulle mie braccia. Ne ho raccolti un po' nell'attesa di trovarti - lo sai? - e forse si tratta solo di affrontare la vita come una festa. Tenere la musica alta contro questo muro del pianto di gomma piuma. Così che posso continuare a credere di farmi del male sbattendoci contro. Così che se mi ci appoggio mi ci posso addormentare. E da qui, molto più semplicemente, iniziare a dimenticare tutto.
Perché forse si tratta di questo - di sommare domani a domani in forma di pagine bianche. A me che non è mai venuto troppo bene e in questo via vai sono l'unica a restare in questa casa.
Anelando un messaggio quando ho fame di biocomunicazione. Costruendo rapporti d'amore con la mia solitudine.
E in questi giorni di corsa a piedi sciolti nella nebbia.
Fortunatamente - penso - non c'è alternativa al mio futuro.

forse si tratta di fabbricare quello che verrà
con materiali fragili e preziosi
senza sapere come si fa

domenica 23 febbraio 2014

uberto pasolini | still life

Abbiamo giochi innocenti per inventarci la felicità. Di una serata soltanto, ma questo non importa.
I rapporti umani sono così stupidi che io e te non ci rivedremo mai più, anche se sarebbe bello. Sono così stupidi che puoi frequentare una persona per un anno e poi chiederti con chi stava lei realmente in tutto questo tempo. Visto che non eri tu, ma solo un'immagine per lei che portava il tuo nome e cognome. Sono anche così stupidi che si uccidono da soli. Per il troppo male, per paure con gli occhi da mostro, per mutismi ostinati od aspettative del tutto personali.
Tutti gli uomini sognano qualcuno con cui stare bene in silenzio. Io in generale sogno qualcuno che mi riordini i pensieri, che mi concluda le frasi che non ho mai detto e che poi mi aspetti pure sotto casa per rimproverarmi di non aver parlato abbastanza. Con un abbraccio in grado di spiegare tutto.
Forse sotto sotto sogno te. O la tua immagine perfetta che mi porto addosso e che - perdiàna - ne avevo proprio bisogno. Perché io corro dietro ai fascini inventati. Mi innamoro dei personaggi incantevoli nelle loro manie. E penso sempre che basti un gesto per conquistare la gente. Uno solo sì, ma fatto bene.
Ma nel vero che ci circonda, questa via è squallidissima, le nostre storie d'amore completamente inventate ed il nostro essere vicini quasi inopportuno.
Perciò tienimi ancora un attimo lassù, per favore. Fallo con le tue braccia, le tue parole o con un fiore. Fallo con poco, che al resto ci penso io. Per il mio bisogno innato di credere nelle storie che nessuno mi ha raccontato mai.
Mi tengo qui.

mercoledì 19 febbraio 2014

have a nice life | the unnatural world

Posso raccontarti la paura di addormentarsi. Quella che i pensieri si incrostino in una presenza solida che preme sulle spalle e toglie ogni possibilità di fuga.
Posso dirti come è la trasparenza che ho dipinta su tutta la pelle. Tanto che potrei non esserci mai e tu neanche te ne renderesti conto.
Potrei descriverti la sensazione che ho di vederti. Che è come un primo appuntamento tanta è la voglia. Mentre ascolto la tua nuova musica tutta per me quasi fosse un modo di resistere comunque a tutto. Nonostante tutto.
Lisciare le corde vocali insieme ai capelli. Evitare di piangere davanti ai partner di progetto. Buttarmi tra le tue braccia appena possibile per dare un sollievo alle cellule che non passi per le orecchie.
In questo attimo.
Prima che tutto mi deluda. Prima di sentire il perché del tuo sorriso. E prima che a troppe persone piaccia la mia foto.
Prima di diventare famosi, insomma.
Che abbiamo questa sera. E viverla è tutto quello che ci resta.

venerdì 14 febbraio 2014

kwoon | tales and dreams

In quello che mi scrivi c'è qualcosa di me che mi torna indietro. Coincidenza, fantasticheria o intuizione reale. Sarebbe comunque interessante tra queste lettere virtuali in cui riponiamo tutta la nostra cura, pensando che la sincerità possa cambiare il mondo.
Sarebbe proprio bella sta cosa che un giorno arrivi e non cambiano più solo i dati anagrafici e la staffetta delle mie date importanti dove quasi nessuno appare mai.
Ma accade.
Che si possa fare come noi, che festeggiamo su una storia d'amore tristissima. E che nei pezzi di carta rettangolari riponiamo tutte le nostre speranze future.
C'è questo film in cui non succede quasi niente a parte che i due ragazzini protagonisti si scambiano l'ipod per un giorno. Poche ore. Essere nel palmo di una mano. Scoprirsi in questo modo.
Ecco: dovrebbe essere tutto così tenero.
Non farla diventare una prova di forza, ti prego.
Facciamolo diventare. E basta.

sabato 8 febbraio 2014

the zen circus | canzoni contro la natura

Credi davvero che il mio desiderio più grande non fosse quello di vederti felice? Io, che se fosse stato per me, ti sarei accanto sempre e invece sono qui a guardare la gente correre dietro i treni in orario. Contare le parole, valutare i turni di risposta e giocare a nascondino con questo sole bugiardo e beffardo.
C'hai mai fatto caso che nelle stazioni ci sono un sacco di persone che non sono arrivate e nemmeno partiranno?
Lavori vite attese passaggi, qualche caffè e troppi spintoni.
In generale un numero spropositato di esistenze che mi allontanano e mi confondono.
Per l'amore sconsiderato che ho per la solitudine ed i rapporti umani [quelli che servono e nelle dosi che servono] ho sempre sperato nei nostri dialoghi di nulla. Nella capacità di raddrizzare le giornate svuotando insieme le bottiglie di vino. Nel condividere un consiglio un abbraccio o anche solo un vaffanculo contro qualcosa nel mondo.
Ma nel punto di vista del mio egoismo non c'è quello che sei realmente tu. Quindi di cosa potrei accusarti scusa? di non essere come io mi aspetterei che tu fossi? Che roba idiota.
Vai bene così. Coi tuoi messaggi che appaiono all'improvviso e l'impossibilità di vederci in una vita reale che non sia quella dei concerti. Quando la musica è troppo alta e la gente intorno troppo rumorosa.
Va bene così. Con il tempo che passa ed il bene più sincero per noi.
Noi che di essere normali, no, non abbiam mai avuto premura.

sabato 1 febbraio 2014

il don giovanni - vivere è un abuso, mai un diritto | filippo timi | teatro sociale di como | 29.01.2014

Ho l'impressione di saper cambiare la giornata delle persone, a volte. Quelle che sono corpo, massa e vortice di idee incontrollabili. Troppo veloci per fissarle in un pensiero razionale ma abbastanza lente per dar loro la possibilità di una scelta diversa.
Ho sviluppato questa capacità di sorridere, di ascoltare, di azzerare i conti della mia solitudine e di fare proposte senza prestare attenzione alle conseguenze. Tra dei infetti ed esistenze contagiate. Uno spazio di leggerezza che è come l'eco del silenzio. Oppure un rumore sottile che arriva dal centro del cervello e diventa come un urlo sotto la superficie della mia risata.
Che non saresti venuto l'avevamo capito. Ben altra cosa è però la cortesia. O la sensazione che fa l'assenza della sensazione di te.
Cercheremo di non pensarci troppo in queste giornate che ci piangono addosso.
Perché siamo grandi: dobbiamo accettare in modo totale quello che significa, inevitabilmente, essere nient'altro che noi stessi.

"un dio così umano da fare tenerezza, che non cerca il bene, che non combatte il male e finalmente si arrende alla bellezza della vita"

lunedì 27 gennaio 2014

mogwai | southbank centre london | 25/01/2014

Le tue parole hanno mangiato tutte le molecole d'ossigeno dell'abitacolo. Adagiandosi poi - sazie e grasse - sulla mia valigia e nell'interno più nascosto delle mie tasche. Le ho sentite tirare giù, quando sono scesa ed ho attraversato la strada puntellata di divieti di sosta e rimozione forzata. Le ho sentite stridere nella battaglia contro la mente e contro i desideri solidificati in monetine da pochi centesimi annegate in fondo alle fontane.
Ho atteso - come solo si attendono gli aerei - che mi lasciassero andare. Chiudendo gli occhi.
Un sobbalzo un motore una preghiera un volo.
E poi la bellezza. L'eterna bellezza - di una risata, un messaggio, un'atmosfera, una città. Il lento scorrere perfetto di me e di te. Sopra questo battito - battito - che è passarsi la struttura di un pezzo e tenerlo su insieme ai nostri fiati sospesi. Che è il rumore flebile dei nostri cuori a metà prezzo. Sempre meno scintillanti eppure in qualche modo ancora capaci di mangiare le palline e scappare dai fantasmi affamati.
C'è qualcosa di estremamente sbagliato nello stare seduti. Nelle coppie che si lasciano nelle caffetterie dei teatri. Nei coinquilini e nei compagni interscambiabili come i pesci negli acquari.
Ma da quassù la somma dei nostri sguardi crea un punto di vista interessante. E non preoccuparti.
Perché anche se siamo dentro le linee di treni che non portano da nessuna parte, per questi giorni non abbiamo alcuna destinazione da trovare. Mi sembra.
Nessuna. A parte noi.

martedì 21 gennaio 2014

mogwai | rave tapes

Cercasi donatore di voce per favola nera con chitarra lacerante.
Narratore senza parole. Di mille miliardi di milioni di storie che nascono oltre gli strumenti ed i pulsanti. Oltremusica.
Racconti che è come nuotare in un acquario di asfalto liquido. Tra pesci che sono note agonizzanti. E rane appannate in una città sotto assedio sintetico.
L'abbiamo aspettato questo disco che fa male al cuore e poi lo disinfetta. Spezza le ossa di ricordi e poi ci sei pure tu a tornare e mi cullo di un pensiero inesistente che tiene caldo per un po'.
Il dolore - a volte ci sfugge - ma non può essere la destinazione finale. Non siamo qui solo per sopravvivere agli effetti collaterali delle medicine contro i rimpianti - che tanto non funzionano mai. Non siamo qui per punirci con la nostra fuga. Ma per ritrovarci nella musica che è come densità. O consapevolezza maggiore di quell'attimo di vita - qualunque esso sia, tanto è il concetto di base quello che importa.
Siamo qui perché ci sono loro, grazie al cielo.
Ancora loro, e ancora.
Noi.

mercoledì 8 gennaio 2014

...a toys orchestra | technicolor dreams flashback tour | tambourine seregno | 04.01.14

I tuoi occhi neri e diamo inizio alla stagione.
Le strade che ho dovuto imparare nel mio pendolarismo imperfetto.
E le tazze di medicinali per arrivare a te da un punto completamente distante. Ora che abito qui. E lo dicono pure le carte ufficiali ed i giornali che arrivano a distanza regolare e costante.
Ci sono in giro troppe solitudini che non riescono neppure a guardarsi negli occhi. Bicchieri lasciati sopra i frigoriferi e vuoti in fondo allo stomaco da riempire con le parole che non riusciamo neanche più a dirci. Che se avessimo attorno delle persone un poco più attente avrebbero già capito tutto. Che se non avessimo attorno queste persone, chissà.
Devo prendere il calore dall'esterno perché qui è così buio che non riesco a ricordare il colore dei miei vestiti. Devo pensare meno alle conseguenze e studiare di più la fratellanza tra incomprensione e silenzio. Il patto di sangue stretto da insoddisfazione, utopia e alibi incessante.
Non ho la pretesa di ottenere qualcosa, no. Tanto te ne vai sempre.
Il mio è solo un piccolo contributo per generare disordine di pensiero.