martedì 23 novembre 2010

the decemberists - down by the water

In quello dove stai tu non lo so, ma qui nel mio mondo nessuno abbassa mai il prezzo, nessuno cambia idea a mio vantaggio e nessuno torna mai indietro.
Mi dicono che qui ci sono le anime salve, quelle meno fragili di molte altre. Sarà anche così ma noi intanto pensiamo che per farci compagnia hanno addomesticato apposta degli animali, mentre se vogliamo che qualcosa ci protegga, dobbiamo affidarci soltanto alle cinture di sicurezza.
Ci hanno tolto l'unicità del momento e il valore del tempo irripetibile. Ora tutto può accadere sempre e non puoi perderti mai nulla in questo universo virtuale. A parte il senso della scelta e della rinuncia.
Sono nata nel periodo sbagliato e voglio sentire che si fa fatica. Uso tecnologie sorpassate e compro ancora biglietti per treni lentissimi. E le persone voglio toccarle e viverle, non semplicemente leggerle o immaginare che siano state dietro ad uno schermo. Sarà il motivo per cui mi piacciono questi suoni che sanno di storie antiche, in un modo che non te lo so spiegare ma li ascolto e - per un attimo - sto bene così.
Oggi ho pensato che potevo sopravvivere all'inverno se fossi riuscita a sorridere. E poi ho pensato l'esatto contrario ma alla fine sono uscita lo stesso. E ho scoperto questa canzone e che è più di un anno che non ballo davvero. E ho scoperto come non farti invecchiare e che non ha senso conservare tutti questi cocci per riempire la mia tazza perché poi c'è anche chi può versarci dentro del té caldo e ridere forte pranzando a biscotti.
Non so perché ma ai decemberists sono legati i ricordi migliori nell'abitacolo di varie macchine e di vari viaggi, con tutto quello che ci sta intorno. Sarà che sono il sottofondo giusto o semplicemente il risultato delle mie raccolte di canzoni disseminate ovunque e per ogni occasione. Testimonianze della mia vita in musica lasciate a dei posteri che probabilmente non avranno neanche più i mezzi per ascoltarle.
In questo momento ha però un che di confortante sapere che ci sono delle canzoni che ci finiranno sempre dentro a prescindere. Destinate senza appello a diventare la colonna sonora del nostro prossimo viaggio.

venerdì 12 novembre 2010

trilogia della villeggiatura - regia di toni servillo - teatro sociale di como 11.11.10

Per questa sera regaliamoci il Teatro con la lettera grande. Costumi sfarzosi e scenografie che non devono piegarsi alla logica dell'economia e dell'assegnazione di un nuovo, insolito uso agli oggetti più strampalati. Ci riempiamo le orecchie di dialoghi spediti e saltellanti che quasi balliamo sulle poltroncine in posizione privilegiata, da dove illuminamo il palco coi nostri occhi luccicanti e i denti splendenti nell'esposizione forzata di sorrisi involontari.
Sono tre ore di incalzante bellezza e serenità: merce rara di questi tempi, da conservare gelosamente. Lavoro di prevenzione, coi puntelli che vanno messi prima e per bene, altrimenti i soffitti crollano e accade l'irrimediabile. Poi possiamo anche discutere su chi ha perso ed è il colpevole. Ma intanto siamo diventati tutti più poveri e nessuno ci dà mai indietro niente.
La lezione è che non importa rovinarsi: basta esserci ed apparire sotto il sole. Tutti i personaggi delle maschere perfette, così che tu conosci già il suono che uscirà dalle loro bocche e le mosse che faranno i loro corpi. Ma, nonostante questo, li stai ad ascoltare con attenzione fino alla fine. Li guardi aprire i vari cassettini ed estrarre a comando ragione e pensieri lieti. Fino a quando non capisci che dietro tutte le impeccabili facciate che puoi costruirti, poi è sempre l'infelicità quella che conta.
"Chi ha della stima per una persona, non può nutrire tali sentimenti. E dove non vi è stima, non vi può essere amore. E se non mi amate, lasciatemi. E se non sapete amare, imparate."

mercoledì 10 novembre 2010

le luci della centrale elettrica - per ora noi la chiameremo felicità

Vorrei sapere chi ha fatto piangere novembre. E poi non lo consola neanche. Lacrime sottili ma violente che scorrono ininterrotte fino ai piedi. Così che ora abbiamo un bel tappetino umido da mettere fuori dalla porta per dare il giusto benvenuto a questo disco.
Grigio su grigio per creare il fumo denso in cui rimangono intrappolate le nostre illusioni. Lì dove poi si disfano al primo acquazzone, che qui ci basta il maltempo per abbassare il livello d'allerta delle polvere sottili.
Mi sa che non sono altro che questo i nostri sogni: particelle nocive che non erano comprese nel pacchetto "creazione del mondo". Per questo ci tengono ai margini e stanno con noi solo fino a quando produciamo calore.
Pensavo se non poteva essere perfino normale tutto questo. Calcare il nero sotto gli occhi così da inventarsi una scusa concreta per non piangere. Vestirsi leggeri e camminare veloci sotto la pioggia solo per sentire che il freddo viene da fuori, quando ci si ferma - e non da dentro. Ostinarsi nella convizione che la gente sia meglio, quando non è neanche capace di farcelo credere. E guardare con ammirata invidia tutta questa rabbia.
Un atteggiamento di risentimento costante e continuo che poi ti incazzi e ci tiri fuori un disco come questo, ok. Ma intanto ti sei creato la tua corazza per proteggerti dallo sciame di proiettili.
Io invece lo so che tra poco ritorno indifesa, perché questo è il mio difetto di fabbricazione.
Torno a perdere acqua dagli occhi su queste canzoni che finiscono in modo strano, quasi non ci avessero detto tutto quello che dovevano. Un po' come la mia collera, che se ne va ai primi raggi e resto solo io, con la mia delusione e i progetti impossibili di arricchirmi senza fregare nessuno. Come la tua fretta di salutarmi, così che le conversazioni si chiudono senza aver capito bene di cosa stavamo parlando. O cosa stavamo tralasciando di dirci.
Niente da dimostrare e nulla da fingere. vasco brondi che fa ancora le luci della centrale elettrica, senza nessuno da convincere e nessuno da conquistare. Che tanto poi ci fregano sempre. Ma almeno abbiamo detto le nostre cose e lo abbiamo fatto nel modo distintivo che abbiamo per dirle.
Vorrei che fosse sempre così facile riconoscere le persone. Amarle od odiarle e ricevere in cambio lo stesso. Senza raggiri e doppi giochi, solo sincerità per quello che si è.
Non è vero che siamo diventati forti. Le nostre guance continuano a sciogliersi sotto le lacrime. Non c'è ruggine perché non c'è ferro e i solchi lasciati saranno le nostre rughe di domani.
Stare con te è tra le poche cose belle. Allora passami la giacca che scappiamo da questo cinema e ce ne freghiamo se gli altri si arrabbiano. In fondo è quello che vogliamo: gli insulti ma diretti, invece del solito cordiale disprezzo.
Lo sappiamo bene che questa per ora non la possiamo chiamare felicità, ma ce la facciamo almeno ed evitarci il peggio?

tra le lettere d’amore scritte a computer
che poi ci metteremo a tremare come la California, amore
nelle nostre camere separate, a inchiodare le stelle
a dichiarare guerre, a scrivere sui muri
che mi pensi raramente