venerdì 28 novembre 2014

l'esperimento | arci xanadù como | 25.11.2014

Sono i 15 minuti che valgono tutto.
E i tre giorni. Tanto è durata la tua perfezione.
Girarmi e vedere che ci sei - che mi stai guardando.
Andarmene e trovare te - che mi dici delle cose talmente volgari che le prendo come un complimento.
La mia vita ha meno valore se tu non ti fai sentire? Uhm.. credo proprio di no.
Credo piuttosto che la mia vita sia anche questo. La prima fila, il grande schermo e la gente tutta attorno. La mia voglia di piangere ed il fatto che, per favore, tenetemi giù dal palco ma alla fine nell'ultimo anno mi sono presa più applausi di quanti probabilmente ne riceverai tu in tutta la tua vita. Non importa chi dei due voglia o no essere un eroe.
Io non so che fare. Vi abbraccerei tutti. Vi guarderei all'infinito. Vi bombarderei di parole per dirvi come mi fate sentire. Ma poi mi domando se forse non sia meglio il silenzio. Per evitare spaventi e fughe. Per combattere la vostra assenza di parole con la stessa arma.
Come una pistola puntata contro l'impossibilità di conoscersi davvero. Contro la rassegnazione a quello che è oggi.
Perché tutto quello che sta succedendo attorno, in fondo, lo abbiamo voluto soltanto noi.
Ed è questo.

sabato 22 novembre 2014

thegiornalisti | arci ohibò milano | 20.11.2014

La stessa incredulità che dà sempre la bellezza quando ti assale di sorpresa. Non importa quanto sia semplice. O leggera. O autocelebrativa. Quanto sia meglio essere a un tot di chilometri da te e pure quanto sia vero che tu proprio non potevi esserci.
Devo pensare ad altro. Devo capire che cosa mi ha fatto stendere sul pavimento quella sera. E perché ho faticato tanto per essere qui, ora, senza sapere più come andare oltre. Senza sapere come chiedere di farlo.
Si possono giustificare anni di silenzio? Si possono ridare indietro in qualche modo le parole non dette? Si riesce davvero ad uscire da un ruolo senza che tutta la scenografia crolli sulla scena?
Se nel sonno si completa la nostra solitudine, non è stando sveglia tutta la notte che riuscirò a trovare un posto vicino a voi. Non penso proprio funzioni così. Quindi lasciami riposare contro. Contro quello che devo sistemare e contro il tuo corpo.
Mi sembra il modo migliore.
Come chiudere il concerto con la stessa canzone che l'ha aperto.
Come fare le stesse cose in quel modo diverso che le rende nuove.
Guardarti negli occhi chiusi.
E così forse ce la si fa.

le quattro di notte. il sonno che sbatte. 
contro un muro di ansie che bruciano il corpo e le ali.
la muscolatura che si fa più dura. 
contro questa notte che si fa più dura e mi fotte.
ma dormiremo mai?

domenica 9 novembre 2014

chvrches | the bones of what you believe

Ho questa tendenza devastante a considerare le persone meglio di quello che sono. Reinterpretare a loro favore le cose che mi fanno, in attesa di aprire gli occhi e vedere tutto in uno stesso momento. Restandone schiacciata.
Facciamo che la smetti di chiedermi scusa, ok? Perché le tue azioni hanno una conseguenza e nel momento in cui decidi di farle te ne prendi anche la responsabilità. Continuare a presupporre che io ti debba perdonare qualcosa è come ammettere che hai scelto di farmi del male, costantemente e deliberatamente. E allora non è vero tutto il resto che mi dici. Non ti sembra?
Restare da te è una trappola, lo sapevo e non dovevo farlo. Però io mica vengo a dirti niente: alzo il volume e lascio scorrere la domenica. Mentre tu tieniti pure i paragoni con le canzoni che non hanno nulla a che fare con me. Lasciale sulla bacheca di qualcun altro che qui grazie al cielo esiste la musica pop.
Perché non mi racconti delle tue vacanze al mare, piuttosto? Sarebbe interessante, per esempio. Oppure di tutto quello che hai da fare: questo sarebbe carino condividerlo. Un po' come i miei spettacoli, i miei film e tutti questi dischi in attesa di me.
Potrei fermarmi e sarebbe lo stesso.
C'è qualcosa meglio di noi. Credo.

I'll give you one more chance
to say we can change our old ways
and you take what you need
and you know you don't need me.

martedì 4 novembre 2014

lucius | circolo magnolia milano | 02.11.2014

È come se il cielo grigio appiattisse le speranze. Come se il tuo chiedere senza formulare domande fosse già la base per la tua prossima partenza. Quasi che a dirmi di non parlarti di questo concerto, tu potessi davvero renderlo meno reale. Togliermi da queste luci invece di provare ad esserci un poco con me. Per quello che ci riesce.
Proteggimi. Per favore: fallo tu. Perché io a volte fallisco in pieno. Perché mi sento come un corpo attorno a un cerchio di metallo senza valore. Appesa per un dito a quello che di te mi ha resa possibile. Alle storie che si sono interrotte troppo presto ed a quelle che mi sbattono fuori dalla trama prima che possa caderci dentro davvero.
È che lo stai facendo ancora. Lo so che lo stai facendo.
Ti vedo da lontano impegnarti.
E io so di essere più alta, ma ci sono troppe cose fuori dalla mia portata.
Tipo quelle che sappiamo già, ma non ce ne rendiamo conto.
Oppure quelle che lo sappiamo di non saperle. Ma poi non le chiediamo neanche.
La tua scelta è già stata presa. Credimi.
Basta ascoltarti.
Fin da questo momento.